Gimbe: “Rivediamo sistema delle Regioni a colori. Alternanza di divieti e aperture non funziona”
Tornano ad aumentare i casi di coronavirus nel nostro Paese. E con numeri ancora altissimi di contagi e l'impatto dei vaccini ancora lontano, una terza ondata sembra sempre più inevitabile. Il monitoraggio della fondazione Gimbe, un think tank di ricerca in ambito sanitario, sottolinea che a cavallo tra il 202o e il 2021, nella settimana tra il 29 dicembre e il 5 gennaio, si è registrato un incremento del 27% dei nuovi casi dopo un mese e mezzo di tendenza in discesa. Allo stesso tempo, sono anche meno i tamponi effettuati. La pressione negli ospedali rimane pressoché stabile, con diverse Regioni oltre la soglia critica per quanto riguarda l'occupazione di posti letto da parte di pazienti Covid, ma tornano a risalire i decessi. La terza ondata, in altre parole, si riesce già a intravedere: i numeri sono troppo elevati per riprendere il tracciamento, l'impatto positivo dei vaccini sulla curva è ancora troppo lontano e nel frattempo preoccupano anche le nuove varianti. In un contesto di questo tipo, avvertono gli esperti, forse il sistema delle tre zone è da rivedere.
Cosa ci dicono i dati del monitoraggio di Gimbe
Come detto, tra il 29 dicembre e il 5 gennaio, rispetto alla settimana precedente, si è assistito a un nuovo aumento di contagi nel nostro Paese con un conseguente incremento anche nel rapporto tra positivi e casi testati. Tornano anche ad aumentare i decessi. Ecco i dati dell'ultimo monitoraggio Gimbe:
- Decessi: 3.300 (+3,6%)
- Terapia intensiva: +20 (+0,8%)
- Ricoverati con sintomi: -267 (-1,1%)
- Nuovi casi: 114.132 (+26,7%)
- Casi attualmente positivi: +433 (+0,1%)
"A cavallo del nuovo anno i dati documentano l'inversione della curva dei nuovi casi, in calo da 6 settimane consecutive, e l’incremento percentuale dei casi totali (5,5% vs 4,6%). Numeri sottostimati dalla decisa frenata dell’attività di testing nelle ultime due settimane accompagnata dal netto aumento del rapporto positivi/casi testati che schizza al 30,4%", commenta il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta.
Si fanno sempre meno tamponi e aumentano i casi
Dal 23 dicembre al 5 gennaio si può notare come siano diminuiti rispetto alle due settimane precedenti, il numero di tamponi totali effettuati e di casi testati. La media giornaliera registrata è simile a quella di fine agosto, quando la curva era sotto controllo.
L'aumento dei nuovi casi è un fenomeno che interessa pressoché tutte le Regioni. Per quanto riguarda la pressione sugli ospedali, le curve di ricoveri e terapie intensive mostrano i primi cenni di risalita e l'occupazione da parte di pazienti Covid continua a superare la soglia critica del 40% in 10 Regioni, mentre per le terapie intensive si supera quella del 30% in ben 11 Regioni.
La terza ondata
Non è semplice fare delle previsioni su quello che ci attende. Anche perché alla curva dei contagi vanno poi contrapposti gli effetti delle restrizioni e delle misure di contenimento. Che possono anche essere differenti nelle varie Regioni. Tuttavia, calcolando che l'impatto dei provvedimenti anti-contagio normalmente si riflettono sulla curva dopo circa tre settimana dalla loro introduzione, la fondazione Gimbe ha raggiunto tre conclusioni. In primis il fatto che si siano definitivamente esauriti gli effetti delle misure introdotte con il Dpcm dello scorso 3 novembre. Inoltre, la curva sta cominciando a riflettere i progressivi allentamenti che hanno portato tutta Italia a rientrare nella zona gialla tranne Campania (per ordinanza regionale) e Abruzzo. Infine gli esperti rimarcano che l'impatto delle misure introdotte con il decreto Natale saranno evidenti solo da metà gennaio.
"Le nostre analisi documentano che, a circa 5 settimane dal picco, il sistema delle Regioni “a colori” ha prodotto effetti moderati e in parte sovrastimati: i casi attualmente positivi per la netta riduzione di casi testati nel mese di dicembre, i ricoveri e le terapie intensive per gli oltre 20 mila decessi nelle 5 settimane di osservazione", spiega Cartabellotta.
I vaccini
Nel frattempo, con l'approvazione del vaccino Moderna l'Italia potrà contare su 22,8 milioni di dosi entro giugno. L'Europa ci assicura anche altre 13.460.000 dosi del vaccino Pfizer-BioNTech e ulteriorri 10.768.000 di Moderna, anche se per queste i tempi di consegna non sono ancora stati definiti e realisticamente non saranno tempi brevi. "Al di là dell'efficienza logistico-organizzativa del nostro Paese senza il via libera dell’EMA ad altri vaccini (AstraZeneca in primis) o l’anticipo (improbabile) di consegne, potremo vaccinare circa il 5% della popolazione entro marzo e meno del 20% entro giugno. In altre parole, siamo ancora lontani dal tradurre questa straordinaria conquista della scienza in un concreto risultato di salute pubblica", aggiunge Cartabellotta.
Inoltre, secondo Renata Gili, responsabile di Ricerca sui servizi sanitari alla fondazione Gimbe, i due vaccini autorizzati "riducono del 95% circa il rischio relativo di COVID-19 sintomatica, ma non ne è nota l’efficacia nel ridurre l’infezione asintomatica da SARS-COV 2 e la possibilità di trasmettere l’infezione da parte delle persone vaccinate. Queste, di conseguenza, dovranno continuare ad adottare le misure individuali (mascherina, distanziamento, igiene delle mani) e non potranno acquisire alcuna patente di immunità".
"Basta con l'estenuante alternanza di restrizioni e allentamenti"
Secondo il presidente, considerando che i primi mesi dell'anno saranno cruciali per contenere la terza ondata, bisogna puntare su tre elementi: "Innanzitutto, le curve iniziano a risalire con un numero di casi attualmente positivi troppo elevato per riprendere il tracciamento, con ospedali e terapie intensive ai limiti della saturazione in metà delle Regioni e con i dati preoccupanti sulle nuove varianti del virus. In secondo luogo, urge un consistente restyling del sistema delle Regioni “a colori”, perché a fronte di risultati modesti in termini di flessione delle curve i costi economici e sociali sono sproporzionati. Infine, la comunicazione istituzionale deve diffondere la massima fiducia nel vaccino, ma al tempo stesso non alimentare aspettative irrealistiche che rischiano di far abbassare la guardia alla popolazione".
Sulla base di questi elementi e delle evidenze scientifiche a disposizione la fondazione sta quindi elaborando una proposta per la gestione della pandemia, che tiene conto delle incognite che permangono sul piano vaccinale. "A quasi un anno dallo scoppio dell'epidemia nel nostro Paese non è più accettabile la (non) strategia basata sull’affannoso inseguimento del virus con l’estenuante alternanza di restrizioni e allentamenti che, di fatto, mantiene i servizi sanitari in costante sovraccarico, danneggia l’economia del nostro Paese, produce danni alla salute delle persone e aumenta inesorabilmente il numero dei morti", conclude Cartabellotta.