“Frontex complice dei respingimenti illegali in Libia”, la denuncia delle Ong alla Corte di giustizia Ue
“Frontex trasmette sistematicamente e illegalmente la geolocalizzazione delle imbarcazioni di rifugiati in alto mare alla Guardia costiera libica”, a dirlo è un documento con cui l’Ong olandese Front-Lex insieme a Refugees in Libya ha denunciato per la prima volta l’agenzia europea per la sorveglianza delle frontiere di collaborare con le milizie libiche.
La denuncia è stata fatta per conto di un profugo sudanese (F.M.) ancora intrappolato in Libia. “Si tratta di un richiedente asilo sudanese di 29 anni bloccato in Libia dal 2019 che rischia di essere individuato da Frontex durante l'imminente traversata in mare, consegnato a entità libiche e sottoposto a crimini contro l'umanità – spiega David Yambio, portavoce e presidente di Refugees in Libia – “noi diamo per certo che tenterà di attraversare il Mediterraneo perché non ha altra scelta. Non può tornare indietro nel suo paese e in questo momento si sta nascondendo da un posto all'altro per sfuggire alle milizie libiche che gli danno la caccia. Ha un estremo bisogno di protezione internazionale ma in Libia non esistono percorsi legali che gli permettano di lasciare la il paese e così sarà costretto a tentare la salvezza nel Mediterraneo e correre il rischio di essere rilevato dagli aerei di Frontex, catturato dai Libici, riportato indietro in Libia, messo in prigione o lasciato nelle mani dei trafficanti”.
Così in suo nome Front-Lex e Refugees in Libya hanno avviato un’azione legale contro Frontex ai sensi dell’articolo 265 TFUE, invitando l’agenzia europea a interrompere immediatamente tutte le comunicazioni con entità libiche in relazione alle cosiddette “situazioni di pericolo” nel Mediterraneo.
“Negli ultimi tre anni, Frontex ha consegnato almeno 2.200 imbarcazioni di rifugiati alle milizie della Guardia costiera libica, condannandoli a torture, schiavitù, stupri e omicidi”, continua Yambio, “abbiamo presentato diverse prove che evidenziano come la Libia e le sue milizie non abbiano la capacità di sorvegliare il Mediterraneo e che non siano in grado di individuare le imbarcazioni dei migranti che lasciano i porti della Libia per dirigersi verso l'Europa. I libici riescono ad individuare i barchini in distress solo grazie alla sorveglianza aerea di Frontex che invece di riferire la geolocalizzazione dei migranti alle navi ong o alle unità di Frontex che si trovano in loco la inviano alla guardia costiera libica che le respinge nell’inferno da cui scappavano. Sappiamo che le migliaia di persone che si trovano in Libia hanno paura di fare il viaggio perché sanno che tentando di attraversare il Mediterraneo verranno individuate da Frontex e andranno in contro al respingimento forzato della guardia costiera libica. Questo è il caso del richiedente asilo per cui abbiamo fatto causa a Frontex”.
Il coinvolgimento di Frontex nei respingimenti illegali effettuati dalla Guardia Costiera Libica sarebbe testimoniato da diversi documenti: dalle comunicazioni con i Centri di coordinamento marittimi, ai video dell’aereo di sorveglianza della ong Sea Watch fino ai reports di Frontex stessa. In seguito alla pubblicazione dell'inchiesta di Lighthouse “Frontex e la nave pirata”, infatti, la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) dell'UE ha inviato una lettera al direttore esecutivo di Frontex, Hans Leijtens, mettendo in dubbio la collaborazione dell'agenzia con attori libici, tra cui le milizie, nella Libia orientale e occidentale. Lighthouse Reports e Der Spiegel hanno avuto accesso alla risposta del direttore alle domande del Comitato LIBE: Frontex ha condiviso la posizione delle imbarcazioni dei migranti con la guardia costiera libica più di 2.000 volte in tre anni, nonostante le abbia viste frustare, picchiare e sparare ai migranti. Tutti questi documenti sono stati studiati e collezionati dagli avvocati di Front-Lex e Refugees in Libya.
“L'obiettivo di Frontex non è quello di salvare vite umane – sostiene Yambio – L'obiettivo di Frontex è tenere lontane le persone. E a testimoniarlo è il rapporto di comunicazione preferenziale e diretto che ha con la guardia costiera libica anche quando i barchini si trovano in acque internazionali. Ci sono molti video girati dall’aereo di sorveglianza di Sea Watch, che testimoniano fino a dove si è spinta la guardia costiera libica. Chi dà le informazioni ai libici quando un barchino si trova in acque internazionali fino alla Sar Maltese?”.
Il modello denunciato da Refugees in Libya e front-LEX si basa su una classificazione automatica da parte di Frontex di casi di distress – e quindi di pericolo grave e imminente – della maggior parte delle imbarcazioni presenti nella zona di competenza libica, in modo da essere in diritto di chiamare il paese di competenza più vicino e quindi di trasmettere immediatamente la posizione a Tripoli e astenersi dall'ingaggiare le navi di soccorso delle Ong nelle vicinanze. Tuttavia è stato dimostrato che la Guardia costiera libica si sia spinta diverse volte in acque internazionali e in zone sar di altri paesi, ma soprattutto che la stessa agenzia di sorveglianza delle frontiere abbia più volte sottovalutato casi di barchini in distress non dichiarandoli tali quando si trovavano a ridosso di paesi europei. Èmi il caso del naufragio di Cutro dello scorso 26 febbraio o quello di Pylos del 14 giugno 2023. Secondo l’avvocato di Front-Lex, Iftach Cohen, questo avviene perché “non classificando come casi di imminente pericolo le imbarcazioni di rifugiati che si trovano nella zona sar o nelle acque territoriali di uno Stato membro, Frontex può astenersi dal allertare il centro di coordinamento marittimo dello Stato membro lasciandogli sufficiente potere e tempo per coinvolgere i libici anche nelle proprie acque territoriali e impedire così lo sbarco in Europa”.
Frontex ha chiesto, però, alla Corte di giustizia europea di non considerare il caso sollevato da Front-Lex e Refugees in Libya come un caso urgente e quindi di non aprirlo adesso, ma aspettare che le condizioni del rifugiato sudanese in questione “abbastanza critiche” da chiedere un’udienza.
“Per le autorità europee un rifugiato deve essere direttamente vittima di qualcosa per poter aprire il suo caso di fronte alla Corte di Giustizia, ma a noi pare evidente che se una persona che ha il diritto legittimo di chiedere asilo ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951 o dello statuto dei rifugiati, non possa farlo perché bloccato in un paese che nega questo diritto, il richiedente è già vittima”, conclude il portavoce di Refugees in Libya.