Gimbe: “È un errore affidarsi solo agli indicatori ospedalieri per stabilire colori delle Regioni”
Cominciano a risalire i nuovi casi di coronavirus. O meglio, nell'ultima settimana si registra un vera e propria impennata di contagi, con un balzo del 115% rispetto a quella precedente. Una tendenza che si rispecchia anche nella situazione negli ospedali. È l'allarme della fondazione Gimbe che lancia un appello alla politica perché metta da parte gli scontri e lasci che le scelte vengano guidate dal buonsenso.
Nella settimana tra il 14 e il 20 luglio, rispetto a quella precedente, si rileva un incremento del 115,7% dei nuovi casi, mentre si conferma il calo dei decessi. Dopo più di tre mesi di discesa, tornano ad aumentare gli attualmente positivi, le persone in isolamento domiciliare, i ricoverati con sintomi nei reparti ordinari e in terapia intensiva.
Ecco i dati dell'ultima settimana:
- Decessi: 76 (-26,9%)
- Terapia intensiva: +8 (+5,1%)
- Ricoverati con sintomi: +66 (+5,9%)
- Isolamento domiciliare: +8.587 (+21,8%)
- Nuovi casi: 19.390 (+115,7%)
- Casi attualmente positivi: +8.661 (+21,3%)
L'impennata di contagi nell'ultima settimana
"Sul fronte dei nuovi casi si registra un netto incremento settimanale, verosimilmente sottostimato da un’attività di testing insufficiente e dalla mancata ripresa del tracciamento dei contatti, reso ora più difficile dall’aumento dei positivi", commenta il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta. Nell'ultima settimana in tutte le Regioni è stato rilevato un incremento dei contagi rispetto a quella precedente e in ben 51 province italiane.
"Dopo 14 settimane di riduzione degli indicatori ospedalieri si registra un’inversione di tendenza con lieve incremento dei ricoveri in area medica e in terapia intensiva, dove l’occupazione di posti letto da parte dei pazienti Covid rimane per ora molto bassa, intorno al 2%", aggiunge Renata Gili, responsabile di ricerca sui servizi sanitari a Gimbe. Tutte le Regioni, infatti, registrano valori inferiori al 10% per l'area medica e al 5% per le terapie intensive. In ben 7 Regioni non ci sono affatto pazienti in area critica. Tuttavia Marco Mosti, direttore operativo alla fondazione, spiega: "Si conferma un ulteriore lieve incremento degli ingressi giornalieri in terapia intensiva: la media mobile a 7 giorni è di 10 ingressi al giorno rispetto ai 7 della settimana precedente".
L'andamento della campagna vaccinale.
Per quanto riguarda l'andamento della campagna vaccinale, le dosi attualmente consegnate al nostro Paese sono 66.462.630, con forniture settimanali che negli ultimi 14 giorni si sono attestate alle 2,6 milioni di dosi. Secondo la fondazione è probabile prevedere che nel terzo trimestre arriveranno solo vaccini a mRna visto l’imminente tramonto di quelli a vettore adenovirale e il mancato superamento dei test clinici da parte di CureVac.
Al 21 luglio ad aver ricevuto almeno una dose di vaccino è il 62,1% della popolazione, mentre il 47,4% ha completato il ciclo vaccinale. Nell'ultima settimana è rimasto stabile il numero di somministrazione con una media mobile a 7 giorni di 549.282 inoculazioni al giorno. "Il numero di somministrazioni giornaliere stabile ormai da settimane non decolla nonostante il potenziale organizzativo, per il mancato utilizzo dei vaccini a vettore adenovirale e la limitata disponibilità di quelli a mRNA", precisa Cartabellotta. In particolare, AstraZeneca non viene praticamente più somministrato per le prime dosi, mentre l'inoculazione di Johnson & Johnson rimane sporadica: in pratica non ci sono abbastanza dosi di vaccini a mRna tali da poter aumentare la platea di vaccinandi.
"In questo scenario continua a scendere la percentuale di prime dosi sul totale delle dosi somministrate: da oltre 2,9 milioni di prime dosi della settimana 7-13 giugno (74% del totale) sono precipitate a 583 mila della settimana 12-18 luglio (15% del totale), con una riduzione complessiva
dell’80,3%", prosegue Mosti.
Per quanto riguarda la copertura vaccinale per fasce di età, invece si segnala:
- Over 80: 4.098.799 (91,5%) hanno completato il ciclo vaccinale e 132.157 (2,9%) hanno ricevuto solo la prima dose
- Fascia 70-79 anni: 4.781.739 (80,2%) hanno completato il ciclo vaccinale e 513.802 (8,6%) hanno ricevuto solo la prima dose
- Fascia 60-69 anni: 5.061.234 (68%) hanno completato il ciclo vaccinale e 1.144.838 (15,4%) hanno ricevuto solo la prima dose
L'impatto della variante Delta
Con la diffusione della variante Delta, che presto potrebbe diventare quella prevalente, continuano a preoccupare i quasi 4 milioni di over 60 che non hanno ancora copertura vaccinale completa (con importanti differenze a livello regionale) e che sono quindi esposti a rischio più alto di sviluppare la malattia in forma grave o di ricovero.
"L’incremento delle coperture rispetto alla scorsa settimana è quasi esclusivamente legato al completamento di cicli vaccinali: in altri termini, continua a stagnare il numero di over 60 che ricevono la prima dose, segno di una persistente esitazione vaccinale in questa fascia di età", precisa Gili. Il trend delle somministrazioni, inoltre, mostra un appiattimento per quanto riguarda gli over 60 e una flessione per tutte le altre classi d'età.
L'appello di Gimbe sul Green Pass
In tutto ciò, la politica è concentrata sullo scontro in merito all'utilizzo del Green Pass. "«Nell’infuocato dibattito sui possibili utilizzi del Green Pass in Italia annebbiato da posizioni politiche estreme, si sono registrate inaccettabili e opportunistiche distorsioni di evidenze scientifiche e dati nazionali sull’efficacia dei vaccini pubblicati dell’Istituto Superiore di Sanità e di sicurezza pubblicati dell’AIFA", commenta Cartabellotta. La fondazione lancia quindi un appello alle forze politiche affinché non polarizzino ulteriormente gli estremi sull'utilizzo di uno strumento che in questa pandemia può giocare un ruolo cruciale, limitando la circolazione del virus e permettendo la ripartenza in sicurezza per alcuni settori.
Ci sono però una serie di immediati ostacoli che ancora pesano sull'utilizzo del Green Pass: in primis l'attuale disponibilità comunque limitata di dosi rischia di discriminare chi è ancora in attesa del vaccino, dal momento che ricorrere al tampone nel frattempo implica comunque un costo che pesa sul cittadini. C'è poi la questione degli strumenti (e delle risorse) per verificare sistematicamente le Certificazioni Covid dove queste sono richieste. E infine, manca una legge sull'obbligo vaccinale per chi lavora in quei luoghi o settori dove verrà richiesto il Green Pass. È però importante, prosegue Gimbe, puntare sull'immediato utilizzo per quanto riguarda i grandi eventi ed eventualmente anche per cinema e teatri. Tuttavia, si legge nel monitoraggio della fondazione, "a breve termine il suo utilizzo per ristoranti e soprattutto bar è più complesso" e risulta ancora più ardua l'applicazione per il trasporto locale e altri servizi essenziale.
Perché tarare i nuovi parametri sugli indici ospedalieri è un "rischio non calcolato"
I ricercatori sottolineano anche che, rispetto alle ondate precedenti, questa volta l'aumentare della circolazione virale dovrebbe avere un minore impatto sugli ospedali, proprio grazie alla copertura vaccinale dei soggetti più a rischio. Ma proprio per questo motivo tarare sugli indicatori ospedalieri i nuovi parametri per definire i colori delle Regioni potrebbe essere un rischio: in primo luogo perché in questo modo si perderebbe di vista il monitoraggio della circolazione del virus, che è comunque importante anche in relazione alla pressione sulle strutture ospedaliere, in secondo perché non è un indicatore tempestivo, in quanto la curva dei ricoveri cresce in ritardo rispetto a quella dei nuovi casi, e in terzo luogo perché questo comporterebbe l'arrivo in ritardo di eventuali nuove restrizioni che a sua volta farebbe tardare il miglioramento della situazione epidemiologica.
Alla luce di tutte queste considerazioni, Cartabellotta conclude:
Se Governo e Regioni intendono abbandonare il parametro dei contagi servono soglie molto basse per gli indicatori ospedalieri: non oltre il 5% di occupazione da parte di pazienti Covid-19 per le terapie intensive e il 10% per i ricoveri in area medica per rimanere in zona bianca. Se invece l’intenzione è quella di innalzare tali soglie, oltre ad accettare i rischi sopra descritti, bisogna mantenere tra i parametri di monitoraggio il numero dei casi per 100.000 abitanti, aumentando l’incidenza settimanale sopra i 50 casi per conservare la zona bianca e definendo un numero standard di tamponi per 100.000 abitanti per evitare comportamenti opportunistici.