Caso Almasri

Giorgia Meloni indagata nel caso Almasri, insieme a lei anche Nordio e Piantedosi

Giorgia Meloni è indagata per favoreggiamento e peculato a seguito del caso Almasri: lo ha fatto sapere lei stessa in un video diffuso sui social. La comunicazione di iscrizione al registro degli indagati della Procura di Roma è arrivata anche al ministro della Giustizia Nordio e a quello dell’Interno Piantedosi. Polemica la risposta della premier: “Non sono ricattabile e non mi faccio intimidire”.
A cura di Luca Pons
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AGGIORNAMENTO:

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha detto di aver ricevuto un avviso di garanzia (in realtà una comunicazione di iscrizione al registro degli indagati) dalla Procura di Roma, per i reati di favoreggiamento e peculato, per la vicenda del rimpatrio del generale libico Almasri. In un video diffuso sui social, la premier ha fatto sapere che anche il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il sottosegretario Alfredo Mantovano sono indagati. Meloni ha detto di ritenere poco credibile l'accusa, affermando: "Non sono ricattabile e non mi faccio intimidire, avanti a testa alta".

La comunicazione è stata firmata dal procuratore Francesco Lo Voi, che Meloni ha definito "lo stesso del, diciamolo, fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona". La premier ha detto che l'indagine è partita a seguito di una denuncia presentata dall'avvocato Luigi Li Gotti, e che ha attaccato tra le righe definendolo "ex politico di sinistra" (anche se Li Gotti ha militato per oltre trent'anni nella destra di Msi e Alleanza nazionale prima di passare all'Italia dei valori), "molto vicino a Romano Prodi" di cui fu sottosegretario alla Giustizia dal 2006 al 2008, "conosciuto per aver difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi". Per completezza, si può aggiungere che Li Gotti ha difeso anche le famiglie delle vittime della strage di piazza Fontana e quelle dei componenti della scorta di Aldo Moro uccisi dalle Brigate rosse.

Perché Meloni è accusata nel caso Almasri: la sua versione dei fatti

La premier ha ricapitolato la vicenda Almasri: "La Corte Penale Internazionale, dopo mesi di riflessione, emette un mandato di arresto internazionale nei confronti del capo della Polizia giudiziaria di Tripoli". E non ha evitato un tono polemico nei confronti dei giudici dell'Aja: "Curiosamente la corte lo fa proprio quando questa persona stava per entrare sul territorio italiano dopo che aveva serenamente soggiornato per circa 12 giorni in altri tre Stati europei".

Meloni ha continuato a recriminare: "La richiesta di arresto della procura della Corte penale internazionale non è stata trasmessa al ministero italiano della Giustizia, come invece è previsto dalla legge (cosa che la Corte ha smentito, dicendo che la comunicazione era avvenuta per via diplomatica come prevedono le norme in materia, ndr) e per questo la Corte d'appello di Roma decide di non procedere alla sua convalida".

Una volta liberato Almasri, il ministero della Giustizia e quello dell'Interno secondo le ricostruzioni di diversi giuristi avrebbero potuto muoversi in modo da garantire nuovamente il suo arresto. Invece non l'hanno fatto. Questa la versione della presidente del Consiglio: "A questo punto, con questo soggetto libero sul territorio italiano, piuttosto che lasciarlo libero noi decidiamo di espellerlo e rimpatriarlo immediatamente per ragioni di sicurezza, con un volo apposito come accade in altri casi analoghi".

Questo è l'evento da cui ha avuto il via l'indagine. Meloni ha concluso con un attacco polemico: "Penso che valga oggi quello che valeva ieri. Non sono ricattabile, non mi faccio intimidire. È possibile che per questo sia invisa a chi non vuole che l'Italia cambi e diventi migliore, ma anche e soprattutto per questo intendo andare avanti per la mia strada a difesa degli italiani, soprattutto quando è in gioco la sicurezza della nazione a testa alta e senza paura".

La precisazione dell'Anm: "È un atto dovuto"

L"Associazione nazionale magistrati segnala "al fine di fare chiarezza, il totale fraintendimento da parte di numerosi esponenti politici dell'attività svolta dalla procura di Roma, la quale non ha emesso, come è stato detto da più parti impropriamente, un avviso di garanzia nei confronti della presidente Meloni e dei ministri Nordio e Piantedosi ma una comunicazione di iscrizione che è in sé un atto dovuto perché previsto dall'art. 6 comma 1 della legge costituzionale n. 1/89. La disposizione impone al procuratore della Repubblica, ricevuta la denuncia nei confronti di un ministro, ed omessa ogni indagine, di trasmettere, entro il termine di quindici giorni, gli atti al Tribunale dei ministri, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati affinché questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati. Si tratta, dunque, di un atto dovuto".

La vicinanza di Tajani, Salvini e il governo

Immediata la reazione dei leader del centrodestra, che si sono schierati contro la Procura di Roma in difesa della premier. Antonio Tajani ha dichiarato sui social: "Sono dalla parte di Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi, di Nordio e di Mantovano. Difendo la separazione dei poteri e condanno scelte che suonano come una ripicca per la riforma della giustizia". Più tardi ha aggiunto che si tratta di "un attacco al governo che va respinto totalmente".

Anche più polemico Matteo Salvini: "Giorgia Meloni indagata per il rimpatrio del libico Almasri, avvisi di garanzia per il sottosegretario Alfredo Mantovano e i ministri Matteo Piantedosi e Carlo Nordio. Vergogna, vergogna, vergogna. Lo stesso procuratore che mi accusò a Palermo ora ci riprova a Roma con il governo di centrodestra. Riforma della giustizia, subito!".

Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha criticato "l'assurdo avviso di garanzia", dicendo che è "un ulteriore atto per cercare di avvelenare il clima politico, istituzionale e sociale". Il ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara ha espresso solidarietà agli indagati e ha detto che è "urgente ristabilire una netta separazione dei poteri. La difesa della sicurezza nazionale attiene alle scelte sovrane del governo della Repubblica". Il vice di Nordio, Francesco Paolo Sisto (FI) ha detto di aspettarsi "l'immediata richiesta di archiviazione" dal Tribunale dei ministri.

Le opposizioni si dividono: Pd chiede Meloni in Aula, Avs attacca, Calenda critica indagine

Dall'opposizione, il Partito democratico si è espresso con la sua segretaria Elly Schlein: "Le questioni giudiziarie non attengono al nostro lavoro, ma è sul piano politico che insistiamo dall’inizio chiedendo a Giorgia Meloni di non nascondersi dietro ai suoi ministri e venire lei domani in Aula per chiarire al Paese per quale motivo il governo ha scelto di riaccompagnare a casa un torturatore libico per il quale la Corte penale internazionale aveva spiccato un mandato di arresto.” Così la segretaria del Pd Elly Schlein.

Linea simile per Matteo Renzi, che ha definito il rimpatrio di Almasri "un errore clamoroso e marchiano sotto il profilo politico", aggiungendo: "Sul punto di vista giudiziario, invece, non mi esprimo". Per Renzi Meloni vuole "cavalcare questo avviso di garanzia – che è un atto dovuto – per alimentare il suo naturale vittimismo".

Giuseppe Conte invece ha attaccato: "La ricetta di Meloni e soci è sempre la stessa: complottismo e vittimismo". Meloni dovrebbe rispondere alle indagini "serenamente, se non ha nulla da nascondere: è successo anche a me sul Covid ma nessuno di voi mi ha sentito frignare contro i magistrati, fino all'archiviazione".

Il co-portavoce di Europa verde e deputato di Alleanza Verdi-Sinistra Angelo Bonelli ha tenuto una linea dura: "La premier Giorgia Meloni la smetta di fare la vittima, invocando ancora una volta nemici immaginari utili solo ad alimentare la propaganda: il governo ha violato la legge. E a lei che dice di non essere ricattabile rispondo che è ricattabile dai libici". E ha concluso: "La premier Meloni ha il dovere di spiegare agli italiani perché Almasri, stupratore di bambini, assassino e torturatore è stato rilasciato per voluta omissione del governo".

Anche Carlo Calenda ha detto che "su Almasri il governo italiano ha combinato un disastro, raccontando un mare di balle agli italiani", ma che indagare la presidente del Consiglio per questa ragione "è surreale e non accadrebbe in nessun altro Paese occidentale". In questo modo "riacutizza lo scontro tra poteri dello Stato".

"Non ci pronunciamo sulle contestazioni della Procura di Roma nell’avviso di Garanzia inviato alla premier Meloni, al sottosegretario Mantovano e i ministri Nordio e Piantedosi. Ma una cosa è certa: Meloni, Nordio, Mantovano e Piantedosi hanno mentito agli italiani dicendo che il libico Almasri, definito da loro stessi un soggetto pericoloso, è stato rilasciato per responsabilità della magistratura", ha dichiarato invece il segretario di +Europa, Riccardo Magi, aggiungendo che "la responsabilità è tutta politica e tutta del governo che, in base alla legge, ha l'obbligo di dare esecuzione alle richieste di arresto della Corte penale internazionale. Su questo Meloni ha mentito nei giorni scorsi e ha continuato a mentire anche oggi nel video, lasciando intendere che il Ministero della Giustizia non avesse ricevuto alcuna informazione sull’arresto avvenuto".

Salta l'informativa di Matteo Piantedosi e Carlo Nordio

Secondo fonti governative, l’informativa prevista per domani del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e del ministro della Giustizia Carlo Nordio sul caso Almasri è stata momentaneamente rinviata. I due ministri, insieme alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano, sono infatti coinvolti nell’indagine. I presidenti di Camera e Senato sarebbero già stati informati in via informale della situazione.

"Sarebbe gravissimo e inaudito se fosse confermata la notizia appresa dalle agenzie che domani i ministri Piantedosi e Nordio diserteranno il Parlamento. Ci saremmo semmai aspettati che venisse anche la Premier Meloni", hanno dichiarato i capigruppo delle opposizioni, aggiungendo, "La vicenda Almasri, indipendentemente dal suo risvolto giudiziario, è questione politica e richiede spiegazioni chiare e trasparenti. Non ci sono scuse per sottrarsi al confronto parlamentare, che rappresenta il luogo istituzionale dove affrontare temi di questa portata. Tentare di eludere le proprie responsabilità è un comportamento intollerabile e irrispettoso nei confronti delle istituzioni democratiche e dei cittadini che attendono risposte".

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