Emergenza caldo nei luoghi di lavoro, cosa si è deciso all’incontro al ministero con sindacati e imprese
Associazioni datoriali e sindacati sono stati convocati ieri, 20 giugno, al ministero del Lavoro, per fare un punto sull'emergenza legata alle alte temperature, e sull'impatto che queste possono avere sui lavoratori. La ministra Marina Calderone, ha aperto a un rinnovo degli ammortizzatori sociali per il caldo previsti la scorsa estate mentre rimangono le distanze tra parti sociali e imprese sul protocollo caldo: il governo ha proposto l'adozione dello stesso protocollo presentato nell'estate 2023, ma resta il nodo coperture.
"Ripreso il confronto tra ministero e parti sociali, sindacali e datoriali, per la gestione dell'emergenza climatica – si legge in una nota diffusa dal ministero – L'incontro nella sala D'Antona del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, alla presenza del sottosegretario, Claudio Durigon, non ha portato a un accordo tra sindacati e rappresentanti delle imprese sul protocollo elaborato dal dicastero", si legge nel testo.
"Convergente invece l'interesse rispetto alla volontà del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali di rinnovare gli strumenti e gli ammortizzatori analogamente a quanto previsto la scorsa estate", conclude la nota.
Per proteggere i lavoratori dalle temperature estreme intanto diverse Regioni, dalla Calabria alla Puglia, dal Lazio alla Basilicata, hanno vietato di lavorare nelle ore più calde dei giorni critici nei campi o nei cantieri. Nel Lazio per esempio il governatore Francesco Rocca ha vietato fino al 31 agosto le attività lavorative all'aperto dalle 12,30 alle 16, nei giorni a rischio segnalati sul sito worklimate.
Ma la ripresa del confronto tra i ministeri del Lavoro e della Salute e le parti sociali, interrotto lo scorso autunno, per arrivare a un protocollo che contenga linee guida per la riduzione del rischio dei lavoratori esposti alle alte temperature, è partita in salita. "L'anno scorso non ci siamo riusciti, oggi dobbiamo farlo", aveva detto la ministra del Lavoro Marina Calderone prima dell'incontro di ieri.
Fillea Cgil, il sindacato dei lavoratori delle costruzioni, rimarca l'assenza di passi avanti: "Imprese negano emergenza e dicono che esiste ampia strumentazione per garantire la salvaguardia della sicurezza dei lavoratori. Il Governo ha proposto l'adozione dello stesso protocollo del 2023, ma resta confusa la questione relativa alle risorse. Nel frattempo in Italia le temperature sono esplose, rincorriamo l'emergenza, mettendo a rischio la vita dei lavoratori", ha detto la segretaria nazionale della Fillea Cgil Giulia Bartoli.
"Le associazioni datoriali ci dicono che esiste massima attenzione e strumentazione nel garantire la sicurezza degli operai esposti al caldo nei luoghi di lavoro. Nonostante questo però le amministrazioni locali si stanno assumendo la responsabilità di applicare ordinanze di divieto, che continueremo a sostenere con tutti gli strumenti sindacali a disposizione".
Inoltre, ha aggiunto la segretaria Bartoli, "Troppo spesso nella nostra attività di permanenza e presenza nei cantieri edili registriamo, come persino le basilari misure di sicurezza, non vengano attuate, ad esempio pause o disponibilità di acqua fresca. Nonostante le posizioni espresse dalle imprese, noi per primi chiediamo, che negli eventuali fermi per il caldo, siano riconosciute le cause di forza maggiore e i giustificativi di eventuali ritardi nelle consegne, senza attivazione delle penali". Quindi, "nel continuare a ribadire la necessità di una modifica strutturale effettiva sulla cig, cassa integrazione per eventi climatici, sosteniamo la mobilitazione della vertenza per tutte le amministrazioni locali. All'assemblea nazionale Ance nel suo intervento la ministra Maria Elvira Calderone ha ribadito impegno assoluto per riuscire a chiudere il ‘protocollo caldo', presentato a luglio 2023 rimasto per troppo tempo lettera morta. La ministra dice sì al protocollo ma deve ancora verificare se ci sono le risorse. Occorre una risposta sistemica strutturale e certa, se vogliamo costruire realmente un piano di sicurezza nei posti di lavoro".
Per le parti datoriali "non esiste un'emergenza caldo", ha detto la segretaria confederale della Cgil Francesca Re David spiegando che secondo le imprese basterebbe la normativa esistente. Da parte delle associazioni delle imprese non ci sono state dichiarazioni.
"Un anno fa le parti datoriali hanno fatto naufragare la proposta di protocollo, oggi siamo ritornati alla casella del via. La nostra posizione non si è mossa di un millimetro", ha sottolineato la segretaria confederale della Uil, Ivana Veronese definendo l'incontro "tardivo", in "piena emergenza caldo".
"Le ordinanze regionali non coprono tutti i settori, certo sono importanti, ma noi chiedevamo un protocollo nazionale e degli automatismi", ha detto ancora, con il ricorso alla cassa integrazione obbligatorio in certe circostanze. "Se oltre i 35 gradi fa male lavorare, non si deve lavorare", ha sintetizza Re David (Cgil).
I rischi di lavorare a temperature estreme sono illustrati dal progetto di ricerca europeo per l'adattamento al cambiamento climatico Adaptheat a cui ha partecipato la Fondazione Di Vittorio. In particolare il rischio di infortuni sul lavoro durante le ondate di calore aumenta del 17,4% con l'esposizione a ustioni, ferite, lacerazioni, amputazioni e malattie connesse alle temperature severe.