“La matrice non la conosco. Nel senso che non so quale fosse la matrice di questa manifestazione ieri, sarà fascista, non sarà fascista non è questo il punto”. Così parlò Giorgia Meloni, sabato 9 ottobre,in seguito all’assalto della sede della Cgil dei militanti di Forza Nuova, prima di volare in Spagna, ospite del raduno di Vox, partito guidato da Santiago Abascal che si rifà apertamente alla dittatura fascista di Francisco Franco e che mantiene un forte legame con quelle frange delle Forze Armate spagnole nostalgiche del fallito golpe militare del 23 febbraio 1981 guidato dal colonnello della Guardia Civil Antonio Tejero.
Matrice fascista, si chiama. Sia quella di Forza Nuova, sia quella – franchista – di Vox. E Fratelli d’Italia, partito nel quale, a detta della sua leader, non c’è “nessuno spazio per antisemitismo, razzismo e paranazismo da operetta” – manca sempre quella parolina lì che inizia con la F, ma facciamo finta che – ha rapporti con entrambi. La sede romana del movimento di Roberto Fiore, tanto per dirne una, è in un appartamento occupato abusivamente in via Pasiello, in un’elegante palazzina dei Parioli che fa parte del patrimonio della fondazione Alleanza Nazionale. Giorgia Meloni dice che da anni ne ha chiesto lo sfratto, che tuttavia non risulta essere mai stato eseguito.
“Sono felice di partecipare a una manifestazione piena di patrioti. Io qui mi sento a casa”, urla nel frattempo Meloni dal palco dell’adunata dei militanti di Vox, più volte definito “partito fratello”. Si sente a casa anche in Ungheria, Giorgia Meloni, dove regna da più di un decennio Viktor Orban, presidente ungherese teorico della democrazia illiberale, propugnatore di leggi xenofobe e omofobe che gli sono valse procedure d’infrazione da parte dell’Unione Europea, che Meloni ha più volte definito “un modello affine a quello di Fratelli d'Italia”, “un patriota” con “programmi simili ai nostri”, che “deve diventare un esempio anche per l'intero centrodestra italiano”. Probabilmente, anche nel caso di Vox e di Orban la matrice non è ancora chiarissima.
Lo stesso vale per la Lega e per Matteo Salvini, la cui condanna agli atti violenti di Forza Nuova – manca sempre quella parolina lì che inizia con la F, ma rifacciamo finta che – si è accompagnata alla ferma contrarietà alla richiesta di scioglimento del movimento che pure sarebbe possibile, lo dice la legge Scelba, dopo le violenze dei giorni scorsi che corrispondono a una pubblica esaltazione di fatti o metodi propri dei fascisti: “I partiti non si sciolgono per decreto”, dice Salvini, che pure da ministro dell’interno si era opposto allo sgombero dello stabile romano occupato dai militanti di estrema destra di Casa Pound – col cui leader Simone Di Stefano, il capitano legista ha condiviso il palco per ben due volte nel 2015. Senza dimenticare, vale per lui come per Giorgia Meloni, il doppio filo che unisce Lega e Fratelli d’Italia a Lealtà Azione, organizzazione nata da una costola dei neonazisti americani di Hammerskin, di cui fanno parte diversi esponenti dei due partiti della destra istituzionale italiana, a partire dal consigliere regionale leghista Massimiliano Bastoni.
Come dire: la matrice dell’assalto alla sede della Cgil di sabato scorso è chiara, chiarissima, ed è fascista. Così pure ne è molto vicina la matrice di Vox e di Victor Orban. Così pure lo è l'ispirazione di Casa Pound e di Lealtà Azione. Quel che non si capisce ancora bene è quanto distanti siano Fratelli d’Italia e Lega da quella matrice, e da quell'ispirazione. E soprattutto, perché non ne prendano chiaramente, una volta per tutte, le distanze. Basterebbe così poco, in fondo.