Sono tornato all'annuale Festa degli Alpini, questa volta a Udine, tre ore e mezzo d'auto da quella di Rimini del 2022.
Le dichiarazioni degli alpini che ho raccolto quest'anno a Udine sono la conferma di cui non avevamo bisogno: la maggioranza degli alpini rifiuta la differenza fra complimento e molestia, non la comprende neanche quando glielo si fa notare, e continua anche di fronte alla telecamera a usare linguaggi offensivi e ad accusare le donne di essersela andata a cercare perché "vestite in modo provocante"; oppure perché "in un contesto prevalentemente maschile dovrebbero sapere come funziona, e se non gradiscono non dovrebbero neanche andare in giro per la città durante la Festa degli Alpini".
La questione surreale è questa: prima affermano che "a Rimini non è successo niente" e subito dopo rivendicano "pacche sul culo" e "toccamenti vari", oltre all'utilizzo di un linguaggio sessista che cercano di far passare come complimento, come gridare "bel culo" a una ragazzina per strada. E' proprio l'esempio che in tanti mi fanno, guardandomi stupito: "In che senso non posso urlare bel culo a una che ha un bel culo?"
Attenzione: tutto questo viene rivendicato di fronte a una telecamera e a un giornalista (io) palesemente in disaccordo con quelle affermazioni. Non oso immaginare – ma in realtà basta pensare alle testimonianze delle ragazze che avevo raccolto lo scorso anno a Rimini per capire – cosa può accadere quando non si trovano di fronte a una telecamera e a un microfono.
Le dichiarazioni che ho raccolto alla Festa degli Alpini 2023 a Udine sono aberranti e contengono tutti i pregiudizi – ma proprio tutti – sulle donne. Tutti quei luoghi comuni e quelle fissazioni basata sull'ignoranza (e sull'incapacità relazionale) che si riscontrano in una parte dell'opinione pubblica quando una donna denuncia una violenza subita: viene incolpata la donna per come era vestita, oppure per il suo atteggiamento, oppure per non riuscire a capire (lei, non loro) che cosa sia un sano spirito goliardico. In altre parole: se non stai al gioco degli alpini, se non ridi quando cammini per strada e uno sconosciuto "ti tocca il sedere", allora sei "una femminista rompiscatole". Oppure come ha chiosato un altro: "Se le donne si comportassero bene, le molestie non esisterebbero".
Facciamo un passo indietro: lo scorso anno a Rimini raccolsi per la prima volta in video le testimonianze di ragazze – alcune anche minorenni – che raccontavano apprezzamenti non richiesti, frasi volgari e parole ingiuriose subite, fino a denunciare palpeggiamenti e mani infilate sotto le gonne mentre camminavano per strada: il tutto a opera di alpini.
Da sempre – e soprattutto negli ultimi anni – dai raduni alpini giungevano alle cronache racconti di prevaricazione sessuale, però mai le testimonianze erano apparse in video in modo così netto. Quel video che realizzai con Fanpage.it portò l'intero corpo degli Alpini, e in particolare l'ANA (Associazione Nazionale Alpini) a uno scossone e alla decisione (giusta ma tardiva), di intraprendere un percorso all'interno delle varie sezioni degli alpini, coordinati a livello nazionale, con lo scopo di spiegare a tutti (sì, ce n'era bisogno) cosa fosse una molestia, e in definitiva per evitare a Udine quello che era accaduto a Rimini.
L'operazione dell'ANA per un verso sembra aver funzionato: a Udine non sono venuto a conoscenza di nuove molestie, anche se ovviamente io sono una persona e loro erano in centomila. Chissà. Rispetto a Rimini il clima era comunque palesemente differente, di questo mi sono accorto semplicemente passeggiando per le vie del centro.
L'Associazione Nazionale Alpini, dunque, ha fatto un buon lavoro ma soltanto dal punto di vista di mettere in guardia gli alpini dai rischi di certi comportamenti, che (sembra) questa volta non abbiano praticato. E questo è ovviamente un bene, anche se dovrebbe semplicemente essere la base, la normalità. I risultati culturali ottenuti sono però prossimi allo zero, se (come potete vedere dal video di quest'anno) anche a Udine gli alpini continuano a giustificare (nel 2023!) le molestie e le violenze subite dalle ragazze con il loro comportamento provocante e il loro abbigliamento "parzialmente succinto", oppure "perché vestite di rosa e di nero", due colori evidentemente considerati troppo provocanti.
A proposito: la parola "provocazioni" riferita alle ragazze e alle donne l'ho sentita ripetere quasi a ogni intervista. Insieme all'accusa di essersi inventate le denunce per ottenere un "ricavo economico" (non sanno però chi avrebbe pagato e quanto), oppure per visibilità "da prima pagina".
Come ho sempre detto: sono tutti così gli alpini? No, ovviamente. Però la percentuale così elevata di chi ancora oggi la pensa come prima del suffragio universale esteso anche alle donne, rischia di essere indicativo non soltanto della presenza "di un gran numero di maschi in piazza", ma soprattutto della presenza "di un gran numero di molestatori all'interno del corpo degli alpini". Soprattutto quando l'associazione di riferimento, e il corpo militare, non prendono ufficialmente e immediatamente le distanze, magari iniziando da ora in poi (è una proposta) a ritirare cappelli e decorazioni a chi si macchia di affermazioni violente, e in questo nuovo video ne potete ascoltare tante: da coloro che non avrebbero voluto che le donne denunciassero, e quindi le avrebbe volute ridotte a vittime silenziose; passando per coloro che propongono addirittura una multa per chi ha denunciato le molestie, a colui che propone di "pestare forte" chi ha raccontato in video tutto questo (cioè io, giornalista di Fanpage.it).
Bello sarà quel giorno senza molestie né fisiche né verbali, un giorno che precederà di pochissimo – c'è da scommetterci – quello in cui i vertici degli alpini diranno "ciao, ciao" agli alpini indegni di fare parte di questo corpo, e ritireranno "cappello e penna" a chiunque si macchi di nefandezze, con i fatti o con le parole, all'interno del loro corpo. Altrimenti ci rimarrà soltanto da pensar male.