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Giuliano Amato, 31mila euro di pensione e non sentirli

“Un’indennità di inserimento. Due anni di vitalizio anticipato per un ex parlamentare che cerca lavoro”. È questa la proposta dell’ex Presidente del Consiglio Giuliano Amato che fa discutere. Che sulle maxi pensioni dice: “Giusto un tetto, ma non bisogna esagerare”. Ha davvero torto su tutto?
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Giuliano-Amato

"Un trentenne eletto in Parlamento, dopo due mandati, cioè a quarant'anni, che cosa dovrebbe fare mentre aspetta di compiere i sessantacinque? L'esodato di Stato? Che cos'è, un nemico da punire solo perché ha fatto politica?". È questo il passaggio più controverso della lunga intervista di Giuliano Amato a "Sette", l'inserto di approfondimento del Corriere della Sera in edicola oggi. Un ragionamento che parte dalla polemica anti-casta e dalla (vecchia) discussione sulla sua pensione "da privilegiato": 22mila euro lordi ("comunque tanto, per questo faccio molte cose gratis") ai quali vanno aggiunti i 9mila del vitalizio da parlamentare (che da anni devolve in beneficenza). Amato in tal senso non ha remore nell'affrontare a viso aperto la questione, cercando di operare un distinguo fra "il doveroso tetto" e criteri minimi di buonsenso ed equità nella retribuzione del "lavoro di qualità":

"Se tu hai fatto le elementari e tuo figlio ha un dottorato o un Phd, ti aspetti che guadagni più di te, o no? Vogliamo che venga riconosciuta e retribuita la qualità del lavoro o no? Dobbiamo abbandonare la tracotanza statale della Cina rivoluzionaria che imponeva stipendi da miseria agli studenti ultraspecializzati. E' giusto mettere un tetto, ma non si deve esagerare".

Ma è davvero un problema solo di cifre? In parte lo è, in effetti. E la polemica anticasta in un certo senso è sacrosanta, come ammette lo stesso Amato (che ha curato per il Governo il lavoro sui tagli ai costi della politica, con la ridefinizione del finanziamento pubblico ai partiti e non solo). Il punto è la rottura del patto fiduciario fra elettori e rappresentanti. O meglio la sua rottura evidente, conclamata, fragorosa e "mediaticamente lampante" (dal momento che le disfunzioni, gli sprechi, i comportamenti illeciti, la corruzione non sono certo una peculiarità di questi anni). Il raggiungimento del livello massimo di sopportazione, con tanto di terremoto superficiale che sembrava poter spazzare via le brutture e le disfunzioni del sistema. Appunto, sembrava. Perché tra resistenze e concessioni, la confusione è talmente grande che non si riesce né più a delimitare i "campi di intervento" dell'azione riformatrice (di chi poi? Della stessa politica che ha generato questa situazione? Di un governo non legittimato dal voto degli elettori? Dei cittadini stessi?) né ad individuarne le coordinate "ideologiche".

In sostanza, fermo restando la necessità di intervenire a gamba tesa su quell'intricato groviglio di sprechi, privilegi inaccettabili, abusi e corruttele, quello che resta da capire è il "modello" di politica (e di democrazia ) che abbiamo in mente. Capire ad esempio se il problema è rappresentato dagli stipendi o dalla qualità del lavoro dei parlamentari. Dalla corruzione e dall'impunità di una intera classe politica o dalla modalità (e portata, certo) di finanziamento che, almeno sulla carta, servirebbe a garantire quella funzione "di raccordo" che è la stessa Costituzione ad assegnare a partiti e rappresentanti territoriali. Dalla incompetenza, dalla disonestà e dal malcostume dei nostri rappresentanti o dalla struttura stessa del nostro sistema democratico.

Insomma, per farla breve: è troppo immaginare strumenti e volumi di finanziamento che siano equi e giustificati e allo stesso tempo una classe dirigente competente e preparata che sappia assolvere al suo compito con misura e decoro? Per essere chiari: spazzate via ogni spreco, ogni privilegio intollerabile e rendete la politica e le istituzioni delle case di vetro; uniformate a criteri di decenza e sostenibilità complessiva stipendi, retribuzioni e tutele; rovesciate le scrivanie (cit.) e mandate a casa cooptati e raccomandati. Ma non minate i pilastri della nostra democrazia, non rendete la politica un affare privato, non svendete anni di conquiste per dare una lezione a lorsignori. Un discorso ampio, sul quale torneremo anche in relazione ad alcune modifiche (dalla riduzione del numero dei parlamentari alla soppressione dei cosiddetti enti inutili) troppo spesso accettate con superficiale e colpevole leggerezza. E se cercate dei "perché" la risposta, ancora una volta, si chiama Costituzione.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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