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FdI vuole cambiare il premierato, limite di due mandati e in caso di sfiducia si torna al voto

La riforma del premierato è in Senato, e Fratelli d’Italia ha stilato i suoi sette emendamenti da proporre: spunta un limite di due mandati per il presidente del Consiglio e non c’è più la norma ‘anti ribaltone’, tra le varie novità. I capigruppo della maggioranza oggi discuteranno una linea d’azione comune.
A cura di Luca Pons
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Il presidente del Consiglio sarà eletto direttamente, sì, ma con un limite massimo di due mandati consecutivi. E, se dovesse essere sfiduciato anche da una sola delle due camere, con la caduta del governo si tornerà a nuove elezioni: niente norma ‘anti ribaltone' con la possibilità di scegliere un sostituto, se non in casi particolari. Queste sono alcune delle novità che potrebbero modificare la riforma del premierato: Fratelli d'Italia ha completato il suo pacchetto di sette emendamenti per la riforma. Oggi, a Palazzo Madama, i capigruppo della maggioranza si riuniranno per cercare la quadra e concordare una linea condivisa.

La riforma del premierato, annunciata l'anno scorso, al momento si trova in Senato in mano alla commissione Affari costituzionali. È arrivato, quindi, il momento degli emendamenti parlamentari che possono cambiare molto il testo rispetto a quello approvato dal governo. Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia dovranno mettersi d'accordo sulle novità da approvare. Per il momento il partito di Giorgia Meloni ha dettato una linea su alcune modifiche che stando ai retroscena hanno lo scopo di ‘tranquillizzare' il presidente della Repubblica, da una parte, e prendere le distanze dagli alleati dall'altra.

Massimo due mandati consecutivi, poi si cambia premier

Il cambiamento più importante è il limite di mandati. Negli emendamenti, riportati da fonti di stampa, si legge che il presidente del Consiglio viene eletto "a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni, per non più di due legislature consecutive". Al massimo dieci anni di fila, dunque, e poi almeno una legislatura di ‘pausa' prima di poter eventualmente tornare a guidare il governo.

Il limite potrebbe alzarsi a tre mandati, ma solo "in caso di scioglimento anticipato delle Camere anteriormente all’ultimo anno di legislatura". Insomma, se si torna a votare dopo meno di quattro anni di legislatura, ci si può candidare una terza volta. Il massimo possibile, quindi, è di quattordici anni consecutivi alla guida del Paese. Secondo le interpretazioni attribuite da alcuni giornali a fonti di governo, sarebbe anche una norma mirata a scoraggiare la Lega e la sua battaglia per alzare il numero di mandati dei presidenti di Regione. Se il capo del governo ne può fare al massimo due, diventa più difficile chiedere che i governatori possano andare oltre.

Niente norma ‘anti ribaltone', con la sfiducia scattano nuove elezioni

La seconda novità di rilievo è che con questi emendamenti sparirebbe la norma ‘anti ribaltone‘, già criticata da Ignazio La Russa. Al momento, infatti, il testo della riforma prevede che se il presidente del Consiglio viene sfiduciato ne possa subentrare un altro, sempre scelto all'interno della maggioranza. In caso di nuova sfiducia, poi, si andrebbe a nuove elezioni. Questo renderebbe più ‘debole' il primo presidente del Consiglio, paradossalmente, perché potrebbe essere sfiduciato senza che il Parlamento venga sciolto e si torni alle urne.

L'emendamento di FdI, invece, reintroduce la norma detta del ‘simul stabunt, simul cadent', cioè a grandi linee ‘o staranno insieme, o cadranno insieme'. In caso di sfiducia, anche da parte di una sola camera, si tornerebbe a elezioni. Se invece il presidente del Consiglio dà le dimissioni volontariamente, oppure ha un impedimento grave per motivi di salute, il presidente della Repubblica potrebbe scegliere di affidare il governo a un nuovo parlamentare della maggioranza.

Più poteri per il presidente della Repubblica

Ci sono poi altri interventi. Ad esempio, un emendamento cancellerebbe dalla riforma il fatto che serva un premio di maggioranza del 55%. Molti costituzionalisti hanno criticato l'idea di inserire, direttamente nella Costituzione, un premio di maggioranza così specifico e alto. Al contrario, con gli emendamenti di FdI la riforma prevederebbe più  semplicemente "un premio, assegnato su base nazionale, che superata una soglia minima garantisca almeno la maggioranza assoluta in ciascuna delle due Camere e ai candidati collegati". Tutti i dettagli sarebbero poi stabiliti da una nuova legge elettorale.

E ancora, aumentano i poteri del presidente della Repubblica, che con questa riforma verrebbero comunque ridotti molto. Infatti, il potere di nomina dei ministri passerebbe dal presidente del Consiglio (come previsto dal premierato) al capo dello Stato (come avviene oggi). Non solo, ma il Quirinale avrebbe anche il potere di revocare i ministri, cosa che oggi la Costituzione non prevede in modo esplicito.

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