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Fondazione Open, il Senato vota a favore di Renzi e porta il caso davanti alla Consulta

Secondo la relazione votata dal Senato la procura avrebbe dovuto chiedere il parere favorevole dell’aula per inserire nel fascicolo a carico di Renzi chat Whatsapp e mail di quando era già senatore.
A cura di Giacomo Andreoli
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Il caso Open, che vede coinvolto con l'accusa di finanziamento illecito il leader di Italia Viva Matteo Renzi, si fa sempre più intricato. L'aula del Senato ha infatti approvato con 167 voti favorevoli, 76 contrari e nessun astenuto una relazione della Giunta delle immunità che chiama in causa la Corte costituzionale. Viene infatti sollevato un conflitto di attribuzione contro i magistrati di Firenze, che avrebbero inserito nel fascicolo dell'inchiesta chat Whatsapp e mail di quando Renzi era già stato eletto senatore. Quindi, secondo la relazione, trattandosi di corrispondenza avrebbero dovuto prima chiedere una formale autorizzazione a Palazzo Madama.

Il senatore di Italia Viva si è detto su Facebook molto soddisfatto. «Il Senato – ha detto- oggi si è espresso con una maggioranza schiacciante perché anche i Pm fiorentini rispettino la legge e la Costituzione. Una bella giornata».

A votare a favore è stata anche la Lega di Matteo Salvini. Secondo il senatore Emanuele Pellegrini «per esercitare degnamente la funzione legislativa va rispettata la Costituzione. Lo dobbiamo fare noi in primo luogo, ma anche tutti i poteri dello Stato. Va tutelata la libertà della magistratura, ma anche la libertà della politica: ci sono equilibri che vanno mantenuti». Quindi il chiarimento che non si tratta di un voto a favore di Renzi, ma «della libertà democratica di questo Paese».

D'accordo anche il Partito Democratico, mentre il Movimento 5 stelle ha votato contro, rimanendo sulla posizione degli ultimi mesi. Secondo il leader grillino Giuseppe Conte, si è trattato di un voto non contro Renzi, quale singolo senatore, «ma perché difendiamo valori e principi del M5s. Non ci sono requisiti per chiedere un conflitto di attribuzione».

Le accuse della procura di Firenze al "giglio magico"

La procura di Firenze ha chiuso le indagini per il caso Open lo scorso ottobre. Quindi all'inizio di questo mese è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio per diversi protagonisti della vicenda, con l'udienza preliminare che si terrà il prossimo 4 aprile.

Nel registro degli indagati ci sono undici persone. Oltre a Renzi anche due deputati del suo ex "giglio magico": Maria Elena Boschi e Luca Lotti. Quindi Alberto Bianchi (l'ex presidente della Fondazione) e Marco Carrai (imprenditore). Oltre a loro, l'avviso di conclusione delle indagini è stato inviato anche a quattro società. I reati ipotizzati sono: finanziamento illecito ai partiti, corruzione, riciclaggio e traffico di influenze. Per l'accusa gli esponenti politici coinvolti avrebbero ricevuto 3 milioni di mezzo di euro tra il 2014 e il 2018 per il sostentamento della propria attività politica.

Per l'accusa, quindi, la fondazione, attiva in quegli anni, operava come un partito, ma senza rispettare le norme sui finanziamenti a quest'ultimi. Open era nata sicuramente per sostenere alcune attività politiche tra cui la Leopolda e l'ascesa di Renzi da leader del PD a premier. Sotto la lente dei magistrati ci sono circa 7 milioni di euro raccolti. In particolare poi l'ex ministro Luca Lotti, secondo l'accusa, avrebbe favorito con interventi normativi alcune società finanziate da Open, come la Toto costruzioni e la British American Tobacco.

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