Figli coppie gay, M5s presenta documento che può ribaltare il voto sul Certificato Ue
Il braccio di ferro sul Certificato europeo di filiazione, bocciato martedì in commissione Politiche dell'Unione europea al Senato, potrebbe vedere un secondo round. La maggioranza ha votato convintamente per il no alla proposta di regolamento Ue che consentirebbe il riconoscimento dei diritti di tutti i figli, indipendentemente da come sono stati concepiti o di chi siano i genitori, e l’adozione di un Certificato di filiazione che sarebbe valido in tutti i Paesi europei, anche dove, come in Italia (ma anche Polonia e Ungheria), i figli di coppie omogenitoriali non vengono riconosciuti automaticamente fin dalla nascita come figli di due mamme o di due papà.
La risoluzione di maggioranza, contraria alla proposta di regolamento e presentata dal relatore, Giulio Terzi di Fratelli d'Italia, è passata con 11 voti favorevoli e 7 contrari, nonostante tutte le opposizioni abbiano cercato di fare muro. Secondo la maggioranza il Certificato europeo di filiazione non rispetterebbe "i principi di sussidiarietà e di proporzionalità", cioè sarebbe un'intromissione delle istituzioni europee nella politica nazionale. E approvare la proposta di regolamento sdoganerebbe implicitamente la legittimità della maternità surrogata.
Ma non è finita qui: il parere, che è stato trasmesso al Consiglio Ue, contiene un errore, come è stato fatto notare dal Movimento Cinque Stelle, che potrebbe far riaprire la discussione e portare a un nuovo voto. I penstastellati hanno notato l'anomalia, su cui si fonda sostanzialmente il diniego e il ragionamento del centrodestra, e hanno depositato oggi pomeriggio un'osservazione scritta, a firma dei senatori Dolores Bevilacqua e Pietro Lorefice, e indirizzata al presidente della commissione Politiche europee di Palazzo Madama, Giulio Terzi.
In pratica in base alla risoluzione di maggioranza, il certificato verrebbe automaticamente trascritto nei registri italiani senza poter invocare la violazione dell'ordine pubblico, che invece scatta per la maternità surrogata (vietata in Italia). Questa interpretazione del regolamento però è sbagliata, e non si capisce se l'errore sia dovuto a malafede o a imperizia.
La Commissione potrebbe rispondere tra un paio di mesi ed evidenziare questo problema. A quel punto la partita si potrebbe riaprire.
L'errore nella risoluzione del centrodestra
Ecco il passaggio contestato nella risoluzione del centrodestra:
Nel testo della Risoluzione approvata si legge quanto segue “[…] il certificato europeo di filiazione ha efficacia probatoria in tutti gli Stati membri. Ai sensi dell'articolo 53, infatti, esso produce i suoi effetti in tutti gli Stati membri senza che sia necessario ricorrere a procedimenti particolari e costituisce titolo idoneo per l'iscrizione della filiazione nel pertinente registro di uno Stato membro, al pari delle citate decisione giudiziaria o atto pubblico di accertamento della filiazione. Tuttavia, a differenza di queste, non si riscontra alcuna disposizione nella proposta che consenta il diniego degli effetti del certificato europeo di filiazione mediante l'invocazione della clausola dell'ordine pubblico. Sembrerebbe esservi pertanto un'incongruenza interna al testo normativo che, qualora non sanata, impedirebbe di invocare il motivo dell'ordine pubblico al fine di negare il riconoscimento di un certificato europeo di filiazione qualora tale filiazione sia manifestamente contraria all'ordine pubblico. La proposta, pertanto, non rispetta i principi di sussidiarietà e di proporzionalità nella misura in cui consente di invocare il motivo dell'ordine pubblico solo caso per caso e in quanto non prevede di poterlo invocare per negare il riconoscimento del certificato europeo di filiazione. […]”.
Le osservazioni del M5s nel documento depositato
Nel documento i due senatori pentastellati specificano che il Certificato europeo di filiazione, "sebbene costituisca titolo idoneo per l'iscrizione della filiazione nel pertinente registro di uno Stato membro, non prevede l'iscrizione automatica", visto che è il regolamento stesso all'articolo 53 (fatto salvo quanto previsto dall’articolo 3, paragrafo 2, lettera i) a chiarire che lo stesso non si applica "ai requisiti legali relativi all'iscrizione della filiazione nel registro di uno Stato membro e agli effetti dell'iscrizione o della mancata iscrizione della filiazione nel registro di uno Stato membro".
Tradotto: l'iscrizione anagrafica continua a seguire i requisiti previsti dalla normativa di ogni singolo Stato membro, compreso insomma il divieto alla maternità surrogata.
"Sebbene, quindi – si legge ancora nelle osservazioni del M5s – non viene previsto un esplicito richiamo alla clausola dell’ordine pubblico relativamente al certificato europeo di filiazione, la sua efficacia viene di fatto limitata dalla normativa vigente nazionale relativa ai requisiti legali per l’iscrizione della filiazione nei pertinenti registri".