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Ex Ilva, annullata la sentenza del processo ‘Ambiente svenduto’: ricomincerà daccapo a Potenza

La Corte d’appello di Lecce ha annullato la sentenza di primo grado del processo ‘Ambiente Svenduto’ sui presunti disastri ambientali causati dall’ex Ilva durante la gestione della famiglia Riva. Ora il procedimento ripartirà a Potenza, ma le associazioni ambientaliste avvertono: “Così si rischia la prescrizione di alcuni reati”.
A cura di Giulia Casula
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La Corte d'appello di Lecce ha annullato la sentenza di primo grado del processo ‘Ambiente Svenduto' sui presunti disastri ambientali causati dall'ex Ilva negli anni in cui lo stabilimento era gestito dalla famiglia Riva. Ora il procedimento ricomincerà daccapo non più a Taranto, ma a Potenza.

La decisione è arrivata questa mattina dopo che la sezione distaccata di Taranto ha accolto la richiesta della difesa di trasferire il procedimento in Basilicata in quanto i giudici tarantini, che hanno emesso la sentenza di primo grado, sarebbero anch'essi da ritenere ‘parti offese' nell'ambito del processo.

Così il procedimento a carico di 37 imputati e 3 società, che si era concluso con una prima condanna per diverse figure tra cui proprietari, dirigenti e anche l'ex governatore Nichi Vendola, dovrà ripartire da zero nel capoluogo lucano.

In totale erano state 26 le condanne per circa 270 anni di carcere: tre anni di reclusione per Vendola, 22 anni per Fabio Riva e 20 per il fratello, entrambi ex proprietari e amministratori dello stabilimento e 21 per l'allora direttore Luigi Capograsso. La Corte d'Assise aveva stabilito altresì la confisca degli impianti dell'area a caldo e la confisca di circa 2 miliardi per equivalente dell'illecito profitto nei confronti delle tre società Ilva spa, Riva fire e Riva forni elettrici.

Contro la linea assunta dal pool della difesa, i pm hanno obiettato richiamando una sentenza della Cassazione che stabilisce  chi può considerarsi ‘parte' in un processo, e cioè solamente chi decide di attivare un'azione di diritto. Nei fatti nessuno dei giudici tarantini ha preso parte al procedimento e dunque, secondo i pm, non c'è ragione per cui gli atti dovrebbero passare a Potenza.

Secondo alcuni, il trasferimento, e con esso un nuovo processo, potrebbe rischiare di far prescrivere alcuni reati per via dei tempi troppo lunghi. "Lo spostamento comporta l'annullamento del processo di primo grado e questo significherebbe un allungamento dei tempi della giustizia e un rischio concreto di prescrizione per reati gravissimi come la concussione e, probabilmente, l'omicidio colposo. Lo spettro dell'impunità incombe sul processo ‘Ambiente Svenduto'", ha dichiarato uno degli esponenti dell'associazione ambientalista Peacelink.

"Ricordiamo che i pubblici ministeri, nel corso delle udienze, si sono espressi in modo chiaro e deciso contro il trasferimento del processo, sottolineando l'infondatezza delle eccezioni delle difese degli imputati. La lotta contro l'inquinamento dell'Ilva prosegue comunque continueremo a garantire la nostra presenza in tutte le iniziative utili a proteggere la popolazione. Saremo sempre dalla parte delle vittime in quella che l'Onu ha definito ‘Zona di Sacrificio'", ha concluso.

Per Luciano Manna, di Veraleaks, "è clamoroso quello che è successo oggi a Taranto e fa sinceramente paura. La sentenza del processo ‘Ambiente Svenduto' che ha giudicato la gestione Riva della fabbrica Ilva con 26 condanne, è stata totalmente azzerata ma non solo, il processo ripartirà da zero a Potenza con le conseguenti prescrizioni dei reati dietro l'angolo visti gli anni già trascorsi. Dal 2008, anno in cui partirono le indagini al 2021, anno della pronuncia della sentenza, abbiamo impegnato buona parte della nostra vita per difendere i nostri diritti e per fare giustizia nei confronti di chi ha perpetrato un disastro ambientale acclarato", ha proseguito, ricordando di "aver testimoniato nel processo ‘Ambiente Svenduto' svelando i trucchi che avvenivano nel laboratorio della fabbrica con le modifiche e gli aggiustamenti dei risultati dei campionamenti svolti sugli impianti inquinanti".

Il deputato di Avs, Angelo Bonelli, si è detto esterrefatto per la decisione della Corte d'Appello di annullare la sentenza di primo grado. "L'inquinamento è stata un'invenzione? Morti e malattie non hanno responsabilità? Questa non è giustizia. Con questa decisione, su Taranto si infligge l'ennesima ferita dopo il disastro sanitario", ha commentato. "I dati parlano chiaro. A Taranto, nel corso degli anni, è stato immesso in atmosfera il 93% della diossina prodotta in Italia, insieme al 67% del piombo, secondo quanto riportato dal registro Ines dell'ISPRA, successivamente diventato E-PRTR. Questa situazione ambientale drammatica spinse, il 4 marzo 2010, l'autorità sanitaria a vietare il pascolo entro un raggio di 20 km dal polo siderurgico. Siamo di fronte a uno dei disastri sanitari e ambientali più gravi della storia italiana ed europea, che ha causato troppe vittime, soprattutto tra i bambini", ha aggiunto.

"L'indagine epidemiologica dell'Istituto Superiore di Sanità lo conferma in maniera inequivocabile. Oggi  questa sentenza che annulla quanto stabilito in primo grado non rappresenta un atto di giustizia, ma una ferita inferta a chi ha già pagato un prezzo altissimo con la propria salute e con la propria vita", ha concluso Bonelli.

Intanto il Codacons ha fatto sapere che presenterà un esposto per "incompetenza contro i giudici che hanno emesso la sentenza annullata dalla Corte, affinché siano accertate le relative responsabilità nella vicenda giudiziaria".

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