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Faraone a Fanpage: “Terzo polo? Basta polemiche, obiettivo è costruire un centro popolare e riformista”

Il punto non sono i gruppi parlamentari, ma se si pensa ad una prospettiva politica comune. Lo dice il deputato di Italia Viva Davide Faraone in un’intervista con Fanpage.it: “Se è si, si sta insieme e ci si prepara alle elezioni europee, se è no, ognuno va per la sua strada, serenamente, senza tirarsi addosso piatti ed insulti”, aggiunge. Per poi dire la sua su salario minimo e sulla tassa agli extraprofitti bancari.
A cura di Annalisa Girardi
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Il Terzo Polo sembra a un passo dalla rottura definitiva, cioè quella che riguarda i gruppi parlamentari. Almeno secondo quanto dice il leader di Azione Carlo Calenda. Abbiamo fatto il punto della situazione con il deputato di Italia Viva Davide Faraone, approfondendo anche la posizione dei renziani su alcuni temi, dal salario minimo alla nuova tassa sugli extraprofitti bancari.

Calenda ha detto che ormai Azione e Italia Viva sono completamente divisi e la separazione dei gruppi dipende da Renzi, in quanto sul simbolo con cui vi siete presentati alle elezioni c’è il suo nome. È così?

Io credo che questa storia stia diventando un po’ ridicola e giuro mi dà pure fastidio parlarne in questi termini. Trasformare un percorso politico nella serie di “Casa Vianello”, non fa bene a nessuno, nemmeno a Calenda. La domanda a cui va data una risposta non è se si sta negli stessi gruppi parlamentari, ma se si pensa ad una prospettiva politica comune. Se è si, si sta insieme e ci si prepara alle elezioni europee, se è no, ognuno va per la sua strada, serenamente, senza tirarsi addosso piatti ed insulti.

Qual è l’obiettivo per le prossime elezioni europee? Entrambi fate riferimento a Renew Europe…

Io so qual è il nostro obiettivo: costruire una forza di centro, popolare e riformista nel Paese. Una forza che aggreghi tutto ciò che adesso è parcellizzato, che offra un progetto politico agli elettori. Da Forza Italia di Berlusconi al Pd guidato da Matteo Renzi, una forza così è sempre stata maggioritaria e ha guidato i processi, non li ha subiti. Ma bisogna essere inclusivi ed umili per aggregare e bisogna partire dal basso, senza logiche alla Marchese del Grillo.

Voi non avete sottoscritto la proposta di legge unitaria delle altre opposizioni sul salario minimo. Ci spiega allora qual è la vostra posizione a riguardo?

Abbiamo proposto per primi il salario minimo in Italia, quando ancora la Cgil minacciava di incatenarsi se soltanto ci avessimo pensato, ma mai ci saremmo sognati di aumentare le tasse ai cittadini per finanziarlo e trasformarlo in “salario minimo di Stato”. E poi la soglia mi piacerebbe la stabilisse una commissione tecnica e non il “mercato della politica” del chi offre di più.

Meloni suggerisce di coinvolgere il Cnel per arrivare a una proposta condivisa contro il lavoro povero: in tal caso ci sarete?

Noi porteremo in Parlamento le nostre proposte, con l’inflazione che corre e i mutui più cari, i salari sono diventati in gran parte “minimi” in questo Paese. Mentre negli altri Paesi europei, negli anni sono cresciuti, qui sono rimasti fermi e adesso abbiamo tutta in una volta un grosso gap da recuperare. Vanno detassate le aziende che garantiscono la partecipazione agli utili per i lavoratori, la loro partecipazione alla gestione e che riducono il gap tra quanto percepisce un top manager e quanto percepisce un operaio, negli anni ‘60 il rapporto era 1 a 12, adesso 1 a 649.

Avete criticato la nuova tassa sugli extra profitti delle banche, perché secondo voi non è una giusta misura?

Il Governo ha sbagliato, la concertazione con il nostro sistema bancario e la cautela verso gli investitori internazionali, quelli che investono nelle nostre banche e finanziano grossa parte del nostro debito pubblico, avrebbero dovuto rappresentare la bussola per una guida seria del Paese e non è stato così. Questa azione è stata una rappresaglia, non una scelta politica equilibrata e per questo ha fatto bruciare miliardi di euro in borsa e aumentare lo spread.

Inoltre hanno fatto passare l’idea tra le imprese che lo stato può intervenire quando vuole, anche retroattivamente e appropriarsi dei loro profitti. Naturalmente le banche non sono immuni da responsabilità: la celerità con cui hanno adeguato i tassi fatti pagare per il credito alle famiglie e le imprese alle decisioni della Bce, è inversamente proporzionale al ritorno verso l’alto dei rendimenti dei conti correnti base che sono rimasti a zero. Questi comportamenti scatenano i peggiori istinti populisti, che andrebbero prevenuti invece di fischiettare finché non arriva il dannoso provvedimento spot del Governo populista, spalleggiato dall’opposizione populista che non aspettano altro.

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