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Fabrizio Barca, quello che parlava difficile

Ospite dell’Annunziata, indiziato come futuro rappresentante del Pd, il ministro del governo tecnico è stato già stato messo contro alle ambizioni di Renzi ed è divenuto il prossimo “che Berlusconi distruggerà”. Il motivo? La casalinga di Voghera non lo capirebbe.
A cura di Andrea Parrella
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Non che non fosse già preventivabile, accade questa volta come nelle occasioni precedenti. Quando la sinistra dà segni di cedimento sotto il peso della presunta inadeguatezza a raccogliere il ruolo di potere che gli spetta, si cominciano a fare nomi nuovi. Il nome nuovo ci sarebbe già e non c'è bisogno di nominarlo, ha presenziato vestito di un giubbotto di pelle in un "varietà" del sabato sera. Ma come per magia, quando pure questa nomination era preventivabile, oggi, è spuntato vigorosamente il nome di Fabrizio Barca, già ministro del governo tecnico, figlio di Luciano, storico leader del Pci. Era da quando rilasciava dichiarazioni ancor prima delle elezioni che si intuiva l'elettiva affinità con il partito. Alcuni, già a febbraio lo vedevano seduto sullo scranno della segreteria.

Oggi ha partecipato ad un'intervista a In 1/2 ora da Lucia Annunziata e, immediatamente, si è sprigionato un animoso vociare di dissenso nei confronti della sua figura. Su Twitter, chiaramente assurto ad ufficiale mezzo per comprendere la pancia del paese (a Napoli si direbbe, per denotare la resistenza al disgusto di una persona "Che stomaco!"), Barca ha immediatamente assunto il ruolo di quello che provocherà, senza soluzioni alternative, l'ennesima sconfitta della sinistra, solo uno dei tanti leader distrutti da Berlusconi. Il dualismo col sindaco di Firenze è già cominciato e altrettanto vale per il disfattismo nei suoi riguardi; tutto questo, solo perché la maggior parte delle persone si è fatta di lui l'impressione che sia uno che "parla difficile", dunque in netta antitesi con Renzi Zucco.

Molto serenamente, Fabrizio Barca ha detto in trasmissione, sinteticamente, che una posizione leaderistica non gli interessi, ma che vorrebbe far parte dell'organigramma di partito. E' chiaro si renda conto da solo quanto il problema del Pd non sia la mancanza di personalità in chi lo rappresenti, ma quell'atavico problema delle posizioni contrastanti di chi anima la base. In questo Barca e Renzi concordano, con la differenza che il secondo, pur di avere su di sé i riflettori (non è un'accusa, ma una constatazione), oltre a difendere Galliani da un'aggressione allo stadio (gli costerà parecchi voti averlo fatto), propone soluzioni sulla scorta della formula "guardare il dito e non la luna": cambiamo la classe dirigente del partito, non riformiamone il funzionamento, eliminiamo il finanziamento ai partiti, non regoliamone l'utilizzo.

Barca è giustamente moderato, si mantiene su posizioni coscienziose e apparentemente disintossicate da palesi conflitti di interesse nel cercare posizioni di comando(attenzione, si è detto apparentemente). Non ha ambizioni di potere e, se pure ce le avesse, lo si sta già condannando con una sentenza che, in Italia, avrebbe creato problemi ad ogni Platone e degni eredi: questo qua parla troppo difficile.

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