Forza Italia si spacca, ma la destra è pronta a governare: come cambiano le alleanze per le elezioni
La crisi di governo ha determinato la fine del campo largo. Il ministro dem Dario Franceschini ha definitivamente chiuso all'alleanza con i Cinque Stelle e il Pd ora guarda al centro (ma non a Matteo Renzi). Proprio il leader di Italia Viva punta invece a costruire un centro allargato, una casa per i moderati che in passato aveva aperto anche a Forza Italia. Ma la decisione di non votare la fiducia a Draghi potrebbe aver mandato in soffitta qualsiasi possibilità di intesa. Dall'altro lato, invece, aver votato compatti ha sicuramente rinsaldato il centrodestra di governo (anche se a caro prezzo per gli azzurri, che devono fare i conti con l'addio di Mariastella Gelmini e Renato Brunetta) che ora inizia a preparare la campagna elettorale insieme a Fratelli d'Italia. Anche a destra, però, sono necessari dei chiarimenti.
Per prima cosa c'è il problema interno a Forza Italia. I vertici azzurri sono stati infatti accusati dai fuoriusciti di aver appiattito totalmente il partito sulle posizioni della Lega, lasciando che Silvio Berlusconi si facesse convincere da Matteo Salvini a strappare sul sostegno a Mario Draghi. È quindi probabile che in campagna elettorale Forza Italia spinga sulle proprie posizioni per sottolineare il distinguo con il Carroccio, in modo da non lasciarsi inglobare dai leghisti e perdere così il proprio elettorato di riferimento. C'è poi la questione Giorgia Meloni. La coalizione di centrodestra è stata messa alla prova quando due partiti hanno deciso di entrare nel governo di larghe intese, mentre uno restava all'opposizione. Una frattura che ha rischiato di esplodere durante la partita del Quirinale. Meloni, forte anche dei sondaggi che danno il suo come primo partito, proverà ad assicurarsi la leadership. Ma Tajani ha messo in chiaro che intanto si penserà a vincere le elezioni, solo dopo si discuterà su chi farà il presidente del Consiglio. "Bisogna vincere, non è una corsa a chi arriva prima. Intanto giochiamo per vincere la partita, poi vedremo chi prenderà in mano la coppa", ha detto in un'intervista con il Messaggero.
Nel centrodestra c'è quindi ancora molto da definire. Anche Silvio Berlusconi, in un'intervista con il Tg5, ha messo in chiaro che nonostante il programma del centrodestra sarà comune, ognuno si presenterà con le proprie liste e la propria identità: "Siamo forze politiche diverse, che si presenteranno ognuna con le proprie liste, i propri simboli, la propria identità ma con un programma comune. Siamo certamente diversi, ma siamo uniti da un buon progetto per migliorare il nostro Paese", ha detto. Insomma, l'idea di partito unico o confederazione di cui parlava l'anno scorso il centrodestra è sicuramente archiviata, anche se non ci sono dubbi che Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia si presenteranno uniti alle elezioni. I sondaggi per ora danno la coalizione in testa, ma con l'attuale legge elettorale non arriverebbe comunque al 50%. Per puntare alla maggioranza assoluta servono ulteriori alleanze. Dove?
Gli occhi sono puntati al centro. Non è ancora chiaro, però, come questo si costituirà e con chi deciderà di stringere accordi. I fuoriusciti da Forza Italia potrebbero giocare da collante, in un certo senso, tra alcuni schieramenti. Dopo l'addio al partito, ad esempio, il ministro Brunetta parla di unione repubblicana. "Mi batterò perché la cultura, i valori e le migliori energie moderate e liberali non vadano perduti e confluiscano in un'unione repubblicana, saldamente ancorata all'euroatlantismo. Dobbiamo contrastare la deriva di un sistema politico privo degli anticorpi per emanciparsi dal populismo e dall'estremismo".
Anche Carlo Calenda parla di agenda repubblicana. Il leader di Azione, preparandosi alla campagna elettorale, mette in chiaro di non essere disposto ad allearsi con i partiti minori a sinistra, né con la nuova formazione di Luigi Di Maio. Continuando a citare la "agenda Draghi" scrive su Twitter: "Porte aperte a chi vuole venire a lavorare con noi su un'agenda repubblicana che dettaglieremo nei prossimi giorni. Un invito rivolto ai popolari, socialdemocratici e liberali. Il Partito democratico deve scegliere, non sostituire i populisti con altri populisti".
E proprio dal Pd anche Andrea Marcucci strizza l'occhio a Brunetta e Gelmini: "Rinnovo la grande stima per loro e per i parlamentari che lasceranno una Forza Italia ormai totalmente asservita a Giorgia meloni e al suo sovranismo. Mi auguro che si apra subito una interlocuzione con il Pd e con tutte le forze europeiste che difenderanno in campagna elettorale il lavoro di Mario Draghi".