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Elezioni regionali 2024

Emilia-Romagna, il candidato di Csx De Pascale: “Meloni ha paura di essere superata a destra dai gruppi neofascisti”

In un’intervista a Fanpage.it il candidato del centrosinistra alle elezioni in Emilia-Romagna, Michele De Pascale (Pd), torna sulle polemiche nate dopo gli scontri a Bologna di sabato scorso: “Il governo avalla sistematicamente le manifestazioni dell’estrema destra, non vuole turbare queste organizzazioni palesemente neofasciste. Meloni è terrorizzata dall’idea che possa nascere un’opposizione di destra”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Domenica 17 e lunedì 18 novembre si vota in Emilia-Romagna e in Umbria. Nella Regione attualmente guidata dalla vicepresidente Irene Priolo, che ha assunto il ruolo di presidente facente funzioni dopo le dimissioni del presidente Stefano Bonaccini il 12 luglio 2024, a sfidarsi ci sono quattro candidati: Michele De Pascale, sostenuto dal centrosinistra; Elena Ugolini, candidata civica sostenuta da tutto il centrodestra; Luca Teodori per la lista no-vax Lealtà, Coerenza e Verità;  Federico Serra, che corre con una lista che rappresenta Potere al Popolo, Rifondazione Comunista e Partito comunista.

Sono gli ultimi giorni di campagna elettorale, e la discussione nell'ultima settimana si è spostata sulla manifestazione di sabato scorso a Bologna, dove si sono registrate tensioni tra i gruppi di estrema destra CasaPound e Rete dei patrioti e i partecipanti della contromanifestazione organizzata da diversi gruppi antifascisti della città. Gli scontri hanno portato al ferimento di dieci manifestanti dei collettivi e 3 uomini tra le forze dell'ordine. Abbiamo chiesto a Michele De Pascale (Pd), 39 anni, attuale sindaco di Ravenna e grande favorito alle elezioni regionali, quanto questi episodi siano considerabili una responsabilità del governo e quanto possano pesare sul voto.

I sondaggi vi danno nettamente in vantaggio. Pensa che Meloni abbia disertato il comizio di chiusura per questo motivo?

Non saprei dirlo, nutro profondo rispetto per gli emiliano-romagnoli, chi si candida deve sempre considerare la partita aperta. È vero però che se 5 anni fa per Matteo Salvini vincere l’Emilia-Romagna era la priorità, e le elezioni regionali diventarono un tema nazionale, questa volta non abbiamo visto nulla di tutto questo. Anzi io sono rimasto stupito a volte anche dai complimenti che ho ricevuto da alcuni ministri del centrodestra che sono venuti in visita a Ravenna. Il governo in questo caso non ha voluto ingaggiare una battaglia a livello nazionale, non si è speso più di tanto per la campagna elettorale. Dall'altra parte però la mia avversaria, Ugolini, ha sostenuto l'esecutivo Meloni in tutto e per tutto, in modo acritico, è stata sempre molto allineata. Penso ai temi dell'autonomia differenziata o della gestione dell’alluvione.

Quando menziona ‘complimenti' da parte di membri del governo a cosa si riferisce?

L'altro giorno per esempio Salvini è venuto in visita a Ravenna e si è complimentato con il Comune, per la collaborazione offerta per i lavori infrastrutturali nel porto. E anche il ministro Fratin aveva detto parole molto simili quando era venuto nella mia città, qualche mese fa, riferendosi alle tematiche energetiche.

Lei pensa che il governo abbia volutamente avallato la manifestazione a Bologna di sabato scorso dell'estrema destra, allo scopo di creare tensioni con i centri sociali?

Purtroppo temo sia un po' peggio di così. Il governo avalla sistematicamente le manifestazioni dell'estrema destra. C'è un non detto, anche perché non essendoci in Italia formazioni politiche alla destra di Meloni, ci sono fasce di elettorato che finiscono per votare per Fdi o per la Lega. C'è quindi da parte del governo la volontà di non turbare queste organizzazioni palesemente neofasciste, che andrebbero sciolte. In particolare a Bologna c'era stata una richiesta molto forte di tutto il Comitato provinciale per l'ordine pubblico e la sicurezza, di non far svolgere la manifestazione in quel punto, per ragione di gestione dell'ordine pubblico, e nessuno ha ancora spiegato perché si è cambiato orientamento. Questo è molto grave.

Lei si è fatto un'idea di quello che è successo?

Non mi piace perdermi in ricostruzioni di cui non ho tutti gli elementi. Mi aspetto però che davanti a un sindaco che pone una domanda sul perché si è cambiato orientamento sulla manifestazione, qualcuno della Prefettura o del governo risponda. La mia sensazione è che gli organizzatori volessero farla a tutti i costi in quel luogo proprio per il motivo per cui non andava fatta lì, dato che è il luogo della strage della stazione di Bologna, e non c'è stata la forza di dir loro di no. Ho sottolineato comunque che non esiste manifestazione, anche quella più sbagliata, che giustifichi l'utilizzo della violenza, che tra l'altro ha anche inficiato una protesta civile e pacifica di migliaia di persone. Su questo sono molto fermo: la violenza mai, ma chi gestisce l'ordine e la sicurezza pubblica dovrebbe sapere cosa fare per evitarla.

C'è stato secondo lei un disegno da parte del governo, allo scopo di inquinare la campagna elettorale?

Non lo confermo e non lo smentisco. È un atteggiamento sistematico: quando queste organizzazioni neofasciste fanno manifestazioni c'è sempre un favor nei loro confronti. Ma come si fa a non dirsi ‘antifascisti' nel 2024? Basterebbe che lo dicessero per chiudere un dibattito di decenni. Gianfranco Fini disse ‘il fascismo è stato il male assoluto'. Ma Meloni non vuole scontentare questa parte di elettorato, temendo che possa nascere una destra a destra di Fratelli d'Italia. La premier insomma mi sembra terrorizzata dall'idea che possa nascere un'opposizione di destra.

Pensa che l’espressione “camicie nere” utilizzata dal sindaco Lepore sia corretta?

Certo, quelle sono ‘camicie nere', lo condivido al 100%. Purtroppo quelle organizzazioni non la considerano un'offesa.  Ci tengo a ricordare però che Meloni ha detto che Lepore le ha dato della ‘picchiatrice fascista', ma questo è falso, il sindaco di Bologna non l'ha mai detto, nessuno l'ha definita così. Sono mistificazioni pesanti.

Lei è sostenuto da un centrosinistra ampio che comprende anche il Movimento 5 Stelle e i renziani, inseriti nel listino dei ‘civici’. Lo considera un secondo test per il campo largo, dopo il flop della Regionali in Liguria?

No, fin dal primo minuto, con una grande testardaggine da parte mia, abbiamo tenuto questa campagna elettorale proiettata verso il futuro dell'Emilia-Romagna. Abbiamo rifiutato categoricamente una politicizzazione nazionale di un'elezione che deve parlare solo del futuro degli emiliano-romagnoli. Abbiamo costruito una coalizione sulla base di un programma e di un patto di rispetto reciproco fra chi poi dovrà governare insieme, e cioè gli esponenti emiliano-romagnoli delle varie forze politiche. Su questo abbiamo aggregato oltre 60 liste civiche, a cui non importa nulla di campi larghi o stretti.

La grande incognita è ancora l'affluenza. Nel 2020 fu del 67,67%, anche grazie alla grande spinta delle sardine, mentre nel 2014 fu solo del 37,71%. Cosa vi aspettate? C’è il rischio che le polemiche per il post alluvione possano compromettere la partecipazione al voto?

Le elezioni in Emilia-Romagna 5 anni fa si sono giocate a Milano Marittima al Papeete Beach. Lì Salvini lanciò un'OPA sul Paese, gli andò male, e la rivincita su quell'operazione furono le elezioni regionali, perché il leader della Lega le trasformò in un'elezione politica nazionale. Il tema del voto era ‘volete dare l'Italia in mano a Matteo Salvini o volete Stefano Bonaccini e la proposta del centrosinistra?'. Per questo scontro, diventato nazionale, andò a votare il 68% degli aventi diritto, un dato enorme per delle Regionali. Se invece guardiano ad altre tornate elettorali in Regioni anche vicine o simili a noi, come la Liguria, dove l'affluenza è stata del 45%, o la Lombardia dove ha votato il 41% degli aventi diritto, si vede che il trend è questo: le persone per le Regionali votano poco. Questo è un problema serio, che le Regioni si devono porre, perché hanno poteri sempre più grandi, chiedono sempre più poteri, ma i cittadini non vanno alle urne. Noi continuiamo a concentrare potere in un livello di governo che non viene riconosciuto fino in fondo dai cittadini. C'è poi un altro aspetto.

Quale?

L'aspetto metodologico: è indecoroso votare quattro o cinque volte nello stesso anno per le elezioni regionali. Se sarò eletto questa sarà una battaglia che farò, perché questo è uno schema che va superato. Ci vorrebbe un turno una volta all'anno, come avviene per le amministrative. Molti cittadini non sanno neanche che ci sono le elezioni regionali, è gravissimo. La stampa locale ha fatto un lavoro eccezionale, ma le televisioni nazionali si sono occupate pochissimo di questa tornata elettorale.

La partita in Umbria, stando ai sondaggi, sembra più aperta. Quanto pesa secondo lei il fattore Bandecchi, visto che si vota nella sua Regione?

Non ho seguito con molta attenzione la campagna elettorale in Umbria, essendo stato molto assorbito dalla mia, ma conosco molto bene Stefania Proietti, che oltre a essere sindaca di Assisi è stata presidente della Provincia di Perugia, e io sono tuttora presidente dell'Unione delle Province d'Italia. È un'amministratrice straordinaria, una persona dall'umanità fuori dal comune, spero che gli umbri facciano la scelta giusta ed eleggano la presidente che quella Regione straordinaria merita. Bandecchi è incommentabile. Ricordo che aveva coperto di insulti il capogruppo di Fdi di Terni, il centrodestra ha quest'idea di vincere unendo tutto e il contrario di tutto, ma è un grande segnale di debolezza.

Come giudica la mancata presa di posizione di Meloni contro Elon Musk, dopo il post del Quirinale?

Il governo Meloni non ha una linea di politica estera. Si passa dal bacio sulla fronte a Meloni da parte di Biden, a Salvini che costantemente caldeggia la riapertura dei canali con la Russia. Ora la premier sta cercando di ricollocarsi rispetto a Musk. Dobbiamo essere tutti grati al Presidente Mattarella, che rappresenta l'unica voce autorevole del nostro Paese sulla politica estera. È vero che si tratta di un tema nazionale, ma il nemico numero uno di Trump è il Parmigiano Reggiano. In Emilia-Romagna, al di là degli scenari internazionali, siamo preoccupati anche per i dati economici. La Lega da anni dice di voler difendere gli allevatori e i produttori, ma ora esulta per Trump, che come primo punto del programma propone i dazi, che potrebbero avere su di noi ripercussioni pesantissime. Per l'Emilia-Romagna gli Stati Uniti rappresentano uno dei primi mercati per l'esportazione. Ci devono dire se stanno con la destra internazionale o con i produttori di Parmigiano Reggiano dell'Emilia-Romagna. Se sarò eletto sarà una delle questioni di cui mi occuperò, ma avremmo bisogno che il governo avviasse un'azione diplomatica. E invece sui dazi mi pare che si siano dati alla macchia, fingendo che il problema non esista.

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