Ogni anno è il solito dolore. In quelli che furono i giorni del G8 a Genova, nel 2001, sale più forte il ricordo ed è dura resistere alla lettura di certi commenti violenti come un manganello tonfa.
Avevamo ragione su tutto, in quei giorni. Su tutto. L'ambiente, l'ecologia, il sistema capitalista che faceva schifo fino al midollo, i diritti, l'accesso alle cure, l'immigrazione, la povertà, l'uguaglianza, la redistribuzione della ricchezza. Avevamo ragione su tutto, e proprio per questo provarono ad ammazzare una generazione. Noi che c'eravamo, lo sappiamo.
Picchiarono con i manganelli chi aveva le idee libere, lo picchiarono così forte per dargli una lezione, che capisse lui e capissero quelli a casa, e lasciarono che i black bloc seminassero il terrore. Arrestarono sistematicamente e picchiarono, picchiarono Dio solo sa quanto. Dita delle mani divaricate fino a spezzare il tendine, schiaffi, le urla "ti stupriamo" nelle orecchie delle donne, l'ordine di restare in piedi pisciandosi addosso, orecchini strappati dai lobi delle orecchie.
In quei giorni, a Genova, venne sospesa la democrazia. "La più grave violazione dei diritti umani dalla fine della Seconda guerra Mondiale", come disse Amnesty International.
Vi capita mai, a voi, di svegliarvi sentendo nelle narici l'odore dei gas lacrimogeni? A chi è stato a Genova, sì.
Vi capita mai, ascoltando all'improvviso il nome di una città, di non pensare al mare, o al testo di Paolo Conte, ma alle torture? A chi è stato a Genova, sì.
Genova resta una ferita nelle nostre vite. C'è stato un prima di Genova e un dopo Genova, come accade con i terremoti, o gli eventi traumatici.
Una cosa è sicura: "Non ci avrete mai come volete voi".