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Forza Italia presenterà un emendamento per abolire il redditometro

Dopo il decreto sul redditometro che aveva causato la spaccatura tra le forze di governo, Forza Italia propone un emendamento per l’abolizione totale dello strumento per stanare gli evasori. “Esistono meccanismi molto più moderni e efficaci”, spiega Maurizio Gasparri, primo firmatario della proposta. Il decreto redditometro era stato proposto dal viceministro Leo ma poi sospeso da Meloni, dopo le proteste di Lega e FI.
A cura di Luca Capponi
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Dopo le tensioni della scorsa settimana sul redditometro – con il decreto prima annunciato dal viceministro Leo e poi sospeso da Giorgia Meloni – Forza Italia è tornata sulla questione con la richiesta di abolire definitivamente lo strumento. La proposta è stata firmata dal senatore Maurizio Gasparri, che ha dichiarato che esistono "strumenti diversi e più moderni di accertamento dei redditi". Il redditometro, invece, è da "abolire", in quanto "antiquato, iniquo e non recuperabile in una dinamica moderna in cui il contribuente ed il fisco si confrontano con rispetto e fiducia".

Già nei giorni in cui la maggioranza era andata in tilt, Forza Italia aveva espresso la sua netta contrarietà allo strumento per stanare gli evasori. Il redditometro – che esiste dal 1973 ma fu sospeso nel 2018 dal governo Conte I – era stato riattivato dal viceministro Maurizio Leo, che proponeva di far scattare i controlli del Fisco nei casi in cui il reddito stimato superasse del 20% quello dichiarato. Dopo che i suoi alleati di governo si erano opposti a una misura potenzialmente impopolare alla vigilia delle elezioni, Giorgia Meloni si era ritrovata costretta al dietrofront, sconfessando la riforma.

Perché Lega e Forza Italia hanno criticato il redditometro

Oltre che nel merito, Forza Italia e Lega avevano attaccato il redditometro anche per una questione di metodo, visto che secondo loro la reintroduzione era stata proposta dal viceministro Leo senza un confronto tra le forze di governo. Inoltre Forza Italia aveva sollevato questioni sul contenuto del decreto, mentre Matteo Salvini lo aveva paragonato a un "Grande Fratello fiscale".

Nell'annunciare questa proposta che cancellerebbe il redditometro, Maurizio Gasparri ha comunque assicurato che sul bisogno di rinnovare il sistema fiscale il centrodestra "è unito". L'emendamento dovrebbe essere presentato insieme al decreto legge Coesione, al momento all'esame della commissione Bilancio in Senato. Gasparri ha detto di confidare in una "condivisone ampia".

Difficilmente, però, potrà contare sul sostegno del Pd, visto che la segretaria dem Elly Schlein, impegnata in un evento in Sicilia, ha fatto sapere di ritenere giusto il redditometro, così come qualsiasi strumento "che può aiutare un contrasto mirato a chi evade ed elude le tasse a dispetto di imprenditori onesti, pensionati e lavoratori che le tasse le pagano". Nelle intenzioni di Forza Italia, ci sarebbe la volontà di eliminare il redditometro in maniera definitiva, sostituendolo con altri strumenti ritenuti più adatti per combattere l'evasione.

Cos'è il redditometro e perché fu sospeso da Conte

Il redditometro è uno strumento di accertamento sintetico che permette di individuare la capacità di spesa dei contribuenti. In pratica si associa il possesso di determinati beni a un livello minimo di reddito, sulla base di alcuni coefficienti: se si possiede una quantità di beni incongrua rispetto al reddito dichiarato, il Fisco chiede spiegazioni.

È una misura approvata la prima volta nel 1973, codificata in norma primaria dal governo Renzi nel 2015 e abrogata nel 2018 dal Conte I. Nel 2019, però, il meccanismo è rispuntato fuori: su richiesta della Corte dei Conti, al ministero dell'Economia è stato istituito un tavolo "per definire un nuovo decreto attuativo che rispetti la privacy e garantisca il contribuente". L'esito di questo tavolo è stato, alcuni anni dopo, appunto il decreto Leo.

In realtà il redditometro non era mai stato abrogato, tanto che per legge (DPR 600/1973, art. 38) gli accertamenti fiscali sono ancora legittimi. Semmai erano solo stati sospesi i criteri per il suo uso e la Corte dei Conti ne sollecitava di nuovi. Il decreto Leo mirava appunto a definire meglio i confini della possibilità per le Agenzia delle Entrate di intervenire.

Leo sul redditometro: "Il termine non porta bene, non parliamone più"

Lo stesso viceministro Leo, passata la bufera che aveva agitato la maggioranza, è voluto tornare sul tema redditometro, facendone una questione terminologica. "Il provvedimento da me firmato è tutto meno che il redditometro – ha dichiarato – chiamiamolo con un altro nome, perché questo porta presagi negativi, nefasti". Poi ha spiegato come il suo decreto intendesse fissare limiti e dare regole più garantiste ai contribuenti, e non il contrario, come invece è stato percepito dagli alleati di governo.

La sospensione voluta dal governo Conte, infatti, aveva creato un vuoto normativo da cui – sostiene Leo – "era scaturito un meccanismo di redditometro permanente e senza alcuna limitazione". Il viceministro ha poi detto di condividere la scelta di Meloni di sospendere momentaneamente il suo decreto, per prendere "una pausa di riflessione". Infine ha spiegato quale sia il suo vero obiettivo e cioè "non creare problemi ai contribuenti, ma combattere i grandi evasori, soprattutto quello che non sono visibili al fisco e che magari hanno macchine di grossa cilindrata e yacht".

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