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Equilibri precari, tatticismi e strane alleanze: cosa accade al centrosinistra?

Sta per nascere il Governo Monti, al di là della dichiarazioni di facciata: cosa pensano davvero i leader del Centro-Sinistra?
A cura di Rocco Corvaglia
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Bersani-centrosinistra

In queste ore sta prendendo forma il nuovo esecutivo che sarà guidato da Mario Monti. Con ogni probabilità la base parlamentare a sostegno del nuovo Governo sarà molto ampia. L'esigenza di consegnare al Paese un governo di emergenza, in una fase drammatica di crisi economica, sembra essere avvertita da larga parte delle forze presenti in Parlamento. E' chiaro a tutti però che la posta in palio è altissima; ora come non mai è in gioco la tenuta del sistema economico del Paese, nonchè una più generale credibilità dell'Italia sullo scenario internazionale. Le allarmate parole del Presidente della Repubblica esprimono chiaramente la delicatezza del momento.  La prima conseguenza sul piano politico di questa situazione è stata una ridefinizione dei rapporti e degli equilibri tra le forze politiche. Sul versante del centrodestra la situazione sembra essere di più facile lettura. La Lega Nord fermamente contraria ad ogni ipotesi di Governo tecnico,  logorata da un rapporto con Berlusconi che l'ha spesso costretta ad ingoiare scelte indigeste, issa il vessillo identitario e cerca di ricompattare la propria base. D'altro canto il Popolo della Libertà, dopo la fallimentare esperienza di Governo, non può permettersi di essere tacciato di irresponsabilità nei confronti del Paese e per questo si vede in qualche modo "costretto" ad appoggiare il Governo Monti.

Molto più complicata sembra essere la situazione nelle fila del centrosinistra. Se per ora l'opera certosina di compattamento operata da Pierluigi Bersani sulla necessità di dar vita ad un Governo di emergenza sembra portare risultati positivi, con Di Pietro che abbandona posizioni di chiusura nette e Vendola che si dice disponibile sebbene a determinate condizioni, i nodi politici da sciogliere appaiono davvero molti. Procediamo con ordine.

Nichi Vendola, dopo una iniziale contrarietà ad ogni ipotesi di Governo tecnico, si è detto disponibile purchè sia limitata nel tempo e non danneggi ulteriormente gli strati sociali già ampiamente penalizzati dalla crisi economica. In poche parole: riforma elettorale, patrimoniale, tassazione delle rendite finanziarie e poi subito al voto. A nostro avviso la posizione del leader di Sinistra Ecologia e Libertà, più che da un reale convincimento, sembra essere dettata dalla necessità di non rompere con il Partito Democratico. Inoltre Vendola cerca da tempo di infrangere il luogo comune secondo il quale la cosiddetta "sinistra radicale" sarebbe poco incline ad assunzioni di responsabilità, e la scelta di non chiudere all'ipotesi del Governo Monti sembra andare proprio in questa direzione. Allo stesso tempo però il Governatore della Puglia sa bene che dichiarazioni concilianti sono mal gradite dall'elettorato di SEL, che certamente non vede in Monti un punto di riferimento credibile, essendo quest'ultimo lontano anni luce dalle posizioni espresse dal variegato mondo della sinistra, soprattutto per quel che riguarda i temi economici. Paradossalmente l'essere fuori dal Parlamento potrebbe giovare in questa situazione. La paura più concreta per Vendola è che durante il Governo Monti possa consolidarsi l'asse Casini-Bersani, che potrebbe veder tagliata fuori Sel da un'ipotesi di alleanza elettorale.

Antonio Di Pietro, partito da una chiusura senza se e senza ma ad ogni ipotesi tecnica, in queste ore sembra aver aggiustato il tiro.  Se appare confermato che l' IDV non voterà la fiducia a Monti,  Di Pietro si è detto disponibile a valutare i singoli provvedimenti che il Governo avrà intenzione di intraprendere. Anche in questo caso il cambio di rotta avviene più per non far saltare delicati equilibri all'interno del centrosinistra che non per una reale volontà del leader dell'IDV. Stretto tra Bersani che minaccia addirittura di rivedere l'alleanza con l'IDV se questa dovesse sottrarsi ad un'assunzione di responsabilità e la propria base elettorale che non potrebbe digerire collaborazioni con un Governo che molto probabilmente vedrà al suo interno anche uomini "vicini" al Cavaliere, Di Pietro lavora ad una soluzione "terzista" di difficile definizione. In realtà il vero problema politico sul quale oggi si interroga lo stato maggiore dell'Italia dei Valori è come ricostruire un profilo politico autonomo del Partito nell'era post-Berlusconi.

Per quanto riguarda il Partito Democratico, Bersani sembra essere riuscito a portare tutto il partito sulla linea del sostegno al Governo tecnico, riuscendo a far rientrare le voci di chi chiedeva elezioni anticipate. Il segretario ha dettato la linea della responabilità, insistendo sulla necessità che un Partito come il PD, che aspira ad essere primo partito italiano, debba farsi sempre e comunque carico degli interessi generali del Paese. Se da un lato questo atteggiamento gioverà alla credibilità del Partito, d'altro canto Bersani sa bene che quello di Monti sarà un Governo che adotterà provvedimenti durissimi sul piano economico, che si tradurranno sul piano politico in un ulteriore smottamento a sinistra del PD. Per questa ragione non è così lontana l'idea di rinsaldare l'asse con Casini, per tentare di costruire in Parlamento una ipotetica coalizione di responsabilità nazionale, che possa presentarsi alle urne senza l'appoggio della "sinistra radicale" (e forse di Di Pietro?) per poi giocare la già nota carta del voto utile. Il problema è che rispetto a questo scenario il Partito non sembra essere unito, e l'ipotesi che si possa arrivare a nuove clamorose fratture sembra preoccupare non poco il segretario democratico. Il tutto anche tenendo conto del grande fermento che si respira all'interno del partito, con Renzi, Civati, Serracchiani e Zingaretti (tanto per fare alcuni nomi) che si sono ormai ritagliati uno spazio importante nella considerazione dei militanti e degli elettori democratici.

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