Alla fine dobbiamo confessarlo: nonostante più di una volta avessimo espresso dubbi considerevoli sulla "linea" scelta dalla Moratti per la sua campagna elettorale alle comunali di Milano, una cosa del genere non ce l'aspettavamo nemmmeno noi. Già, perchè dopo aver constatato il fallimento della linea dettata dai cosiddetti falchi del Pdl, ovvero quella della mistificazione come pratica politica, della "macchina del fango elettorale" come strumento principale di propaganda, dello scontro come prassi e dell'insulto come metodo del confronto, sembrava che gli spin doctors e gli esperti di comunicazione della "sciura" potessero ascoltare "più miti consigli".
Un indirizzo che, malgrado qualche timido tentativo, è stato invece completamente ignorato, finendo col cedere il passo ad una campagna elettorale (se possibile) ancor più veemente ed aggressiva. Al di là degli episodi di cronaca, con vicende che hanno del surreale e sembrano provenire direttamente da un copione del filone "complottista", quello che sorprende è proprio la sensazione di una violenza, di una quasi feroce determinazione a ribaltare le sorti del confronto, senza alcun timore di utilizzare "qualunque cosa, qualunque arma". A partire dalla Moratti, costretta, come riportato dall'ottimo editoriale di La Spina su La Stampa, "a un prezzo che non bisognerebbe mai accettare di pagare, quello di rinnegare il proprio passato politico, le scelte programmatiche fatte e tante volte rivendicate, i valori in cui si è creduto o si è detto di credere e, soprattutto, tradendo la fiducia di coloro che per quei valori l’hanno eletta a loro rappresentante".
Già, perchè ancora una volta, la destra prova ad utilizzare un'arma micidiale, da sempre "rifugio sicuro" nei momenti di difficoltà: quella della paura, del terreno che porta all'odio ed alla contrapposizione. Basta dare un rapido sguardo alle agenzie, alla cronaca politica degli ultimi giorni per rendersi conto di come il centrodestra, nel tentativo di recuperare uno svantaggio non preventivato alla vigilia del voto del 15 e 16 maggio, stia sfoderando le armi della "paura del diverso", della contaminazione vista come sopruso, prefigurando scenari apocalittici con il centro della città ridotto ad un suk, tra "vagonate di clandestini" (testuale, purtroppo) pronti a occupare i luoghi simbolo della capitale morale d'Italia e migliaia di "amici rom" intenti ad invadere "gli spazi vitali" della borghesia milanese.
E se in passato ci si limitava a catalogare simili farneticazioni leghiste come "boutade", "provocazioni", questa volta non possiamo che sottolineare lo scivolamento ulteriore del linguaggio e della dialettica politica. Una moderata come la Moratti, un Ministro della Repubblica ed il Presidente del Consiglio non dovrebbero fomentare odio e divisioni, non dovrebbero agitare strumentalmente lo spauracchio del "nemico comune", della difesa del territorio, della razza e della religione, non dovrebbero parlare alla "pancia" dell'elettorato, instillare paura ed angoscia, insicurezza ed intolleranza. Non dovrebbero farlo perchè il grado di civiltà di un Paese e di una città si misura anche dalla dignità delle parole dei rappresentanti politici, non dovrebbero farlo perchè la violenza e l'ignoranza non possono trovare sponda nei comportamenti degli esponenti delle istituzioni, non dovrebbero farlo perchè la decenza e il buonsenso consiglierebbero di lasciar fuori dal dibattito politico il vilipendio, la calunnia e l'insinuazione, non dovrebbero farlo perchè, prima di ogni convenienza politica esiste il rispetto per la dignità di ogni essere umano, a maggior ragione se parte di una minoranza perseguitata da secoli o emarginata socialmente ed economicamente. Non dovrebbero farlo, anche se fossero al culmine della disperazione e certi di una imminente sconfitta elettorale…