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Expo 2015 chiude. E per l’Italia è stata solo file e figuracce

Di cosa dovremmo essere orgogliosi? Delle mazzette? Delle opere incompiute, delle proteste, dei soldi spesi per abbellire qualcosa di inutile? Chi ci chiama gufi o rosiconi dimentica che nei giorni in cui celebravamo la chiusura di Expo, Messina era senz’acqua. Manco fossimo nel Dopoguerra.
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L'Expo 2015 di Milano chiude i battenti e se pensate che è stato un gran successo italiano, allora permettetemi qualche flash per rinfrescarvi la memoria. Ricordo le inchieste e gli arresti per le mazzette sulle grandi opere (infrastrutture, vie d'acqua); ricordo la corsa – fallita – a completare la faraonica Esposizione. Ricordo il flop sicurezza; le proteste represse con violenza; ricordo il fiume di denaro speso dal nostro Paese per finanziare l'evento.

E ancora: ricordo i biglietti Expo (s)venduti da chiunque: cliente di banca? Ti regalo Expo; cliente Coop? Ti regalo Expo; iscritto al partito? Ti regalo Expo. Chissà se sapremo mai le cifre vere dell'afflusso. Cosa? Avremmo dovuto emozionarci davanti alla fila di gente che aspettava d'entrare al padiglione del Giappone? Allora se permettete mi emoziono pure alle fine per i concerti di Anna Tatangelo o Il Volo: ma che ragionamento è?

Non stupisce, invece, che il premier Matteo Renzi per mesi e mesi abbia giocato a fare lo scout nervoso apostrofando come ‘gufi' e ‘rosiconi' coloro che si erano permessi di contestare l'Inguaribile Ottimista di Palazzo Chigi e l'Expo-Verbo, costruito a forza di campagne marketing più o meno palesi, di influencer acquistati un-tanto-al-tweet, di giornali entusiasti al grido di "Tutto va bene, madama la marchesa" : del resto il principale contributo all'Editoria degli ultimi 2 anni è stato quello della pubblicità istituzionale pro Esposizione.

Dunque addio Expo, non ci mancherai e speriamo di non incontrarti più. Se una cosa ha insegnato, all'Italia e non solo, questa via Crucis con tanto di Golgota camuffato da Albero della Vita è che probabilmente eventi monster come questo non solo non servono più ma non aiutano la crescita di un Paese dalle troppe differenze fra nord e Sud. Non dimentichiamo che mentre qualcuno applaudiva commosso alla chiusura del sipario sull'Expo di Milano, a Messina, dall'altra parte dello Stivale, si ‘festeggiava' il sesto giorno senza acqua potabile, manco fossimo nel Dopoguerra. Se questo vi sembra un Paese.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. È autore del libro "Se potessi, ti regalerei Napoli" (Rizzoli). Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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