Finanziamenti pubblici ai partiti: così funziona nel resto del mondo
Finanziamento pubblico ai partiti sì o no? In questi giorni il tema è tornato d'attualità nel nostro Paese. Come noto, il Movimento 5 Stelle è da sempre contrario, ritenendolo un inutile spreco di denaro, mentre la linea del Partito Democratico è sempre stata favorevole a una regolamentazione rigida dei rimborsi elettorali, anche se ieri sera Matteo Renzi ha auspicato che anche il Pd si allineasse a Grillo, visti gli umori che circolano nel Paese. I cittadini favorevoli al finanziamento pubblico sono, di fatto, una "razza in estinzione" ma considerano la politica un diritto di tutti, anche di quei partiti che non possono godere di generose prebende private (ed è noto che sia Grillo che Berlusconi, entrambi favorevoli all'abolizione del finanziamento, non sono dei morti di fame). La schiera dei detrattori del finanziamento statale invece si infoltisce giorno dopo giorno nel clima di "odio della casta" montante. C'è chi è pronto a giurare che "i soldi ai partiti si danno solo in Italia". Ma è davvero così?
No, non è così, e a chiarire il funzionamento del finanziamento pubblico è una dettagliata ricerca dell'Institute for Democracy and Electoral Assistance (Idea). L'immagine in basso (fonte Idea) mostra chiaramente quale è la "tendenza" nel resto del pianeta: in verde gli stati che prevedono finanziamenti in relazione alle campagne elettorali (rimborsi), in arancione quelli che prevedono finanziamenti annuali, in rosa quelli che prevedono entrambi, in rosso quelli che non prevedono finanziamenti pubblici. In grigio i Paesi i cui dati non sono disponibili.
Come è evidente il finanziamento, o rimborso, ai partiti è nettamente maggioritario in tutto il mondo. I Paesi dove non viene applicato sono 60, tra i quali alcuni non brillano per funzionamento democratico: ad esempio Afghanistan, Botswana, Cambogia, Repubblica Centrafricana, Egitto, Ghana, Iran, Iraq, Libia, Nigeria, Pakistan, Sudan e Zambia. Ma è interessante notare che in Europa tutti i Paesi con una forte tradizione democratica prevedono una qualche forma di sostegno pubblico dei partiti politici, talvolta sia sotto forma di "rimborso spese" che di contributo fisso. La Francia è uno di questi: i nostri "cugini" prevedono un contributo annuale (circa 70 milioni di euro) calcolato in base ai voti ottenuti alle precedenti elezioni dell’Assemblea Nazionale; a ciò va aggiunto un rimborso, calcolato in proporzione ai rappresentanti di ogni partito eletti nelle due Camere (in genere, per ogni elezione nazionale, oscillano intorno ai 40 milioni di euro all’anno). Un meccanismo simile è previsto in Spagna, dove si sommano gli stanziamenti annuali dello Stato a rimborsi elettorali in base ai voti ottenuti alle elezioni precedenti, per un totale di circa 130 milioni all’anno di finanziamento pubblico ai partiti.
La Germania non prevede rimborsi, ma solo un finanziamento pubblico fisso ai partiti per un totale di circa 133 milioni di euro. Più complesso il funzionamento nel Regno Unito, dove lo Stato fornisce circa 2milioni di sterline a una decina di partiti, a cui vanno aggiunti i fondi della Camera dei Comuni che premiano i partiti all’opposizione (per esempio, il Partito Conservatore ha ricevuto circa 4 milioni e 700mila sterline per la “stagione politica” 2009-2010) e quelli della Camera dei Lord, destinati sempre ai partiti di opposizione (ma qui si arriva a un massimo di 500mila sterline all’anno per partito). Negli Stati Uniti il finanziamento pubblico è previsto solo durante le campagne elettorali per le elezioni presidenziali (anche per le primarie), ma sono piuttosto modesti e impongono ai candidati una scelta: o pochi spiccioli statali, o molti di più dai privati.
Questi sono i dati ufficiali e con questi bisognerebbe misurarsi, anche se l'esercito di "tifosi" della politica difficilmente sarà disposto a ragionare sulla base dei numeri.