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Referendum 2025

Futura 2025, la Cgil lancia la campagna per i referendum dell’8 e 9 giugno su lavoro e cittadinanza

Parte oggi Futura 2025, la due giorni di dibattiti, tavoli tematici e collegamenti con le piazze per aprire ufficialmente la campagna per i referendum sul lavoro, promossi della Cgil, e per quello sulla cittadinanza, promosso da Più Europa. La consultazione referendaria si svolgerà i prossimi 8 e 9 giugno.
A cura di Annalisa Cangemi
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Entra nel vivo la campagna per i referendum sul lavoro, promossi dalla Cgil, e per il referendum sul tema della cittadinanza promosso da Più Europa e altre associazioni, per i quali si vota l'8 e 9 giugno, in concomitanza ballottaggi delle prossime elezioni amministrative (il cui primo turno si svolge domenica 25 e lunedì 26 maggio).

Futura 2025, evento che si tiene oggi e domani, l'11 e 12 aprile, alla Camera del lavoro di Milano, e che si intitola "Il voto è la nostra rivolta", segna l'avvio ufficiale alla campagna, e sarà l'occasione per analizzare nel dettaglio i cinque quesiti proposti, con un occhio rivolto al quorum, dal quale dipende naturalmente il buon esito del referendum (necessario il superamento del quorum del 50% degli elettori).

Si ricorda che negli ultimi trent’anni ci sono state dodici elezioni referendarie abrogative e solo in due casi (1995 e 2011) è stato raggiunto il quorum del 50%. Gli ultimi referendum del 2022 (che riguardavano la magistratura) hanno fatto registrare un'affluenza molto bassa, intorno al 20%. Anche se l'allargamento del voto ai fuori sede rappresenta una novità positiva, la scelta di non accorpare il referendum con il primo turno elezioni amministrative, potrebbe avere delle ripercussioni negative sull'affluenza.

"Se raggiungiamo il quorum, e l'obiettivo è raggiungerlo, significa che il giorno dopo si cambieranno le leggi balorde che sono state fatte in questi anni e le persone avranno tutele e diritti in più", ha ricordato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che oggi apre la manifestazione. Il sindacato ha chiesto un impegno alle forze politiche "a portare le persone al voto, poi ognuno decide cosa votare".

"Da qui all'8 e 9 giugno dobbiamo mettere in campo tutte le azioni utili", per fare in modo che le persone possano essere informate e andare a votare. Ed è questo l'obiettivo dell'evento Futura 2025, che sarà possibile seguire in diretta streaming nazionale su Collettiva.it, sulle piattaforme della CGIL e su Fanpage.it.

Tra gli ospiti dei tavoli tematici in programma per oggi (uno per per ogni quesito), oltre naturalmente a Maurizio Landini, che fa gli onori di casa, ci sono economisti e sociologi del lavoro, come Mario Pianta, Vincenzo Bavaro, Dario Guarascio e Francesca Della Ratta (ricercatrice INAPP); esponenti della società civile, come Emiliano Manfredonia (ACLI), Rossella Vigneri (ARCI), Riccardo Noury (Amnesty Italia), Emma Ruzzon (Presidente Consiglio Studenti di Padova), Deepika Salhan (Comitato Referendum Cittadinanza); i content creator Benedetta Artefacile, Roberto Celestri; storici come Michela Ponzani e Alessandro Giacone; giornalisti, come Charlotte Matteini e Luciana Castellina (Presidente onoraria ARCI).

Nella giornata di sabato invece sono previsti collegamenti in oltre 120 piazze italiane, con hub principali a Torino, Roma, Napoli e Bari. L'evento si estenderà anche a livello europeo, con collegamenti dalle piazze di Parigi, Bruxelles e Barcellona. A chiudere la manifestazione un'intervista al segretario della Cgil Maurizio, condotta da Veronica Gentili (Le Iene).

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I quattro quesiti sul lavoro

I quattro referendum sul lavoro, promossi dalla Cgil, puntano a cancellare alcune regole introdotte dal Jobs Act, la riforma del mercato del lavoro voluta dall'allora premier Renzi, e a modificare alcune norme sulla sicurezza sul lavoro e le indennità di licenziamento.

Il primo quesito tocca un nodo cruciale: il diritto al reintegro in caso di licenziamento illegittimo. Oggi, questo diritto è garantito solo ai lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015, cioè prima dell’entrata in vigore del Jobs Act. Chi è stato assunto dopo quella data, anche se licenziato ingiustamente, può ottenere solo un risarcimento economico. L'azienda può infatti scegliere di pagare un’indennità economica piuttosto che reintegrare il lavoratore ingiustamente licenziato.

L'abrogazione del decreto legislativo n. 23/2015 – uno dei capisaldi del Jobs Act – permetterebbe di ristabilire un principio di uguaglianza: a parità di torto subito, uguali diritti per tutti. La Corte Costituzionale è già intervenuta per correggere alcune storture del Jobs Act, ma la legge Fornero, tuttora in vigore per gli assunti prima del 2015, offre ancora maggiori tutele, soprattutto nei licenziamenti collettivi o per motivi economici. Il referendum propone quindi di tornare a un sistema dove il reintegro è possibile anche per chi ha perso il lavoro senza una motivazione valida.

Il testo del primo quesito:

"Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?"

Il secondo quesito riguarda invece le lavoratrici e i lavoratori impiegati nelle piccole aziende, quelle con meno di 16 dipendenti. Si chiede la cancellazione del tetto massimo di risarcimento 6 mensilità al lavoratore ingiustamente licenziato nelle piccole aziende con meno di 16 dipendenti, lasciando al giudice la possibilità di decidere un risarcimento giusto e proporzionato, senza vincoli prestabiliti, valutando caso per caso.

Il testo del secondo quesito:

"Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.”?"

Il terzo quesito referendario riguarda la riduzione del lavoro precario, e chiede l'abrogazione delle norme che liberalizzano i contratti a termine, con il ripristino dell'obbligo di causali, ovvero di ragioni specifiche, per ogni assunzione a tempo determinato, anche se inferiore ai 12 mesi. Si tratterebbe di un grosso passo avanti nella lotta alla precarietà. L'obiettivo è chiaro: fare in modo che il contratto standard torni a essere quello a tempo indeterminato, e che i contratti a termine siano utilizzati solo quando davvero necessari.

Il testo del terzo quesito:

«Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?»

Con il quarto quesito si chiede più sicurezza nel lavoro, attraverso l'eliminazione della norma per cui l’impresa appaltante può evitare di assumersi responsabilità per i danni legati ai rischi ‘specifici' delle aziende appaltatrici o subappaltatrici. In pratica si vogliono cancellare le norme che impediscono in caso di infortunio sul lavoro negli appalti e nei subappalti di estendere la responsabilità anche all’impresa appaltante. Oggi, in caso di infortunio causato da carenze nella sicurezza, la responsabilità del committente è limitata solo ai rischi ‘generici'. Se l’incidente è dovuto a un rischio ‘specifico' dell’attività dell'appaltatore, il committente può essere sollevato da ogni colpa.

Il testo del quarto quesito:

«Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”?»

Il quesito sulla cittadinanza italiana

Per quanto riguarda il quesito sulla cittadinanza, si vota per cambiare le regole per l’ottenimento della cittadinanza italiana, in particolare per ridurre il periodo di residenza legale continuativa richiesto per fare domanda per la cittadinanza italiana, da 10 a 5 anni.

Una volta ottenuta, la cittadinanza italiana verrebbe automaticamente trasmessa ai propri figli e alle proprie figlie minorenni. Il quesito tecnicamente punta a modificare l'articolo 9 dell'attuale legge sulla cittadinanza, la numero 91 del 1992, che si basa sul cosiddetto ius sanguinis. Oggi infatti acquisisce di diritto la cittadinanza alla nascita solo chi è nato da madre o padre italiano.

Una persona di origini straniere che nasce in Italia può fare domanda per ottenere la cittadinanza italiana solo se ha risieduto nel Paese ininterrottamente per 18 anni, e dichiara, entro un anno dalla maggiore età, di volerla acquisire. Se invece una persona è arrivata in Italia in un momento successivo alla nascita, deve dimostrare di aver risieduto ininterrottamente e legalmente nel Paese per dieci anni.

Il referendum sulla cittadinanza non interviene sugli altri requisiti richiesti per ottenere la cittadinanza, ovvero: la conoscenza della lingua italiana, il possesso negli ultimi anni di un consistente reddito, l’incensuratezza penale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica. Questa modifica potrebbe avere un riflesso sulla vita di circa 2 milioni e 500mila cittadine e cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano.

Il testo del quesito sulla cittadinanza:

«Volete voi abrogare l'articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?»

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