Girelli: “Spesso Made in Italy si basa su sfruttamento della manodopera, governo ripristini diritti”
Il caporalato non è confinato al Mezzogiorno. Sfruttamento e soprusi, ai danni per lo più di braccianti immigrati, sono una realtà che riguarda anche il Centro Nord. In Toscana nei campi che separano i casali presi d'assalto dai turisti ci sono donne costrette a lavorare anche per 12 ore di fila sotto il Sole. Vengono per lo più dai Paesi africani e si ritrovano poi a lavorare da mattina a sera nei vigneti o tra gli ulivi, spesso venendo pagate una miseria e per molte meno ore di quello che spetterebbe loro.
Lo denuncia una nuova inchiesta della Ong Weworld, realizzata insieme a Tempi Moderni e anticipata da Repubblica. Sono "condizioni di vero schiavismo", afferma il deputato del Partito democratico Gian Antonio Girelli, che ha annunciato di voler presentare un'interrogazione ai ministri di Interno, Lavoro e Agricoltura.
"Le testimonianze dei lavoratori lasciano davvero pochi dubbi e gettano ombre sinistre su parte del nostro “food Made in Italy”, confermando il fatto che questo “marchio”, venduto nel mondo come eccellenza italiana di cui essere orgoglioso, si basa, almeno in parte, su un cinico sfruttamento della manodopera", sottolinea il deputato nell'interrogazione, che Fanpage.it ha visionato.
Secondo Girelli si sta affermando "un vero e proprio nuovo, tragico, modello di agricoltura dove la legalità è solo apparente". I contratti firmati da lavoratori e lavoratrici sembrano regolari, ma prevedono molte meno ore di quelle che vengono effettivamente svolte, ed è così che alla fine del mese in tasca ai braccianti non arrivano più di qualche centinaio di euro.
"La Toscana – prosegue Girelli – è la seconda regione dopo la Puglia per lavoro appaltato a “società controterziste”, aziende agricole senza terra che impiegano manodopera sottoposta a sfruttamento". Il deputato quindi sottolinea come siano specialmente le donne a essere più spesso vittime del caporalato in questa Regione. Sempre secondo quanto denuncia l'inchiesta di Weworld spesso subirebbero anche abusi sessuali e violenze, oltre a percepire un salario ancora più basso di quello degli uomini.
Una situazione brutale, rimarca Girelli, chiedendo ai ministri se siano a conoscenza di tutto ciò e che cosa intendano fare "per impedire che questa situazione si prolunghi e che il nostro “Made in Italy alimentare” si basi sul brutale sfruttamento di persone che, tra l’altro, hanno già subito violenze, ripristinando i diritti violati nel nostro Paese nei confronti di persone fragili e costrette ad accettare qualunque lavoro per sopravvivere".