Giustizia, via libera della Camera alla riforma del Csm: cosa c’è nel testo che passa ora in Senato
Via libera della Camera alla riforma del Consiglio superiore della magistratura e dell'ordinamento giudiziario. Il testo verrà ora trasmesso al Sento. "Grazie a tutti per il dibattito che ha accompagnato l'iter di questa riforma. Siamo a un passaggio importante. Ho ascoltato attentamente tutte le affermazioni fatte. Abbiamo proposto la riforma migliore possibile ben consapevoli che tutto è perfettibile", ha commentato la Guardasigilli, Marta Cartabia.
L'Aula di Montecitorio ha approvato con 328 voti favorevoli, 41 contrari e 25 astenuti: tra questi ultimi anche quelli dei deputati di Italia Viva. "Non voteremo la riforma della giustizia perché non è una riforma. L'azione di Bonafede era dannosa, quella della Cartabia inutile. Meglio così, ma ancora non ci siamo", aveva detto qualche settimana fa Matteo Renzi.
Ma cosa cambia con la riforma? Uno dei punti chiave è quello dello stop alle cosiddette porte girevoli per i magistrati che entrano in politica. "L’aspettativa è obbligatoria per l’intero periodo di svolgimento del mandato o dell’incarico di governo sia nazionale che regionale o locale e comporta il collocamento fuori ruolo del magistrato", afferma l'articolo 17 della riforma. Nuove regole anche per i magistrati che si candidano in politica, ma che poi non vengono eletti: questi non potranno rientrare a lavoro nella circoscrizione in cui si erano candidati.
Viene poi introdotto un fascicolo per la valutazione di ogni magistrato, che dovrà essere aggiornato di anno in anno con tutti i dati sull'attività del magistrato per poterla valutare. Novità anche per quanto riguarda la separazione delle funzioni, cioè la differenza tra magistratura giudicante e requirente. Ora il passaggio potrà essere effettuato una unica volta ed esclusivamente nei primi dieci anni di carriera, per quanto riguarda il penale. Questo aspetto della riforma, in particolare, è stato criticato dal sindacato delle toghe, l'Associazione nazionale magistrati (Anm) secondo cui così "si allontana il pm dalla cultura della giurisdizione".