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Elezione diretta, più soldi e più competenze: a che punto è la riforma delle province

La riforma delle province è attualmente in Parlamento: se venisse approvata, darebbe nuovamente molte competenze ai governi territoriali e li renderebbe eleggibili direttamente dalla popolazione. Anche Mattarella si è schierato a favore di un intervento per colmare il vuoto legislativo.
A cura di Andrea Miniutti
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Anche Sergio Mattarella si è schierato a favore della reintroduzione delle province. In occasione della 36esima Assemblea nazionale dell'Unione Province d'Italia (Upi), che si è tenuta nei giorni scorsi a L'Aquila, il presidente della Repubblica è stato invitato a inaugurare i lavori della due-giorni. Nel suo discorso ha ricordato come l'ultima modifica dell'istituzione, quella del 2014, abbia creato un vuoto legislativo perché il referendum che doveva completarla non è stato approvato: ha quindi fatto un appello affinché la Costituzione sia applicata, invitando ad approvare la riforma delle province che è attualmente in Parlamento.

Cosa prevede la riforma delle province

La riforma delle province è attualmente al vaglio della commissione Affari Costituzionali: si tratta di un testo che darebbe nuovamente potere e legittimazione alle istituzioni territoriali, sia rafforzando l'istituzione della provincia che reintroducendo l'elezione diretta dei suoi rappresentanti. Nella proposta di legge sono elencate le competenze – nei limiti e nel rispetto delle competenze regionali e statali – che questi enti otterrebbero: la creazione di un piano strategico per il territorio, la costruzione e la manutenzione delle strade, la gestione dell'edilizia scolastica, la pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale e molto altro.

Se il testo venisse approvato senza emendamenti, nelle province (e nelle città metropolitane) l'elezione sarebbe a suffragio universale e diretto, e funzionerebbe così:

  • il candidato presidente, per vincere, deve prendere almeno il 40% dei voti;
  • il consiglio provinciale – che si elegge tramite collegi plurinominali e senza la possibilità di esprimere un voto disgiunto – è composto da 20, 24 o 30 consiglieri in base all'ampiezza della popolazione della provincia;
  • la giunta, nominata dal presidente, è formata da un numero massimo di 4, 6 o 8 assessori, anche questi in base all'ampiezza della popolazione della provincia.

Per finanziare questa riforma e pagare gli stipendi degli eletti, la legge prevede uno stanziamento di 225 milioni di euro annui. Inoltre, alle province montane confinanti con Stati esteri viene riconosciuta l'autonomia nella stipulazione di accordi con questi soggetti extra-nazionali per la "cura dello sviluppo strategico del territorio e gestione di servizi in forma associata".

Questa proposta è stata presentata dal centrodestra e apertamente sostenuta dal ministro Salvini, il quale ha detto che "se tornassero già nel 2024 sarebbe un segnale di efficienza". Oltre che a sostenere l'elezione diretta degli organi di governo territoriale, ha sostenuto a necessità di restituire a questi "le competenze e i soldi, perché altrimenti strade provinciali e scuole superiori, che devono essere gestite dalle Province, senza soldi e senza personale non hanno manutenzione".

Per Mattarella le province devono avere un compito di "coesione sociale"

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sostenuto l'importanza delle province per il nostro Paese:

Le istituzioni, con la loro architettura e la loro qualità, sono cruciali per assicurare il rispetto dei principi costituzionali e per adempiere al dovere di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona e l'effettiva partecipazione alla vita del Paese, come dispone l'articolo 3 della Costituzione. Le province, nel loro insieme, possono e devono partecipare a questo essenziale compito di coesione sociale.

Ha anche evidenziato come, in questo momento storico, i territori siano chiamati ad essere attori primari per il rilancio del Paese per il loro ruolo nella pianificazione e nella realizzazione dei progetti del Pnrr e, quindi, di come sia importante che queste decisioni siano legittimate da processi democratici.

Durante i due giorni di Assemblea è intervenuto anche Alberto Zangrillo, ministro della Pubblica Amministrazione, che ha evidenziato come "le Province non sono solo vive, ma sono attive e proiettate al futuro poiché sono dei veri e propri centri propulsori di pianificazione e di investimenti che rispondono alle esigenze delle comunità. In questa cornice, il Piano di Ripresa e Resilienza è una meta raggiungibile solo se saremo in grado di attivare quella collaborazione, appunto, e quel dialogo costruttivo con tutti gli attori coinvolti".

Anche Claudio Scajola, presidente della Provincia di Imperia ed ex ministro, ha sottolineato l'importanza di un cambio di rotta: "Bisogna restituire alle Province delle deleghe importanti. Abbiamo bisogno di dare delle risposte al cittadino, non bisogna pensare a una riforma solo per creare qualche posticino in più. Certamente è importante ridefinire le giunte, ma è necessario che le province tornino ad avere un ruolo di coordinamento sul territorio, sull'ambiente, sulla programmazione".

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