Fine della corsa: Silvio Berlusconi non si candiderà alle elezioni politiche del 2013. In fondo, nessuno aveva poi realmente creduto che il 76enne ex Presidente del Consiglio potesse risorgere dalle ceneri dopo un ventennio di presenza ininterrotta sulla scena politica. Per tante ragioni, tutte drammaticamente valide. In primo luogo, l'indubbia correità nell'aver portato il Paese sull'orlo del baratro. Difficile che chi ha governato per dieci degli ultimi 17 anni possa ritenersi non responsabile del disastro dei conti pubblici, della recessione in cui versa il Paese e soprattutto del degrado della moralità della classe politica ed istituzionale italiana. In secondo luogo, dato lo stato comatoso in cui versa il Popolo della Libertà, il "grande partito dei moderati italiani" che avrebbe dovuto rivoluzionare la politica italiana e che invece ha finito con l'essere un coacervo di personalismi e clientele, retto da "intoccabili eminenze grigie" ed incapace di "agire con decisione e forza" sulla società. E minimo sarebbe stato l'apporto del Berlusconi degli ultimi anni al rinnovamento di un soggetto "in queste condizioni". Meglio azzerare tutto e ripartire, forse.
Già, appunto ripartire. Ma da soggetti nuovi e con la mente libera da preoccupazioni di altra natura (guai giudiziari, amicizie scomode, responsabilità e correità). Senza dimenticare il terzo punto: la necessità di ricostruire il campo dei moderati, limitando uno tsunami elettorale che sembra ormai inevitabile. Lo avevamo detto qualche tempo fa, l'idea di tornare in campo nasceva in un quadro mutato, dopo una frattura forse non più ricomponibile:
Perché più che rassegnati ed in cerca di sogni, gli italiani sono incazzati ed in cerca di un nuovo nemico. Più che pronti a credere al primo profeta che promette cambiamenti epocali, gli italiani sono pronti ad ammirare chi svela (a ragione o a torto) il marcio delle istituzioni, la corruzione della politica. E se è pur vero che il linguaggio è in fondo sempre lo stesso, populismo e demagogia, superficialità e populismo, allo stesso tempo è evidente l'impossibilità di Berlusconi di presentarsi come il “nuovo che avanza”, il paladino della nuova politica capace di combattere ed annullare gli abusi della casta. Del resto, l'illusione del berlusconismo è durata per quasi vent'anni. Ora gli italiani sono pronti per un'altra illusione.
E il Berlusconi degli ultimi tempi, quello che si addormentava in pubblico per scatenarsi la sera nel chiuso di Arcore, quello delle smentite preventive e delle figuracce internazionali, quello delle mille reticenze e dei tanti compromessi, non aveva più nulla da dare né al Paese né al centrodestra. Il Berlusconi degli ultimi anni, pallida controfigura dell'uomo dei sogni, del grande comunicatore che costruì dal nulla Forza Italia ed il "governo del novantaquattro". E', o almeno dovrebbe essere la politica: i cicli finiscono e i quadri di riferimento cambiano. E il Cavaliere sembra essersi finalmente rassegnato, con un gesto che farà bene al Paese anche perché costringerà il centrosinistra a rinunciare alla sua "scusante suprema", ad uno dei pochi trait d'union fra anime diverse e forse inconciliabili. Lo fa con colpevole ritardo, forse mettendo da parte orgoglio ed ambizioni, forse con le solite garanzie. Ma, almeno questo, possiamo perdonarlo ad un politico che, nel bene o nel male, ha segnato un'epoca.