Gimbe: “Lo stato di emergenza non va prolungato: ma ciò non significa che sia tutto finito”
L'Italia non dovrebbe prolungare lo stato di emergenza a causa dell'epidemia di coronavirus. Lo afferma la fondazione Gimbe, dopo aver condotto la propria analisi sugli aspetti giuridici, sanitari e sociali che comporterebbe una proroga. Secondo il think tank, che si occupa di ricerca in ambito sanitario, è importante che il Parlamento si riappropri del suo ruolo legislativo. Nel tornare alla normalità, sottolinea Gimbe, bisogna però potenziare la comunicazione pubblica: decidere di non prolungare lo stato di emergenza, infatti, non significa certo che questa sia finita e c'è bisogno di una strategia per gestire il prossimo autunno, quando all'epidemia di coronavirus si sommerà quella influenzale.
Ma facciamo un passo indietro. Lo stato di emergenza nel nostro Paese è stato dichiarato lo scorso 31 gennaio e rimarrà in vigore fino a fine luglio. L'eventualità di una proroga, non è ancora chiaro se fino al prossimo 31 ottobre o direttamente fino alla fine dell'anno, ha innescato le polemiche. Anche alcuni esponenti della maggioranza si dimostrano dubbiosi rispetto al prolungamento dello stato di emergenza, ma è specialmente l'opposizione a dimostrarsi fermamente contraria. "Ancora una volta, un dibattito che riguarda la tutela della salute e le libertà individuali delle persone viene ridotto alla contrapposizione tra schieramenti politici e alla necessità di mantenere equilibri di Governo, senza una valutazione sistematica di rischi e benefici del prolungamento dello stato di emergenza, oltre che la ricerca di soluzioni alternative", commenta il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta.
Le questioni giuridiche
Gimbe ha quindi deciso di analizzare questa ipotesi al di là dei presupposti ideologici e politici, ma tenendo semplicemente conto degli aspetti sanitari, giuridici e sociali in gioco. Procediamo con ordine. Per quanto riguarda gli aspetti giuridici, i ricercatori ricordano come dopo circa un mese dalla proclamazione dello stato di emergenza il governo ha deciso di esercitare ampi poteri decisionale mediante i decreti leggi emanati, consentendo inoltre al presidente del Consiglio di intervenire direttamente attraverso i Dpcm. Tutto ciò sarebbe stato legittimato dalla gravità dell'emergenza che il nostro Paese si è trovato ad affrontare a partire da fine febbraio, ma secondo Gimbe una proroga oggi dovrebbe basarsi su condizioni di effettiva emergenza, che oggi non sussistono, oppure sulla loro imminenza, per cui sarebbe necessario prepararsi con strumenti e poteri straordinari. E se è vero che una proroga consentirebbe alla Protezione Civile di intervenire tempestivamente in caso di necessità, dall'altro bisogna anche considerare che la maggior parte delle misure contenitive sono già state attutae, afferma Gimbe.
Inoltre, secondo i ricercatori, le differenze a livello epidemiologico presenti sul territorio (non tutte le Regioni sono colpite allo stesso modo: alcune per diversi giorni non hanno registrato nemmeno un nuovo contagio, mentre in altre l'infezione continua a diffondersi) non giustificherebbero uno stato di emergenza a livello nazionale. Secondo Gimbe, anche di fronte al peggior scenario possibile, la gestione della pandemia dovrebbe avvenire tramite strumenti legislativi che coinvolgano il Parlamento. Il ministro della Salute, inoltre, potrebbe comunque disporre di ordinanze urgenti in materia di sanità pubblica. Lo stesso presidente di Regione, ma anche il sindaco, può fare lo stesso
Gli aspetti sanitari
Se si analizza la situazione da un punto di vista sanitario, specialmente se si guarda a quanto sta accadendo oltre i nostri confini, i presupposti per rinnovare lo stato di emergenza non mancano. In tutto il mondo, infatti, i contagi continuano a crescere. Ma Gimbe sottolinea come in Italia ormai la curva epidemiologica si sia stabilizzata. Ma ci sono alcuni elementi da tenere ancora in considerazione. In primis il fatto che il nostro Paese è stato il primo, dopo la Cina, ad essere colpito dalla pandemia di Covid-19, ed è riuscito a contenerne gli effetti solo grazie a un lockdown rigoroso e prolungato. Inoltre, in questo momento siamo ancora lontani dalla stagione dei virus respiratori, che va da ottobre ad aprile.
Bisogna tenere conto anche di questi elementi nel momento in cui si valuta il prolungamento dello stato di emergenza. Criticità che non si presentano oggi potrebbero invece concretizzarsi in autunno, quando la curva dei contagi potrebbe risentire della prossima stagione influenzale, ma anche della riapertura delle scuole. Il ministero della Salute, oltre ad aver raccomandato di potenziare la vaccinazione anti-influenzale, non ha ancora varato un piano per gestire la grande mole di pazienti con sintomi influenzali di cui il sistema sanitario dovrà farsi carico dopo la stagione estiva. Tutti questi pazienti, in assenza di diagnosi tempestive, potrebbero finire in quarantena: un fatto che potrebbe pesare sul settore produttivo. Ma allo stesso tempo, secondo Gimbe, bisogna anche considerare che la probabilità di grandi emergenze ospedaliere è limitata e ad ogni modo il servizio sanitario nazionale è stato potenziato proprio per fare fronte a un'eventuale seconda ondata.
Il problema sociale
C'è poi la questione sociale: per alcune persone, specialmente quelle psicologicamente fragili e vulnerabili, una proroga non farebbe che alimentare le paure nei confronti di possibili nuove chiusure. Allo stesso tempo, però, è altrettanto pericoloso, dal punto di vista sociale far calare l'attenzione sulla situazione epidemiologica nel nostro Paese. Se lo stato di emergenza non venisse prorogato, comunque, non si dovrà far passare il messaggio che sia tutto finito. "Le nostre analisi indipendenti suggeriscono che non è opportuno prorogare lo stato di emergenza, perché non esistono più condizioni sanitarie attuali o imminenti che lo giustifichino. Peraltro, l’uscita del Paese dallo stato di emergenza permetterebbe al Parlamento di riappropriarsi del suo ruolo legislativo", afferma Cartabellotta.
Per poi concludere: "Il governo, in ogni caso, potrebbe rivalutare più avanti la necessità di uno stato di emergenza nazionale, in relazione all'andamento della curva dei contagi, alla capacità di gestione dell’epidemia e alla reale necessità di tutelare salute pubblica e libertà individuali con strumenti “più agili”. Peraltro, presentarsi agli appuntamenti elettorali di settembre sotto uno stato di emergenza nazionale, aumenterebbe le tensioni politiche e potrebbe influenzare i risultati delle consultazioni stesse".