Fisco, il governo sposta le scadenze del concordato preventivo e pensa alla flat tax per chi aderisce
Il concordato preventivo biennale cambia ancora, per diventare più invitante: una scadenza più lunga, fino al 31 ottobre 2024 invece che fino al 15 ottobre, e una flat tax per il primo pagamento. Queste le mosse allo studio del governo Meloni, da inserire in un decreto atteso in Cdm la prossima settimana.
Il concordato preventivo è il meccanismo lanciato dal governo con la sua riforma fiscale, che permetterà a tutte le partite Iva aderenti di accettare una dichiarazione dei redditi preparata dall'Agenzia delle Entrate, pagare le relative imposte, e in cambio evitare controlli per due anni. Un modo per chiamare in causa (in modo non molto velato) anche chi normalmente non dichiara del tutto i propri redditi, per convincerlo ad accettare un compromesso e in cambio evitare verifiche da parte del Fisco. Il via al concordato è imminente: entro il 15 giugno dovrebbe essere pubblicato il software che permetterà di inviare i dati e aderire.
Ora, come detto, le regole già comunicate dovrebbero cambiare per attirare più contribuenti. Un decreto ‘correttivo' che modifichi alcune norme già varate dovrebbe arrivare al Consiglio dei ministri nei prossimi giorni, dopo le elezioni. Innanzitutto, si prevede uno slittamento della scadenza: normalmente i modelli Redditi e la compilazione delle pagelle fiscale (ma anche i modelli Irap) avrebbero dovuto essere presentati entro il 15 ottobre, ma per quest'anno la scadenza si sposterà al 31 ottobre 2024. Due settimane in più, quindi, per valutare ed eventualmente completare le procedure necessarie, facilitando i professionisti e i commercialisti.
L'altra misura, secondo quanto anticipato dal Sole 24 Ore, riguarda invece la somma da pagare. Infatti, l'anticipo da versare dovrebbe essere calcolato con una aliquota fissa, ovvero una flat tax, al posto dell'Irpef. Questa aliquota si dovrebbe applicare alla differenza tra il reddito dichiarato per il versamento del primo acconto (che va pagato entro il 31 luglio) e quello ‘proposto' dall'Agenzia delle Entrate per il concordato. La percentuale non è ancora decisa, ma dovrà rispettare un equilibrio delicato: da una parte, essere abbastanza alta da permettere allo Stato di avere degli incassi sostanziosi con la misura, dato che ci punta molto in vista della prossima legge di bilancio; dall'altra essere abbastanza bassa da attirare effettivamente i contribuenti.
Infatti, chi aderisce al concordato con tutta probabilità si vedrà un reddito ‘proposto' più alto degli ultimi che ha dichiarato. L'idea, d'altra parte, sulla carta è proprio quella di spingere anche chi non dichiara del tutto le proprie entrate a fare un compromesso, pagare leggermente di più ed evitare sanzioni. Quindi soprattutto per quelle partite Iva che hanno un voto basso nell'Isa, l'indice che misura la loro affidabilità fiscale, probabilmente con il concordato dovrebbero accettare di versare più tasse che in passato.
I tempi sono stretti: il decreto arriverà al Cdm per il primo esame, quello preliminare. Poi il testo dovrà passare alle commissioni parlamentari e tornare al governo per il via libera definitivo. Solo allora ci sarà la pubblicazione in Gazzetta ufficiale e l'entrata in vigore.