Esercizio provvisorio e aumento dell’Iva: cosa rischia l’Italia se non approva subito la manovra
I tempi stringono. E l’iter parlamentare della legge di Bilancio sembra ancora in alto mare. Solamente nella giornata di oggi, martedì 18 dicembre, è ripreso dopo giorni di stallo l’esame della manovra in commissione Bilancio al Senato. Ma la discussione potrebbe presto arenarsi in caso di nuove notizie da Bruxelles, attese per domani. Un rallentamento potrebbe far slittare ulteriormente i tempi dell’approdo della manovra in Aula, dove quasi certamente il governo chiederà la fiducia per provare ad accelerare i tempi. Eppure potrebbe non essere sufficiente. Perché tra il Natale e i tempi tecnici per l’approvazione (discussione in commissione, voto in Aula e poi ritorno alla Camera) i giorni a disposizione sono davvero pochi. E se entro il 31 dicembre non arriverà l’approvazione definitiva, scatterà l’esercizio provvisorio. Che potrebbe durare, nella peggiore delle ipotesi, fino ad aprile. Cosa vuol dire? Lo Stato non potrebbe esercitare attività economica, salvo quella di ordinaria amministrazione (come il pagamento degli stipendi). Tradotto, vorrebbe dire che almeno per l’inizio dell’anno salterebbero gli investimenti, la quota 100 e il reddito d cittadinanza. E non solo, perché scatterebbe anche l’aumento dell’Iva al 24,2%, come previsto dalle clausole di salvaguardia che la manovra deve sterilizzare per evitarne l’incremento.
Cos’è l’esercizio provvisorio
La legge di Bilancio viene regolamentata sulla base di quanto dispone l’articolo 81 della Costituzione. Che recita: “Le Camere ogni anno approvano con legge di Bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal governo”. E si specifica anche che “l’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi”. In caso di esercizio provvisorio viene congelata l’attività economica del governo che, da quel momento, dovrà limitarsi alla ordinaria amministrazione, fino all’approvazione della legge di Bilancio. Nel periodo che intercorre tra l’apertura dell’esercizio provvisorio e la sua fine, lo Stato potrà spendere solamente un dodicesimo per ogni mese di quanto stanziato in totale dalla precedente legge di Bilancio, quella dell’anno prima. Il che potrebbe sì comportare un risparmio per le casse dello Stato, ma bloccherebbe allo stesso tempo qualsiasi altra iniziativa economica.
L’esercizio provvisorio non comporta danni economici rilevanti, ma sicuramente causa una perdita di credibilità a livello internazionale. Il che vuol dire mettere di nuovo a rischio lo spread con una possibile reazione negativa da parte dei mercati. I tempi per evitarlo sono stretti. La manovra dovrebbe approdare in Aula al Senato tra giovedì e venerdì. L’esecutivo dovrebbe porre la questione di fiducia per tagliare i tempi evitando la discussione. Ma poi arriva il Natale, martedì prossimo. Per il ritorno alla Camera, presumibilmente, si dovrà aspettare il 27 dicembre. Una novità rispetto a quanto visto negli ultimi anni, quando l’iter si è concluso sempre entro Natale.
L’esercizio provvisorio in passato
L’ultima volta in cui è stato attivato l’esercizio provvisorio in Italia è stata alla fine del 1987, con la legge di Bilancio del 1988 dell’allora governo guidato da Giovanni Goria. In quel caso la finanziaria – allora si chiamava così – fu affossata dai franchi tiratori, slittando così di qualche mese. Nel dopoguerra l’esercizio provvisorio era la prassi, tanto che è sempre stato necessario fino al 1969. Negli anni ’80 è cambiato l’approccio alla legge di Bilancio, tanto che è stato applicato per le ultime volte nel 1986 (per due mesi) e, come detto, nel 1988 per tre mesi. Si rischiò l’esercizio provvisorio anche nel 2016, dopo il referendum costituzionale e le dimissioni da presidente del Consiglio di Matteo Renzi. In quel caso, però, per evitarlo Renzi rimase in sella per qualche giorno, in modo da approvare la manovra che era già pronta da prima.
Cosa è successo negli ultimi anni
Al 18 dicembre, sostanzialmente, la manovra ancora non c’è. Il governo ha presentato le prime modifiche al Senato, ma mancano ancora elementi sostanziali. Andando a rivedere cosa è successo negli ultimi anni, si può sottolineare come l’approvazione definitiva della manovra sia sempre arrivata prima di Natale. Praticamente impossibile che ciò avvenga anche quest’anno. Lo scorso anno il governo Gentiloni approvò la legge di Bilancio il 23 dicembre in via definitiva. Nel 2016 il via libera arrivò il 7 dicembre. Gli anni precedenti sempre prima di Natale: tra il 21 e il 23 dicembre dal 2012 e il 2015. Nel 2011 si riuscì addirittura ad approvarla il 12 novembre. Nel 2010 il 7 dicembre. In questo decennio, dunque, si è sempre riusciti a evitare uno slittamento a dopo Natale. Che per quest’anno sembra inevitabile.
L’esame della manovra al Senato
La commissione Bilancio del Senato ha iniziato oggi, 18 dicembre, l’esame dei primi emendamenti presentati dalla maggioranza. Dopo un ulteriore slittamento, i lavori sono ripresi in tarda mattinata. Non sono mancate le proteste delle opposizioni che hanno chiesto al ministro dell’Economia, Giovanni Tria, di riferire sulla trattativa con l’Ue. Il capogruppo del Pd, Andrea Marcucci, chiede invece a Conte di riferire in Aula per spiegare “le ragioni di questo intollerabile ritardo”. Minacciando, in caso di mancata risposta, di occupare l’Aula. Intanto la Commissione europea farà domani il punto della situazione sul bilancio italiano: “Tutte le opzioni sono aperte”, fa sapere una portavoce dell’esecutivo di Bruxelles.