Fondi russi, Salvini: “Savoini a Mosca? Non l’ho portato io. Non so perché ci fosse”
Chi ha invitato Savoini a Mosca nei giorni della visite del ministro dell'Interno Matteo Salvini del luglio e dell'ottobre 2018? Cosa ci faceva il presidente dell'Associazione Lombardia-Russia al tavolo dell'incontro tra Salvini e il suo omologo russo dello scorso anno? E perché era presente anche al ricevimento tenuto dal governo a Roma qualche giorno fa in onore del presidente russo Putin.
Crescono i dubbi sul ruolo di Gianluca Savoini, dopo la diffusione da parte del sito Usa Buzzfeed dell'audio dell'incontro tra l'ex portavoce di Matteo Salvini in un hotel di Mosca con alcune personalità russe in cui si sarebbe trattata la possibilità di un finanziamento dalla Russia verso la Lega attraverso la vendita di una partita di petrolio. La riunione è avvenuta nei giorni dell'ottobre 2018 in cui il leader della Lega si trovava in missione nella capitale russa.
Le foto ufficiali peraltro ritraggono Savoini seduto al tavolo con il ministro dell'Interno mentre incontra il suo omologo nel governo di Vladimir Putin anche durante una precedente visita di Salvini a Mosca, nel luglio dello stesso anno. E lo stesso Savoini in quei giorni aveva dichiarato di essersi recato a Mosca a seguito di Salvini.
In conferenza stampa al Viminale, Salvini nega però questa circostanza. "Savoini era invitato dal ministero dell'Interno? No. Non so cosa ci facesse alla riunione con il ministro dell'Interno russo, chiedetelo a lui", dice il leader leghista che alla richiesta se possa produrre i documenti ufficiali che confermino la sua versione, replica ironico: "Produrrò tutti i documenti delle persone che hanno viaggiato con me, persone sospette, dal passato oscuro".
Salvini definisce "ridicola" l'inchiesta aperta dalla procura di Milano sulla trattativa per il finanziamento al partito tra Savoini e i russi. "Non mi indigno per la trattativa, mi indigno per come sta trattando la vicenda la stampa italiana", dice. Il ministro però si rifiuta di dire se agirà per vie legali contro il suo ex portavoce, che secondo la sua versione avrebbe condotto il negoziato a sua insaputa, utilizzando quindi impropriamente il nome del Carroccio.