Non c'è alcun dubbio sul fatto che uno dei punti centrali della discussione politica dovrebbe essere la riforma della legge elettorale. Per anni abbiamo sostanzialmente assistito allo stesso balletto, per il quale la totalità dei partiti riconosceva gli enormi problemi di pratica democratica connessi alla struttura stessa di una legge elettorale giudicata pessima, e al tempo stesso nessuno intraprendeva un percorso chiaro e coerente per la cancellazione del Porcellum. Il punto è proprio questo: si tratta di una discussione che dovrebbe essere centrale, ma che troppo spesso o viene utilizzata in maniera strumentale come un "alibi" (vuoi per evitare ad un ritorno alle urne in tempi brevi, vuoi per giustificare l'incapacità di aggregare un consenso tale da legittimare una singola componente politica) oppure viene semplicemente rinviata (l'ultima "giustificazione", peraltro la più sensata fra quelle sentite, è che sia necessaria prima una ristrutturazione della forma istituzionale e poi la discussione di merito).
A rappresentare con forza le ragioni di chi pensa che sia non più rinviabile la modifica della legge è Roberto Giachetti. Il deputato del Partito Democratico e vicepresidente della Camera dei deputati è al ventesimo giorno di sciopero della fame e ai nostri microfoni, durante la seconda giornata della Leopolda 2013, ha ribadito la volontà di andare avanti con una protesta che è ormai una sfida di civiltà. E che dovrebbe richiamare soprattutto il Partito Democratico alle proprie responsabilità, nella consapevolezza che non si può continuare a prendere in giro elettori e militanti. Ma soprattutto che non è ammissibile nemmeno ipotizzare un ritorno alle urne con questa legge, che peraltro presenta forti dubbi di costituzionalità. E' un imperativo morale, continua Giachetti che, nonostante sia visibilmente provato dopo il ventesimo giorno di sciopero della fame, ribadisce: "Vado avanti, sono determinato a continuare questa lotta".