Geo Barents, evacuato l’uomo che si era gettato in mare: “39 di febbre, l’ha fatto per disperazione”
"Abbiamo passato un po' di tempo con loro, sia ieri sera che stamattina. Sono due ragazzi siriani, entrambi scappati dalla Siria. Vengono da zone in cui c'è estrema insicurezza". Un'operatrice di Medici Senza Frontiere, Candida Lobes, racconta il calvario dei due uomini siriani che ieri si sono gettati in mare dal ponte della Geo Barents, su cui rimangono bloccati. Un gesto nato dalla disperazione, ha sottolineato l'operatrice, ricordando che i naufraghi sono a bordo da diversi giorni. I due hanno trascorso l'intera notte all'aperto, sulla banchina, rifiutando cibo e acqua in protesta contro la decisione delle autorità italiane. Poco fa uno dei due è stato evacuato in ambulanza: ha 39 di febbre.
"Uno dei due ragazzi mi ha raccontato di aver vissuto anni sotto le bombe e che anche adesso la situazione è ancora fortemente instabile perché ci sono gruppi armati nella sua zona. Ha raccontato di avere una bambina di sei anni e altre tre figlie, che non sta mandando a scuola perché teme che vengano rapite. Ha deciso di lasciare indietro la sua famiglia alla ricerca di una vita più sicura e il suo sogno sarebbe portare la sua famiglia in Europa", ha continuato l'operatrice.
Mentre sull'altro, che è stato evacuato poco fa, ha detto: "Anche l'altro ragazzo è partito da Damasco e ha passato quasi un anno in Libia. Ha provato sei volte ad arrivare in Europa su delle barche instabili: tutte e sei le volte è stato intercettato dalla Guardia costiera libica e riportato nei centri di detenzione. Ha ancora ferite sul corpo, ci ha raccontato di essere stato picchiato varie volte".
Lobes quindi ha concluso: "Erano esausti, hanno deciso di saltare per disperazione. Non vedevano futuro e si sentivano in gabbia. Queste sono le persone che sono state lasciate a bordo dopo 12 giorni su una nave. Li abbiamo recuperati su dei barconi instabili. La loro unica fortuna è che fosse estremamente calmo il mare: se ci fossero state anche un po' di onde oggi staremmo parlando di cadaveri, non di persone. Al momento stiamo cercando di tranquillizzarli, ci sono psicologi a bordo e ieri abbiamo fermato un'altra persona che voleva lanciarsi in mare".
Intanto, a bordo della Humanity 1, i 35 uomini rimasti a bordo hanno chiesto asilo. "Il nostro legale sta sostenendo la loro causa davanti al Tribunale civile di Catania", fanno sapere dalla Ong. Una portavoce della Commissione europea ha sottolineato: "I cittadini di Paesi terzi presenti sul territorio Ue hanno la possibilità di presentare domanda di riconoscimento di asilo e in quel caso gli Stati membri hanno il dovere di garantire l'accesso alle procedure previste".