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Giustizia, il Consiglio dei ministri ha approvato la riforma del Csm

Il governo ha dato il via libera all’unanimità in Consiglio dei ministri alla riforma del Csm: cosa prevede il testo sulle porte girevoli tra politica e magistratura.
A cura di Annalisa Girardi
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È slittato di diverse ore rispetto alle previsioni iniziali il Consiglio dei ministri che vedeva sul tavolo la riforma del Csm proposta dalla Guardasigilli, Marta Cartabia. A frenare sono stati i ministri di Forza Italia, che hanno chiesto di rinviare il tutto per trovare un'intesa anche con le forze politiche. Alla fine, dopo un vertice tra la ministra della Giustizia, Mario Draghi e i capidelegazione, un'intesa è stata raggiunta sul tanto discusso tema delle porte girevoli per i magistrati in politica.

Fonti di Forza Italia hanno affermato di aver "chiesto e ottenuto" il via libera alla separazione delle funzioni, "battaglia storica del partito", anche se il testo "andrà ulteriormente migliorato in Parlamento, senza opposizione del governo". Ai ministri di FI sarebbe stato infatti assicurato che il governo non porrà la fiducia al provvedimento quando questo arriverà alle Camere. Sempre fonti azzurre hanno precisato: "Abbiamo ottenuto il no alle porte girevoli esteso anche a ministri, sottosegretari e assessori, una stretta sui fuori ruolo e il voto degli avvocati sugli avanzamenti di carriera dei magistrati. Questi risultati si aggiungono al via libera alla separazione delle funzioni". Prima del Cdm i ministri di FI si sono riuniti con Antonio Tajani, coordinatore del Partito, e hanno telefonato a Silvio Berlusconi per fare il punto della situazione.

Non ha partecipato alla riunione il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli: Palazzo Chigi ha comunicato che è stato lui stesso a chiedere di non presenziare. Ad ogni modo le norme in discussione non si applicherebbero agli incarichi in corso, quindi a Garofoli quanto agli altri magistrati che hanno un ruolo in questo governo.

La bozza della riforma arrivata sul tavolo del Cdm affermava che i magistrati che avessero coperto cariche elettive in politica, come quella del parlamentare, non potessero più tornare a svolgere l'incarico precedente. Mentre per quelli che avessero svolto ruoli non elettivi nei ministeri o comunque cariche di governo (ad esempio il capo di gabinetto o il capo dipartimento), il divieto svolgere funzioni giurisdizionali rimanesse in vigore per tre anni. Nel corso del Cdm Andrea Orlando, Giancarlo Giorgetti e Roberto Speranza, capidelegazione di Pd, Lega e Leu, avrebbero proprio chiesto di distinguere i magistrati eletti da quelli tecnici, non eletti appunto, impedendo ai primi di tornare a svolgere la funzione giurisdizionale.

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