Elezioni, cosa sarebbe successo se il M5s si fosse alleato con il Pd secondo l’istituto Piepoli
Le elezioni politiche 2022 non hanno riservato particolari sorprese secondo l'Istituto di ricerca di Nicola Piepoli, che fa parte del consorzio Opinio Italia. Il vicepresidente dell'istituto, Livio Gigliuto, contattato da Fanpage.it, commenta le principali novità di questa consultazione elettorale, che ha portato alla vittoria di Giorgia Meloni. La leader di Fdi si prepara a governare il Paese, con il 26% ottenuti per il suo partito, primo alle urne.
Con Gigliuto proviamo a ipotizzare cosa sarebbe successo se il M5s avesse corso nella coalizione di centrosinistra. In sostanza, i voti del M5s si sarebbero sommati a quelli di Pd, Più Europa, Alleanza Verdi-Sinistra e Impegno Civico di Di Maio? La risposta è che non è possibile fare in questo caso una semplice somma algebrica. "È evidente che sommando semplicemente la quota che ha avuto il centrosinistra, alla quota che ha avuto il M5s, alla quota del campo largo, quindi mettendoci dentro anche il cosiddetto Terzo Polo, si arriva a un totale che nettamente è più alto della coalizione di centrodestra. Però va anche detto che noi abbiamo registrato la crescita del M5s. Ricordiamo che ad agosto stava a cavallo del 10%, non era neanche sicuro di arrivare alle doppia cifra. Da quel momento abbiamo registrato una crescita molto importante del Movimento, che poi è arrivato al 15,5, che è il dato di adesso. Perché è successo? È stata anche una conseguenza della fine dell'alleanza del Pd, e anche del superamento del profilo un po' più istituzionale governista, che gli aveva fatto perdere molti consensi. Ma questa crescita così importante che il M5s ha ottenuto nell'ultimo mese sarebbe avvenuta se fosse stato in alleanza con il Partito Democratico? È molto improbabile che questa crescita si sarebbe verificata, senza accantonare l'alleanza con i dem".
In pratica "andando a vedere i flussi di voto, il M5s ha confermato buona parte degli elettori che avevano già votato per i grillini quattro anni fa, ma tanti dei voti ottenuti vengono dal Partito Democratico. In pratica c'è stato uno spostamento di elettorato che parte dal Pd, flusso che molto probabilmente se i pentastellati fossero stati in alleanza non si sarebbe attivato. Inoltre grazie a questo nuovo profilo antisistema del Movimento, tornato alle origini, di nuovo contro tutti, si è attivato un flusso di voti sa sinistra ma anche da destra".
"In particolare il M5s ha recuperato nelle ultime settimane un pezzo di voto di protesta, dell'elettorato che in precedenza aveva votato la Lega, e che adesso si è spostato appunto verso il Movimento". Per il M5s si era ipotizzato un exploit anche maggiore, si pensava potesse insediare la seconda posizione del Pd: "Alla fine ha avuto una crescita importante, ma contenuta, in linea con i sondaggi. C'è stata una rimonta, ma da nessuna rilevazione ci sembrava potesse essere sopra il Pd", ha spiegato ancora il sondaggista. "Probabilmente se fosse durata ancora la campagna elettorale, altri due mesi, e se al Sud, l'area dove andato meglio il M5s, ci fosse stata una super affluenza, la distanza tra partito di Conte e Pd si sarebbe accorciata".
Il flop della Lega a cosa è dovuto?
Il tonfo della Lega, all'8,9%, secondo Livio Gigliuto, è dovuto al fatto che il partito di Salvini "ha perso il territorio di riferimento. La Lega ha fatto un percorso di ‘denordizzazione', partito dal simbolo, dalla fine dell'uso del verde, la fine dell'utilizzo della parola ‘Nord', che era un loro feticcio. Tutto questo ha nazionalizzato il partito, e questo ha portato a un risultato molto positivo all'inizio. Quando Salvini ha ottenuto un risultato superiore al 30% è successo proprio perché aveva annullato i confini nazionali. Ma annullare i confini nazionali significa anche abbandonare un terreno sicuro. Quando è andata giù l'ondata positiva portata da Salvini, la Lega si è ritrovata senza il suo appiglio tradizionale, cioè il Nord Est che l'aveva sempre sostenuta. Con il risultato che Meloni ha ricevuto il 40% dei voti dalla Lega, una quota enorme. In pratica il 26% di Giorgia Meloni viene quasi per metà dalla Lega".
"Comunque il risultato della Lega è stato lievemente più basso rispetto a quello che ci aspettavamo, un dato abbastanza sotto la doppia cifra, mentre noi prevedevamo un risultato sul confine della doppia cifra, questa è stata praticamente l'unica sorpresa del voto".
La buona performance di Forza Italia
"Forza Italia è andata abbastanza bene – ha detto a Fanpage.it il vicepresidente dell'Istituto Piepoli – e noi lo avevamo anche registrato nei pre-elettorali che avrebbe avuto un risultato superiore al 7%, intorno all'8-8,5 e in effetti è stato così. Soprattutto grazie alla presenza fisica di Silvio Berlusconi: quando lui fa direttamente campagna elettorale, con il suo carisma, con il suo corpo, facendosi vedere, ha sempre la capacità di risvegliare i suoi elettori, la sua base elettorale, che è sempre pronta a votare Forza Italia quando lo vede. Questo ci restituisce il vero grande problema di Forza Italia, che è la grande dipendenza dalla figura del leader, anche adesso che il leader è anziano. Il video è il suo regno, la comunicazione televisiva è quella che padroneggia bene. Nell'analisi dei flussi, tanti dei voti di Forza Italia sono persone che già nel 2018 avevano votato per gli azzurri, ma il 17% erano persone che avevano votato Lega. Il Carroccio è il partito che ha perso più voti, ne ha dati un po' a tutti, ma un un quinto dei voti di Forza Italia venivano dalla Lega".
Azione-Italia viva non ha centrato l'obiettivo
L'alleanza tra Renzi e Calenda non ha spostato di molto il risultato, e non ha penalizzato nessuna forza politica in particolare. "Era partita con un obiettivo chiaro, cioè quello di attivare due flussi: un flusso da sinistra, da cui provengono entrambi i leader, e un flusso da destra. L'obiettivo era quindi prendere voti da entrambe le parti, per fare una cosa di centro, che non avesse una connotazione netta. La cosa ha funzionato fino a un certo punto, perché il flusso a sinistra è sicuramente partito: il 37% dei voti di Calenda vengono dal Pd, cioè quattro voti su 10 di quelli che ha preso il cosiddetto Terzo Polo (poi diventato quarto nei fatti) vengono dal Pd. Il flusso da destra invece non è partito altrettanto bene, solo il 10% dei voti di Calenda vengono dalla Lega, solo il 7% viene da Forza Italia, che era l'altro bacino da cui l'alleanza Azione-Iv voleva raccogliere tanti voti. Sostanzialmente il Terzo Polo ha tolto voti al Pd", ha spiegato Gigliuto.
Più Europa chiede il riconteggio: è l'unico partito in bilico
Il segretario di Più Europa, Benedetto Della Vedova, ha detto che chiederanno un riconteggio dei voti: "Ci siamo fermati a un 2,95, quindi il margine che ci ha impedito di raggiungere il 3 per cento è quello dello 0,05. Una sorta di errore statistico: si tratta di poco più di 10mila voti a livello nazionale, a fronte di migliaia di schede nulle". Secondo Gigliuto solo Più Europa si trova in questa situazione di incertezza del risultato: "Da ieri abbiamo visto da subito che Più Europa ballava davvero sul 3%, avevamo dati che oscillavano sempre dal 2,9% al 3%. Stiamo parlando dello 0,1, è veramente dall'inizio degli exit poll e delle proiezioni abbiamo sempre avuto queste percentuali. È l'unico risultato ancora aperto. L'altro partito per cui ci si aspettava una situazione soglia era Italexit, che tutti i sondaggi pre-elettorali davano intorno al 3%, noi lo davano intorno al 2%. Sono arrivati alla fine molto lontano (1,9%), ma questo perché l'elettorato di Italexit è spesso antisistema, che tende a essere l'elettorato che in assoluto partecipa meno alle elezioni.
Affluenza più bassa rispetto alle previsioni
L'affluenza è stata bassissima: per le politiche 2022 ha votato il 63,91% degli aventi diritto. È il minimo storico mai raggiunto nella storia della Repubblica. "Ci aspettavamo un calo dell'affluenza, ma avevamo calcolato una percentuale del 67-68% di affluenza. Ma sta nella serie storica, l'affluenza è in calo da molte tornate elettorali", ha detto Livio Gigliuto.