Raccogliere 500mila firme entro il 30 settembre per presentare 8 quesiti su energia, legge elettorale, lavoro e scuola: è questo l’obiettivo della campagna referendaria di “Possibile”, la “creatura” di Pippo Civati. Una sfida in salita, considerando le tempistiche e lo scarso rilievo mediatico che ha avuto l’iniziativa, ma ancora aperta: è infatti possibile firmare sia online (se si può ottenere un’autentica della firma), sia nei banchetti organizzati, sia negli uffici comunali.
I quesiti dei referendum di Possibile
Il primo quesito riguarda un aspetto specifico della legge elettorale approvata in questa legislatura, il cosiddetto Italicum (che, per effetto della clausola di salvaguardia, entrerà in vigore a luglio del 2016 ed è applicabile alla sola Camera dei deputati). Si propone infatti l’eliminazione dei capilista bloccati e delle candidature plurime. Come spiegato sul sito ufficiale, infatti, “la nuova legge elettorale prevede dei grossi collegi plurinominali, nei quali ogni partito presenterà una propria lista composta da un capolista bloccato e da altri candidati, che invece saranno eletti tramite le preferenze. Come risultato, dato il premio di maggioranza, i partiti perdenti eleggeranno (quasi) solo capilista […] Allo stesso tempo, ai capilista è data la possibilità di candidarsi in più collegi, fino a 10: nelle mani dei partiti sarà perciò la scelta dei primi “non eletti”. Il quesito proposto elimina i capilista bloccati (tutti saranno eletti con le preferenze) e la possibilità per questi di candidarsi in dieci collegi (potranno candidarsi solo in un collegio)".
Il secondo quesito è invece più radicale e prevede “l’eliminazione completa dell’Italicum, prima della sua entrata in vigore, prevista il 1° luglio 2016, resistendo perciò alla giurisprudenza costituzionale in materia”. Va detto che sull’ammissibilità di tale quesito si è già discusso a lungo, considerando che la Corte Costituzionale si è già espressa in passato, precisando:
Con riguardo alle leggi elettorali, rientranti nella categoria delle leggi costituzionalmente necessarie, la Corte ha ritenuto di dover condizionare l’ammissibilità del referendum che le riguarda alla possibilità che sia individuabile una normativa residuale idonea ad evitare il vuoto normativo e a consentire in ogni momento il rinnovo dell’organo elettivo, senza correre il rischio di paralizzare il rinnovo della rappresentanza.
Quelli di Possibile, in ogni caso, sottolineano come “resista” in ogni caso il Consultellum e dunque sia preservata la possibilità di un ritorno alle urne.
Il terzo quesito referendario è per fermare le trivellazioni in mare. La richiesta è di abrogare parte dell’articolo 35 del Decreto Sviluppo del Governo Monti per quel che concerne la deroga al divieto generale di trivellazioni entro le 12 miglia dal perimetro delle aree protette marine e terrestri.
Alle attività di trivellazione è dedicato anche il quarto quesito, con il quale si chiede di abolire le parti dello Sblocca Italia (Governo Renzi) che qualificavano le trivellazioni come “opere strategiche indifferibili e urgenti”, sottraendole alle “procedure autorizzative ordinarie, cancellando tra l’altro per tali tipologie di interventi importanti elementi di garanzia e di controllo quali il vincolo preordinato all’esproprio e depotenziando la partecipazione delle Regioni (e degli enti locali per quanto riguarda l’intesa in conferenza unificata) ai relativi procedimenti amministrativi”.
Il quinto quesito punta alla “riconversione ecologica dell’economia”, con la soppressione della “legge obiettivo” e di tutti gli articoli del codice Appalti volti alla sua attuazione, nonché la cancellazione delle procedure speciali per le grandi opere ideate dal Governo Berlusconi nel 2001. In particolare si punta ad eliminare le “semplificazioni che hanno eliminato la possibilità per i Comuni di decidere sul loro territorio, indebolito la Valutazione Ambientale e la vigilanza pubblica, potenziato i poteri delle imprese, cancellato la qualità del progetto ed evitato una selezione rigorosa delle opere”.
Il sesto quesito riguarda una parte del cosiddetto Jobs Act ed è diretto a eliminare il demansionamento, ovvero la possibilità di “assegnare al lavoratore mansioni inferiori rispetto a quelle precedentemente svolte, senza consultarsi con lui”; al momento è infatti “sufficiente che siano in corso processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale”.
Il settimo quesito punta a modificare la struttura del nuovo contratto a tutele crescenti introdotta dal Jobs Act, al fine di ripristinare “quanto meno le misure della cd. riforma Fornero, e oggi applicabili solo ai contratti stipulati prima del Jobs Act:ove il fatto sia del tutto insussistente, il licenziamento disciplinare potrà prevedere il reintegro, oltre all’indennità; il licenziamento economico (cioè per ragioni inerenti all’attività produttiva) comporterà il pagamento di un’indennità, a meno che il motivo del licenziamento non sia manifestamente infondato, nel qual caso il giudice potrà ordinare la reintegrazione”.
L’ultimo quesito è dedicato alla recente riforma della scuola. La proposta è quella di cancellare la norma che attribuisce al Preside la facoltà di chiamata diretta degli insegnanti, smontando la cosiddetta figura del “super preside”.