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Opinioni

Eutanasia legale: non vogliono farci decidere neanche come morire

In Italia non puoi decidere quando smettere di soffrire, a meno che tu non sia benestante e allora puoi andare all’estero.
A cura di Saverio Tommasi
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Foto Fabio Cimaglia / LaPresse
Foto Fabio Cimaglia / LaPresse

Questa volta avremmo vinto.

Non si erano mai viste 1.240.000 persone che firmano per un referendum. Ognuno di noi se ne è potuto accorgere semplicemente parlando con altre persone in questi mesi: l'idea di costringere una persona a sopravvivere nonostante la sua volontà, nel Paese è un'idea minoritaria.

Alle idee però non è sufficiente essere maggioritarie per diventare legge e pratica. Così avvenne con il referendum per la ripubblicizzazione dell'acqua: si svolse, fu stravinto e poi il Parlamento non dette mai seguito a quella indicazione. Perché – ricordiamolo – neanche vincere un referendum è condizione sufficiente per cambiare una legge nella direzione referendaria, figuratevi poi non poterlo neanche svolgere perché la Corte Costituzionale lo giudica inammissibile. E' la scusa perfetta per ogni Parlamento proteggersi dietro le decisioni dei giudici costituzionali, e ancora di più per il nostro, risultato di accordicchi e crocicchi.

Alcuni scienziati ritengono che diverse specie animali siano in grado di scegliere il suicidio. Altri scienziati ritengono invece che sia una caratteristica umana che noi attribuiamo a qualcosa che non è umano.
Storie ne sono state raccontate molte: cani, elefanti, tarsi (un tipo di primate che si trova nelle Filippine). Quando la sofferenza diventa troppa, sbattono la testa contro la gabbia fino a morire. Oppure i cani quando smettono di mangiare, o i delfini che smettono consapevolmente di respirare.
Noi rispetto agli altri animali abbiamo una Costituzione, un Parlamento, delle leggi e un arbitrio più evoluto. Non abbastanza, però, da permetterci di decidere cosa fare della nostra vita nel caso ci trovassimo in una condizione fisica per cui non potremmo più decidere fisicamente per noi stessi.

Ora la strada è quella che ha indicato Marco Cappato: disobbedienza civile e ricorsi, con la consapevolezza che qualcosa prima o poi cambierà. Una volta che il vento soffia, possono erigere un muro e nascondersi dietro, ma l'aria passerà sopra, sotto, ai lati, fino a che il vento butterà giù anche quel muro eretto da persone che provano malessere rispetto alle decisioni libere delle altre persone.

Nel frattempo chi è fisicamente in grado di suicidarsi senza assistenza potrà continuare a farlo, mentre coloro a cui la natura ha tolto anche la facoltà dell'ultima mossa, dovranno affidarsi alla misericordia illegale di un parente o di un amico, che dovrà farsi carico non soltanto del dolore dell'ultimo saluto, ma anche delle possibili conseguenze legali.

Eppure cosa c'è di più umano che alleviare le sofferenze a chi ti è prossimo, e ti chiede – ti supplica – di farlo?
Chi ama la vita, sceglie di poterla gestire. Chi ti è amico, non si sottrae. Però in questo modo la legge risulta un deterrente, una catena lucchettata sopra lo scrigno delle libere decisioni.

Oggi l'eutanasia è appannaggio di chi ha intorno persone che si prendono una responsabilità violando la legge, oppure di chi – con abbastanza soldi per poterlo fare – decide di intraprendere un viaggio in un Paese dove alle persone è concesso di poter decidere rispetto alla propria vita come sulla propria morte.

In Italia non siamo liberi di decidere come morire, e neanche di votare il referendum sul fine vita.

Avevamo in squadra Baggio, Ronaldo e Messi, tutti insieme, ma non ci hanno fatto giocare perché il cancello all'ingresso non era del colore dei regolamenti, secondo la loro interpretazione del regolamento sul colore dei cancelli negli stadi.

Giocheremo allora un'altra partita, da un'altra parte, e vinceremo.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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