Una "stilettata al cuore". Così Mina Welby ha definito la decisione della Corte Costituzionale che ieri ha dichiarato inammissibile il referendum sull'eutanasia legale, perché non tutelerebbe la vita.
Le sentenze non si discutono, ma non si può fare a meno di notare che il pronunciamento della Consulta rappresenta l'ennesima occasione persa per ascoltare la volontà popolare su un tema fortemente sentito, che ha avuto e avrà un impatto concreto sulla vita di tutti.
Nonostante la grande partecipazione registrata non si potrà votare in primavera. Ma un milione e 220mila firme raccolte a favore del referendum – bocciato nonostante l'appello lanciato dal neoeletto Presidente della Corte Costituzionale, che aveva chiesto ai giudici di "non cercare il pelo nell'uovo" per permettere ai cittadini di esprimersi – non possono essere semplicemente cestinate. A meno che non si voglia allargare ulteriormente il solco che si è creato tra elettori e classe politica.
La stroncatura del quesito referendario, che proponeva l'abrogazione parziale dell'articolo 579 del codice penale che punisce l'omicidio del consenziente, è stata seguita dalla notizia della ripresa dell'esame della proposta di legge sul fine vita che è arrivata nell'Aula della Camera: domani si inizieranno a votare gli emendamenti al provvedimento. Ma stiamo parlando di un testo che così come è rappresenta già un passo indietro rispetto a quanto ha dichiarato la stessa Corte Costituzionale nel 2019 sul caso della morte di Fabiano Antoniani, indicando le condizioni di non punibilità dell'aiuto al suicidio assistito, e chiedendo ancora una volta uno scatto al Parlamento per colmare il vuoto normativo sulla materia. La legge parte più che in salita, e se non si supera il gioco dei veti incrociati dei partiti rischia di essere ulteriormente annacquata.
Perché ci sono poche chance di avere una legge in questa legislatura
La maggioranza resta spaccata sul testo: nonostante un primo sì nelle commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera sia arrivato da tutto il centrosinistra, il centrodestra, compreso Fdi, resta contrario. Il rischio è che in Aula tutto si blocchi così come è già accaduto per il ddl Zan, quando è stato votato il non passaggio agli articoli, a scrutinio segreto (in quel caso all'ultimo sono venuti meno i voti dei renziani). Nella più rosea delle ipotesi potrebbe ripetersi quanto accadde con il Testamento biologico, quando proprio grazie al voto segreto alcuni deputati di Forza Italia votarono a favore del testo. In ogni caso di certezze di concludere l'iter entro questa legislatura, e di far approvare una buona legge, migliorando gli aspetti più controversi già sottolineati dall'Associazione Luca Coscioni – correggendo per esempio la discriminazione tra malati, eliminando l'elenco dei medici obiettori di coscienza e cancellando l'obbligo di ricorrere alle cure palliative e poi di rinunciarvi per poter richiedere il suicidio assistito – ce ne sono davvero poche.
I due principali partiti di centrosinistra, Pd e M5s, hanno reagito allo stop della Corte Costituzionale rinnovando l'impegno a dare priorità alla questione, con un'improvvisa sollecitudine, che lascia un po' spiazzati. Conte ha detto che "non possiamo gettare al vento le firme e la partecipazione dei cittadini. È un'imperativo del Parlamento dare una risposta subito a tutela della dignità di tante persone che soffrono". E Letta, quasi in contemporanea: "La bocciatura da parte della Corte Costituzionale del referendum sull’eutanasia legale deve ora spingere il Parlamento ad approvare la legge sul suicidio assistito, secondo le indicazioni della Corte stessa". In pratica sembra che entrambi si siano svegliati da un lungo letargo.
Purtroppo non possiamo sentirci in una botte di ferro, per almeno due ragioni. Intanto l'eutanasia legale non è compresa nel ddl sul suicido medicalmente assistito in esame alla Camera: la prima richiede infatti l'intervento di un medico che somministra il farmaco, spesso attraverso un'iniezione endovenosa; mentre il suicidio assistito prevede la possibilità per il malato di autosomministrarsi la sostanza letale per darsi la morte. Lo scopo del referendum era quello di legalizzare in Italia proprio l'eutanasia: non aver dato la parola ai cittadini su questo punto è già una sconfitta, e difficilmente la legge approdata in Aula potrà essere risolutiva per tanti malati.
La migliore risposta della politica ai cittadini che hanno firmato a favore del referendum sull'eutanasia sarebbe ora proprio velocizzare il confronto, prima alla Camera e poi al Senato, per approvare una legge sul fine vita completa ed equilibrata. Il problema è che però in Parlamento siedono le stesse persone che nella migliore delle ipotesi hanno latitato durante la campagna referendaria promossa dall'Associazione Coscioni, senza prendere posizione, e sono rimaste a guardare, ignorando in questi anni i richiami della Corte Costituzionale, invece di dare seguito alla crescente richiesta da parte della società.
Lo scontro a cui assisteremo nei prossimi mesi purtroppo ha un finale quasi scontato: la proposta di legge sul fine vita, che già parte debole, rischia di essere ulteriormente mutilata, inghiottita dalla retorica dei partiti, che in modo spudorato ci stanno rifilando le solite bugie di facciata.