I “millenials” italiani riusciranno ad avere un ruolo decisivo nel referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre? A chiederselo non è un sociologo o un commentatore politico, ma Mohamed El-Erian, Chief economic adviser di Allianz SE ed ex amministratore delegato e co-Cio (Chief investment officer, ossia responsabile degli investimenti) di Pacific investment management company (Pimco), il più grande gestore statunitense e mondiale di fondi obbligazionari, da alcuni anni controllato dal gruppo finanziario tedesco.
El-Erian non ha dubbi: per evitare di subire le conseguenze che toccheranno ai loro coetanei britannici, i “millenials” italiani non devono rimanere passivi, rinunciando ad andare a votare e lasciando che il loro futuro sia deciso dalle generazioni più vecchie ed in particolare da elettori arrabbiati su un singolo punto che potrebbero avere una influenza più che proporzionata se i giovani rinunceranno a votare.
Il voto infatti, nota El-Erian, cade in un contesto particolarmente difficile: “la crescita italiana è stata troppo lenta, il peso del debito pubblico è elevato, la disoccupazione troppo elevata ed è durata troppo a lungo soprattutto per coloro che corrono il rischio di passare dall’essere disoccupati al non essere più occupabili” (perché sono rimasti esclusi troppo a lungo dal mercato del lavoro, subendo un fenomeno di “obsolescenza” delle proprie competenze, ndr).
Una serie di governi si sono succeduti, nota l’esperto, “senza riuscire ad ottenere quell’avanzamento economico di cui il paese ha bisogno e che è in grado di ottenere”, così “la fiducia nella classe politica è calata e il sistema è divenuto più rigido”. Il premier Matteo Renzi, sottolinea El-Erian, “sta cercando (di introdurre) una maggiore flessibilità politica per implementare le riforme che porterebbero ad un miglioramento dei risultati economici”.
Ma “anziché essere visto come un passo nella giusta direzione, il referendum è stato “incorniciato” per troppi come un verdetto sul suo governo e, in senso più ampio, sul potere che sarà garantito all’establishment”. Questa personalizzazione del voto referendario è stato un grave errore secondo El-Erian, che nota come comporti il rischio di risultati fortemente incerti.
La possibilità di dare una scossa al sistema politico così che sia più motivato a produrre cambiamenti in grado di generare benefici per il paese, dovrà vedersela da una parte, con la vittoria del “no”, nell’estrema ipotesi, con uno scenario fatto di “dimissioni del primo ministro, elezioni anticipate, mercati finanziari instabili e persino a la domanda se l’Italia resterà nell’eurozona e nell’euro”. Dall’altra, con la vittoria del “sì”, “col rischio di una concentrazione di potere nelle mani di una classe politica che non gode di una elevata fiducia da parte dell’elettorato”.
Insomma, conclude l’esperto: se i giovani vogliono avere una possibilità di influire sulle loro prospettive future devono “partecipare attivamente al processo democratico, agendo dopo essersi informati riguardo ai problemi esistenti, considerando il bilancio di benefici e costi e prendendo in considerazione le implicazioni per il benessere delle future generazioni” che il voto a favore o contro la riforma costituzionale potrà avere.
Proprio perché per i “millennials” ed il loro futuro vi sono molti rischi, sono loro che hanno bisogno di plasmare la conseguenza andando a votare in massa: lo faranno? Possiamo solo sperarlo, qualunque sia l’esito del voto.