Emma Mercegaglia e Susanna Camusso: due donne per uscire dalla crisi
In queste ore frenetiche che vedono il mondo politico impegnato a definire una soluzione che possa traghettare il Paese fuori dalla crisi drammatica nella quale è piombato, non ci sono solo i partiti ed i loro leader a cercare di delineare la strategia più opportuna per tentare di salvare l'assetto generale della nazione. Ovviamente anche le organizzazioni rappresentanti le parti sociali si sono affrettate a dire la loro sulla situazione delicata che stiamo vivendo e, rispettivamente, hanno messo in campo la propria idea di fuoriuscita dalla crisi.
La Presidente di Confindustria Emma Mercegaglia, in verità da un bel pò di tempo a questa parte, andava predicando la necessità di un Governo tecnico che sostituisse l'esecutivo guidato da Silvio Berlusconi colpevole, a suo giudizio, di non essere stato in grado di gestire la fase della crisi economica in maniera adeguata. Evidentemente la Mercegaglia ha salutato in maniera favorevole l'ipotesi del Governo di Mario Monti. Dal canto suo il segretario della CGIL Susanna Camusso, ha sempre sostenuto (per evidenti ragioni) l'incapacità del Governo Berlusconi e la necessità di adoperare una svolta politica decisa all'interno del quadro politico. Più che un Governo tecnico però, la Camusso avrebbe preferito che si andasse subito ad elezioni. Questo le posizioni in campo durante i giorni in cui si è consumava la crisi politica del Governo Berlusconi e si ventilava l'ipotesi di un Governo Monti. Ora che il Governo Monti sembra cosa fatta, sia la Mercegaglia che la Camusso, si sono subito affrettate a sottolineare che il compito più importante del prossimo Governo dovrà essere quello di metter mano con decisione alle Riforme. Certo, potremmo quindi pensare ad una sostanziale unità d'intenti, in realtà lo stesso termine sottende idee profondamente diverse.
Secondo la Mercegaglia la strada per uscire dalla crisi è quella di una decisa svolta liberale e liberista della nostra politica economica. In una fase di stagnazione economica, con lo spettro di una concreta possibilità di recessione, le misure da adottare devono guardare ad una maggiore flessibilità del lavoro, a maggiori sgravi fiscali per le aziende virtuose e, soprattutto, ad una sostanziale ridefinizione dei rapporti di contrattazione. In buona sostanza il ragionamento della Mercegaglia può essere riassunto in questo modo: di fronte ad una crisi di queste proporzioni si può e si deve metter mano ad una ridefinizione complessiva del mercato del lavoro.
Le posizioni della Camusso divergono quasi completamente da quella del Presidente di Confindustria. Le prime dichiarazioni del segretario della CGIL hanno fatto subito intendere che il più grande sindacato italiano non sarà disponibile ad accettare richieste di ulteriori sacrifici per i lavoratori. Piuttosto che incidere sul costo del lavoro e sul lavoro dipendente bisognerebbe apportare misure che abbiano come linea guida quella di una generale ridistribuzione del reddito e di una maggiore equità sociale. In questo senso dovrebbero essere adottati provvedimenti come la patrimoniale, la tassazione delle rendite finanziarie oltre che incentivi per inserimenti nel mondo del lavoro a favore delle giovani generazioni. La domanda che pone la Camusso appare quanto mai legittima: se la crisi è il frutto della scelleratezza di certo capitalismo finanziario, perchè dovrebbero essere i lavoratori (peraltro già duramente colpiti) a pagarne le spese?
Eppure, nonostante la diversità delle posizioni, questa volta le parti sociali possono e devono trovare e percorrere la strada del dialogo. Ogni volta che questo Paese ha saputo intraprendere la strada della cooperazione sociale e del confronto tra le parti, i risultati sono stati sempre lusinghieri. E stavolta l'esercizio del confronto deve farsi necessità, in gioco c'è il futuro dell'Italia.