Emergency: “Mare in burrasca, bambini senza giubbotti, motore in avaria e il governo voleva mandarci ad Ancona”

A causa del peggioramento delle condizioni meteo la nave Life Support di Emergency non attraccherà più ad Ancona. Dopo una nuova valutazione, il Ministero dell’Interno ha infatti assegnato Napoli come porto sicuro. Il capo missione, Jonathan Nani La Terra, racconta a Fanpage.it le difficoltà riscontrate durante i salvataggi.
A cura di Francesca Moriero
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Emergency lo aveva segnalato con urgenza: una violenta perturbazione era in arrivo nel mar Ionio, accompagnata da venti intensi e onde che avrebbero potuto raggiungere anche i tre metri di altezza. In questo scenario, la prospettiva di dirigersi verso il porto di Ancona, inizialmente assegnato dalle autorità italiane, significava esporre 215 naufraghi, molti dei quali in condizioni di estrema vulnerabilità, a una traversata lunga, faticosa e pericolosa. La maggior parte di loro aveva già subito gravi traumi durante la permanenza in Libia e affrontato un viaggio in mare a bordo di imbarcazioni precarie e sovraccariche.

Alla luce di queste criticità e dopo ore di attesa, nella notte tra il 6 e il 7 aprile, il Maritime Rescue Coordination Centre (MRCC) di Roma ha finalmente comunicato un cambio di destinazione: la Life Support di Emergency, impegnata nella sua trentesima missione di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, potrà approdare a Napoli, dove l'arrivo è previsto per domani, martedì 8 aprile, intorno alle 8:30 del mattino. Una decisione che tiene conto delle condizioni meteo marine avverse e che rappresenta, secondo Emergency, l'opzione più sicura e più rispettosa della dignità e della salute delle persone a bordo.

Tre soccorsi in poche ore: "Erano alla deriva, senza salvagenti"

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A raccontare a Fanpage.it le difficoltà vissute in mare è Jonathan Nani La Terra, capo missione di Emergency, che ha seguito in prima linea tutte le operazioni, e che ora si trova a bordo della Life Support: "Parliamo di tre imbarcazioni che si trovavano in estremo pericolo", spiega, "Erano in una situazione fortemente precaria, senza giubbotti salvagente, e tutte stavano imbarcando acqua". I soccorsi, effettuati nella giornata di sabato 5 aprile al largo della Libia, sono avvenuti nell'arco di poche ore. La prima imbarcazione era un gommone sovraccarico, su cui viaggiavano decine di persone senza alcuna protezione in caso di naufragio: "Nessuna delle persone che si trovava sopra aveva addosso il giubbotto salvagente. Imbarcavano acqua. Se non fossimo arrivati, sarebbe potuta finire molto male", racconta. La seconda operazione ha riguardato una barca in legno a doppio ponte, con persone stipate anche nel livello inferiore, un elemento che rende i soccorsi ancora più delicati: "Anche in questo caso", racconta Nani La Terra, "le persone non indossavano salvagenti e anche loro stavano imbarcando acqua". Il doppio ponte complica le manovre di salvataggio, perché chi si trova sotto può rimanere bloccato e rischia di annegare più facilmente se la barca si capovolge o affonda. Infine, la terza imbarcazione era un altro gommone, più piccolo del primo, anche questo alla deriva: "Il motore era rotto, e le persone a bordo erano in completa balìa delle onde, senza alcuna possibilità di salvarsi da sole. Anche qui nessuno aveva un salvagente. Erano davvero in una situazione disperata", aggiunge.

Tra le 215 persone soccorse ci sono 53 donne e ben 92 minori, molti dei quali molto piccoli e non accompagnati. Soltanto nove minori viaggiavano con membri della propria famiglia: "Quando li abbiamo salvati, quasi nessuno dei bambini indossava un giubbotto di salvataggio", sottolinea a Fanpage.it il capo missione: "Erano su gommoni sovraccarichi, in condizioni disastrose".

Ferite, ustioni e fragilità: "Serviva un porto più vicino"

Domenica 6 aprile, la Life Support si è diretta verso Siracusa per una sosta d'emergenza: 44 persone, considerate particolarmente vulnerabili, sono state trasferite a cinque miglia dalla costa su una motovedetta della Guardia Costiera italiana. Tra loro c'erano bambini piccoli, famiglie, persone affette da patologie croniche, persone che avevano riportato ustioni chimiche dovute alla miscela di carburante e acqua di mare; persone, dunque, già molto provate fisicamente e psicologicamente, che avevano bisogno di assistenza immediata: "Abbiamo chiesto immediatamente un porto più vicino, sia per tutelare chi stava male sia per prevenire un peggioramento generale delle condizioni a bordo", spiega Nani La Terra, "stavamo andando incontro a onde alte, freddo e mal di mare diffuso tra chi era costretto a rimanere all'aperto".

Lo staff medico della Life Support si è immediatamente adoperato per visitare e stabilizzare tutti i naufraghi. Attualmente, a bordo rimangono 171 persone: non si registrano criticità cliniche né urgenze mediche, ma si tratta comunque di persone reduci da viaggi estremamente difficili, che continuano a necessitare di cure, supporto psicologico e assistenza continua. Il team sanitario e logistico di Emergency "sta continuando a monitorare la situazione e a prendersi cura delle persone a bordo", spiega Nani La Terra.

La decisione delle autorità e il sollievo a bordo

La richiesta inizialmente era rimasta inascoltata. Il Viminale aveva confermato Ancona come destinazione, nonostante le segnalazioni meteo e i rischi evidenziati dallo staff medico; solo in un secondo momento, e probabilmente anche in seguito all'aggravarsi della situazione meteo, le autorità hanno cambiato rotta. "Ringraziamo l'autorità competente per la collaborazione e per aver raccolto la nostra domanda, motivata dalla necessità di proteggere le persone a bordo e dalle condizioni meteo in rapido peggioramento", si legge nel comunicato di Emergency, che ha ribadito come sia necessario rispettare i principi fondamentali stabiliti dalle convenzioni internazionali sul soccorso in mare, che prevedono, appunto, lo sbarco tempestivo in un porto sicuro.

L'assegnazione di porti lontani, pratica divenuta ormai abituale con l'inasprimento del decreto Piantedosi, rappresenta un ulteriore ostacolo nel lavoro delle navi umanitarie e un fattore di rischio per le persone soccorse. In questa missione, fortunatamente, la rotta è stata corretta in tempo.

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