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Fase 2, la strategia del comitato di esperti del governo: ripartire dalle aree con meno fabbriche

La task force guidata dall’ex Ad di Vodafone Colao è al lavoro sul ‘dossier per la ripartenza’, e consegnerà una lista di suggerimenti e raccomandazioni al premier Conte entro il week end. Poi sarà il governo a decidere cosa succederà dopo il 3 maggio. Per la fase due si pensa a apposite applicazioni che sostituiranno le autocertificazioni cartacee, orari flessibili di lavoro, ricorso massiccio allo smart working, dove possibile.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il piano per la ripresa piena delle attività prende forma. Sarà certamente un periodo in cui dovremo convivere con il virus. La task force nominata dal governo è al lavoro per stilare un piano per la ripartenza, identificata con la fase due dell'emergenza coronavirus, che dovrebbe iniziare il prossimo 4 maggio, con la fine del lockdown in Italia.  Anche se il premier ha già detto che alcune attività potrebbero ripartire già la prossima settimana, come alcune attività legate al mondo della moda, e al settore dell'auto. Ma non sarà un ‘tana liberi tutti': è ormai certo che si procederà per fasce d'età, anche per tutelare i soggetti più deboli, cioè gli anziani (l'83,7% di chi si ammala ha più di 70 anni), che saranno gli ultimi ad avere il disco verde per uscire da casa.

Ieri il comitato di esperti, guidato da Vittorio Colao, si è riunito, per mettere a punto una strategia da suggerire al governo: l'idea è quella di basarsi sulla "densità produttiva" delle zone, ha spiegato il Corriere della Sera. Il dato, che in Italia è molto variabile, si riferisce al numero di fabbriche, imprese, e quindi di lavoratori, presenti in determinato territorio. Si dovrebbe partire quindi proprio dalle aree in cui la densità produttiva è più bassa, cioè dove si registra una minore concentrazione di fabbriche, imprese e lavoratori. Per evitare che con la ripresa della circolazione per strada non ci sia improvvisamente un affollamento, che potrebbe portare a nuovi contagi. Insomma, ragionano gli esperti, il distanziamento sociale, almeno 1,80 dicono molti scienziati, i dispositivi di protezione obbligatori, come già avviene in alcune regioni, come Piemonte, Veneto e Lombardia, e la riorganizzazione degli orari nelle aziende che non possono far lavorare i dipendenti in smart-working, con lo scaglionamento degli orari di ingresso e di uscita dalle fabbriche, potrebbero non essere strumenti sufficienti a limitare la diffusione del virus. E allora dal punto di vista sanitario è più sicuro far spostare il minor numero possibile di persone.

Uno dei primi step seguiti dalla task force per preparare il dossier sarà quello di raccogliere tutti i dati attualmente disponibili, da quelli epidemiologici fino allo studio che sta conducendo l'Inail sui livelli di rischio delle varie attività lavorative.

Dopo l'incontro di ieri, durato più di quattro ore, alla quale non ha partecipato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ne seguiranno altri, e entro il week end, il gruppo di lavoro dovrebbe presentare al governo la sua lista di suggerimenti e raccomandazioni. Quindi toccherà al presidente del Consiglio, anche sulla base dei pareri del comitato tecnico-scientifico, decidere come muoversi. Prima della riunione, i 17 esperti hanno sottoscritto un obbligo riservatezza che impedirà loro di fare qualsiasi dichiarazione pubblica.

Via l'autocertificazione: arriva la app

Una delle idee sul tavolo è quella di sostituire l’autocertificazione cartacea con un'app da scaricare sul telefonino. Nel dossier è confermata anche la proposta di prevedere un periodo di smart working obbligatorio nelle sedi al di sopra di un certo numero di dipendenti, ma non si conosce ancora la soglia. Per quanto riguarda gli uffici più piccoli, sempre nella prima fase della riapertura, l'obbligo di tele-lavoro non ci sarebbe, ma davanti a una richiesta esplicita del lavoratore l'azienda non potrebbe opporsi, se il tipo di lavoro è compatibile con la modalità ‘da remoto'.

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