Gentili (Ass. Coscioni): “Subito firma digitale per referendum eutanasia, tutti devono poter votare”
Nei giorni scorsi il ministro per l'Innovazione Tecnologica e la Transizione digitale, Vittorio Colao, ha incontrato una delegazione dell'Associazione Coscioni, guidata dal co-presidente Marco Gentili, per discutere della possibilità di anticipare l'uso della firma digitale per raccogliere le firme necessarie per le proposte di iniziativa popolare legislativa referendaria. In vista del referendum sull'eutanasia legale, che cancellerebbe l'articolo che vieta l’omicidio del consenziente, tema su cui gli italiani saranno chiamati ad esprimersi nei prossimi mesi, l'impiego della firma digitale consentirebbe una maggiore adesione all'iniziativa.
L'obiettivo è raccogliere le 500.000 firme necessarie per trasformare il quesito sull'eutanasia in un referendum nazionale: c'è tempo dal 30 giugno al 30 settembre. L'emergenza sanitaria, sebbene la campagna vaccinale stia procedendo, non è ancora terminata, e le restrizioni anti-Covid, come il divieto di assembramento, rischiano di compromettere la buona riuscita del referendum come importante momento di partecipazione democratica. Per questo l'associazione ha espressamente chiesto al ministro di anticipare l'adozione della firma digitale, il cui utilizzo è già previsto dalla legge di Bilancio 2021: a partire da gennaio 2022 sarà infatti possibile raccogliere le firme per i referendum nazionali con modalità telematiche, grazie a una Piattaforma rilasciata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, sviluppata da Sogei, che sarà pronta entro il 31 dicembre 2021.
La Piattaforma sarà sicura, spiegano dal ministero, e integrata con l'Anagrafe Nazionale della popolazione residente. Consentirà di sottoscrivere le proposte referendarie (previo accesso effettuato tramite SPID o Carta d'Identità Elettronica) con la contestuale validazione temporale delle sottoscrizioni. La Piattaforma permetterà quindi di digitalizzare l'intero processo ‘end-to-end' grazie all'integrazione informatica dell'Anagrafe e delle liste elettorali.
L'associazione aveva lanciato una petizione e inviato una lettera, a prima firma di Marco Gentili, promotore del referendum per l'eutanasia legale e malato di SLA, impossibilitato a muoversi in autonomia e a parlare con la propria voce, per cercare di sollecitare il ministro: "Con lo scoppio della pandemia – si legge in un passaggio della lettera – raccogliere le sottoscrizioni autenticate su moduli cartacei, da vidimare preventivamente e certificare successivamente, è divenuto oltremodo difficoltoso se non a volte impossibile, tra limitato accesso agli uffici comunali e agli spazi pubblici, regole di sicurezza e distanziamento. Per chi si trova in condizioni di malattia e grave disabilità, poi, l’esclusione degli strumenti digitali per la raccolta delle firme diventa, di fatto, un impedimento assoluto alla partecipazione democratica".
Il ministro Colao ha però ribadito che sebbene siano in corso anche in questa settimana ulteriori interlocuzioni tecniche è difficile che la piattaforma sia pronta prima di gennaio. Ma ha assicurato che il ministero vaglierà eventuali soluzioni alternative per anticipare l'introduzione della firma digitale per i referendum. Abbiamo chiesto a Marco Gentili di fare il punto sulla questione della raccolta firme in modalità telematica e sul referendum sull'eutanasia legale.
Dopo la vostra sollecitazione sull’utilizzo della firma elettronica qualificata dal 1 luglio, per permettere la raccolta firme per il referendum sull’eutanasia in estate, il ministro Colao ha detto che si è impegnato a “valutare la compatibilità” delle vostre proposte. Secondo voi c’è una possibilità concreta di anticipare l’uso della firma digitale, che entrerà comunque in vigore da gennaio 2022, come previsto dalla legge di Bilancio?
La possibilità c'è tutta, dipenderà solo dalla volontà politica di Governo e Parlamento. Del resto siamo già in ritardo: grazie alla lunga battaglia di Mario Staderini, con una decisione storica il Comitato diritti umani dell'Onu un anno e mezzo fa ha condannato l'Italia per violazione del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, proprio a causa delle "irragionevoli restrizioni" nelle procedure di raccolta firme su referendum e iniziative popolari. Siamo il primo paese al mondo condannato dal Comitato Diritti Umani dell'ONU su una questione di democrazia diretta, a causa di una legge del 1970 (ben 51 anni fa!), che prevede ancora una raccolta firme con timbri, certificazioni vessatorie, e "autenticatori", i pubblici ufficiali che sono assai facili da reperire per partiti che hanno già eletti a disposizione, ma molto difficili da trovare per cittadini autorganizzati. Consentire da subito la firma digitale permetterebbe di superare, almeno in parte, uno dei tanti ostacoli che negano il diritto dei cittadini a promuovere referendum.
Siete soddisfatti dell'incontro con il ministro? Si sono fatti passi avanti?
Come tutti i cittadini italiani, potremo ritenerci soddisfatti solo quando una norma per attivare digitalmente il diritto alla democrazia sarà davvero realtà. In questi anni l'Italia ha fatto solo passi indietro: eravamo il Paese con la più importante tradizione referendaria nell'Unione Europea, ma da 10 anni nessun referendum che non sia voluto da grandi partiti e sindacati è riuscito a superare le 500 mila firme.L'attenzione e la disponibilità del Ministro Colao sono sicuramente un fatto nuovo, ma senza interventi concreti rimarranno solo intenzioni.
Perché sarebbe necessario anticipare la firma digitale per gli strumenti di democrazia diretta?
Innanzitutto perché c'è una violazione in corso di un diritto costituzionale, a cui Governo e Parlamento hanno il dovere di rimediare. Peraltro, il 2021 è l'ultimo anno per depositare referendum, altrimenti non ci potranno essere fino al 2024, perché la legge vieta la raccolta dall'anno prima della scadenza della legislatura parlamentare. Ma è essenziale anche per garantire un diritto a tutti quelli che come me hanno difficoltà o impedimenti a firmare nel modo normale: ci sono migliaia di persone che non possono spostarsi o che non ne hanno la possibilità. Con due campagne referendarie all'orizzonte su eutanasia e giustizia, anche noi disabili dobbiamo poter decidere di firmare ed esercitare i nostri diritti: per questo serve la firma digitale subito.
Se si dovrà comunque attendere la piattaforma che entrerà in funzione entro il 31 dicembre 2021 quali iniziative pensate di mettere in campo per favorire la raccolta firme, alla luce anche delle difficoltà logistiche dovute alla pandemia?
La miglior cosa è diffondere la notizia e coinvolgere il massimo numero di persone: anche il vicino di casa potrebbe dare una mano, come ciascuno di noi offrendosi come volontario per la raccolta firme sul referendum eutanatasia legale. Attraverso il sito della nostra campagna è già in corso la chiamata ai volontari: sarà indispensabile far crescere la rete di attivisti per raccogliere le firme e imporre con un referendum il tema eutanasia nell'agenda della politica. Una politica che nonostante le sentenze della Corte Costituzionale su Marco Cappato e Mina Welby e una proposta di legge popolare depositata da otto anni in parlamento, continua a nascondere la testa sotto la sabbia.
Su cosa verte di preciso il quesito referendario su cui i cittadini sono chiamati a esprimersi?
Vogliamo introdurre la possibilità di eutanasia in Italia oggi negata, abrogando parzialmente l'art. 579 del codice penale che oggi la definisce "omicidio del consenziente". Quello che in altri paesi europei è un diritto, in Italia è condannato da 6 a 15 anni di reclusione. Quando Mario Riccio, il medico di Piergiorgio Welby, corrispose alla richiesta di Welby di morire senza dover soffrire, egli fu indagato per omicidio del consenziente. Fu archiviata la sua posizione solo perché il quantitativo di medicina somministrato non fu considerato causa della morte. Insomma fu questione di millilitri. Ma la domanda è: perché non posso scegliere io della mia vita, chi volete che decida della mia vita se non io?
Cosa non va nel testo base delle proposte di legge sull’eutanasia? Perché le giudicate “insufficienti?”
Perché non sono proposte di legge sull'eutanasia e non dicono nulla di più se non ribadire quanto ha già previsto la Consulta intervenendo sul Caso Cappato / Dj Fabo. Ma la Corte aveva detto al Parlamento di intervenire, non di riscrivere quanto da essa già scritto. La sentenza della Consulta era un apporto minimale per non interferire sul potere del Parlamento di regolare la materia e infatti lo invita a intervenire. Ma cosa fa il Parlamento? Nulla. Continua a discriminare i malati.