Europee, Evi (Pd): “La destra non vuole alcuna transizione ecologica, vuole mantenere lo status quo”
Eletta per due volte al Parlamento europeo con il M5s, questa volta Eleonora Evi – che a dicembre ha lasciato Europa Verde in polemica con i vertici– corre con il Partito Democratico, settima in lista nella circoscrizione Nord Ovest, dopo essersi iscritta un mese fa al gruppo parlamentare del Pd alla Camera. Ha dichiarato: "Sogno un'Europa ecologista, femminista ed antispecista, che possa essere inclusiva, accogliente, casa di diritti per tutte e tutti. Per guarire l’odio, abbattere i muri, cancellare i fascismi".
Lei è stata già europarlamentare, eletta nel 2014 e riconfermata nel 2019. Come pensa dovrebbe cambiare l’Europa, per guardare al futuro?
Queste elezioni sono cruciali proprio perché si deciderà il destino dell'Europa. Si testerà la capacità dell'Ue di affrontare le sfide globali che abbiamo davanti, dalla crisi climatica alle crisi sociali, le diseguaglianze in aumento e il ritorno delle guerre. La prima cosa da fare è raccogliere l'eredità della Conferenza sul futuro dell'Europa e mettere mano ai Trattati istitutivi, per proseguire sul processo di integrazione. È evidente a tutti che l'Ue come è oggi e come la vogliono le destre è inefficace e incapace di affrontare le sfide del nostro tempo. Serve un'Europa più coesa, che superi il diritto di veto al Consiglio, allarghi le sue competenze, e che in politica estera parli con una sola voce, forte e autorevole, per lavorare per la pace.
Se vincesse l’ultradestra pensa possa esserci un passo indietro rispetto al Green Deal? Quali dovrebbero essere i prossimi step?
La sfida più grande è proprio quella di proseguire il lavoro iniziato con il Green Deal, che ha subito molti rallentamenti, soprattutto nell'ultima fase. La priorità è riuscire a portarlo avanti, rendendolo ancora più coraggioso e ambizioso. Se vincesse la destra sicuramente ci sarebbero passi indietro, e lo stanno dimostrando con una narrazione piena di bugie e falsità, per esempio sul divieto di vendita e produzione del motore a scoppio, dal 2035, e sulla direttiva Case green. La destra dice di volere un mondo pulito, ma allo stesso tempo dice di voler attuare una transizione ecologica "nei tempi giusti". Ma di fatto è una transizione ecologica che non inizia mai, è solo un modo per rimanere fermi e difendere lo status quo. C'è una mole di dati scientifici che invece ci dice che abbiamo bisogno di muoverci.
Gli attivisti di Ultima Generazione hanno scritto la parola ‘Help' all’ingresso del Parlamento europeo. Come dovrebbe rispondere l’Europa a queste istanze?
Oggi è importante aggiornare il quadri di riferimento con cui cerchiamo di affrontare la crisi climatica, che è la legge europea sul clima, che fissa nel 2050 la neutralità climatica, con l'obiettivo intermedio di ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Queste soglie vanno incrementate, bisogna ridurre di più le emissioni nel 2030, se vogliamo seguire le raccomandazioni scientifiche: stando ai calcoli, per contribuire a mantenere l'aumento della temperatura sotto il grado e mezzo, bisogna ridurre le emissioni almeno del 65%. L'altra cosa che non può mancare, e che invece è stata trascurata, è affrontare il tema delle emissioni di gas serra nel settore dell'agricoltura, e mettere mano alla Pac, che scade nel 2027. Agli agricoltori che hanno partecipato alle proteste dei trattori in questi mesi voglio dire che proprio la conversione ecologica può mettere al sicuro il settore rispetto agli stravolgimenti climatici, e ci potrà permettere di produrre cibo sano. Cosa che oggi non avviene, vista la presenza degli allevamenti intensivi, che non possiamo più ignorare.
Il governo italiano ha invece varato una stretta contro gli attivisti, dimostrando di non capire le preoccupazioni dei giovani per il clima. Pensa che ci sia qualcosa che l’Italia possa fare da sola contro il cambiamento climatico?
Certamente l'Italia può e deve fare la sua parte. Ma nella situazione attuale guardo all'Europa con speranza, visto che il nostro Paese sta facendo solo passi indietro, non solo sulle fonti fossili. L'azione di questo governo va nella direzione sbagliata, oltre al tema della criminalizzazione degli attivisti, che semplicemente stanno manifestando un enorme disagio, cercando di fare svegliare la politica. A livello nazionale, una delle obiezioni più comuni è che la transizione ecologica costa. Ma se si mantengono enormi ingiustizie, come gli extraprofitti fatti da banche e colossi energetici, ci saranno sempre ostacoli che impediranno di agire sulla giustizia sociale, che deve camminare invece di pari passo con quella ambientale.
Come è maturata la sua decisione di avvicinarsi al Pd e candidarsi nelle liste dei dem?
Io avevo completamente escluso una mia candidatura in un primo momento. Ad aprile poi la segretaria Schlein mi ha chiamata. Ho apprezzato moltissimo che lei abbia riconosciuto le battaglie che ho portato avanti fino ad oggi, sull'ambiente, sul clima, sugli animali, le battaglie femministe, quando mi sono dimessa co-portavoce nazionale di Europa Verde. Schlein mi ha proposto una candidatura anche per dare un segnale di discontinuità, per esempio sulla Pac, sostenuta dagli eurodeputati uscenti, che non sono stati ricandidati. Vedere che un partito grande come il Pd vuole spostare il suo baricentro verso battaglie che condivido, mi ha convinta. Anche perché sono arrivata alla conclusione che partiti piccoli possono fare anche battaglie molto giuste e importanti, ma molto spesso rimangono battaglie di bandiera. La mia campagna elettorale è stata incentrata sul sogno di un'Europa ecologista, femminista e antispecista. Anche se con il Pd non si riuscisse a ottenere dei risultati materiali nel breve termine, portare anche soltanto a livello culturale e di opinione pubblica dei temi che fino a oggi erano completamente assenti, penso possa produrre un cambiamento nella società.
Ha rotto con Europa Verde, per via di una gestione che ha definito “patriarcale”, che l’ha trattata da “marionetta del ‘pinkwashing’”. Pensa che nel Pd ci sia un’attenzione maggiore a queste tematiche?
Il patriarcato è presente nella nostra società, in tutti gli ambiti, e la politica non è esclusa, sia a destra che a sinistra. Quando anche si scrivono negli statuti regole e principi, il più delle volte questi rimangono sulla carta e non vengono applicati. Nel Pd in questo momento stiamo assistendo a un cambiamento, non soltanto per la presenza di una segretaria come Elly Schlein. Basti pensare alla segreteria nazionale, dove molte caselle chiave sono occupate da donne. Schlein ha dimostrato la sua capacità di ascolto dei territori, nel nome di una leadership plurale. Il Pd è un contesto molto diverso rispetto a quelli che ho conosciuto, e mi riferisco sia all'esperienza con il M5s che a quella con Europa Verde. Nel primo caso si trattava di un partito nato dal basso, orizzontale, secondo la logica dell'uno vale uno. In realtà le decisioni erano prese solo dall'alto e il potere era accentrato nelle mani di una sola persona. Nel secondo caso, con i Verdi, si trattava di un partito piccolo, che sebbene avesse delle regole bellissime, era gestito in modo molto padronale e personalistico.
Nel 2019 prese 17.002 voti, nella circoscrizione Nord Ovest. Ora è settima in lista. Pensa di potercela fare questa volta?
Non mi sono data alcuna soglia, è la prima volta che mi confronto con le preferenze in questo partito, per me è una grande incognita. So però di aver lavorato molto bene su alcuni fronti, e di aver raccolto un certo sostegno, che oggi riscontro anche sui social, non solo sui territori. In tanti mi scrivono che avevano smesso di andare a votare, e che non avrebbero mai votato per il Pd, e invece oggi dicono non solo che si recheranno alle urne, ma che voteranno con convinzione il Pd. Per questo sono fiduciosa.
Come giudica il comportamento della premier in Albania, davanti all’aggressione subita dal parlamentare Magi?
Esprimo tutta la mia solidarietà al collega Magi. È gravissimo quello che è successo, perché stiamo parlando di un parlamentare nazionale che stava cercando di denunciare l'ipocrisia del governo, che per mera propaganda elettorale ha portato avanti un faraonico progetto in Albania, ad oggi inesistente, che non risolverà nulla e non contribuirà a gestire il fenomeno migratorio nel modo giusto. La reazione che ha avuto Meloni è totalmente fuori dal mondo, non si può minimizzare quando è accaduto. Io stessa più volte sono entrata nei Cpr, cercando di raccontare cosa avviene al loro interno, visto che sono dei lager e dei luoghi di tortura dai quali non viene rimpatriato nessuno, in assenza degli accordi con gli altri Paesi. Pensare di costruire nuovi centri anche in Albania è una follia, stiamo parlando di 800 milioni di euro, e lì non c'è nulla, le strutture non esistono, come ha testimoniato anche una delegazione del Pd giorni fa. Quelle risorse avrebbero potuto essere destinate altrove, sulla scuola e sulla sanità.