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Ecco perché Grillo non può accettare la proposta di Bersani

Quella di Bersani sembra davvero una missione impossibile: ottenere l’appoggio del Movimento 5 Stelle per un governo di scopo che imposti una serie di riforme e riporti il Paese al voto fra qualche mese. Anche perché Grillo non ha alcun motivo per accettare una simile proposta.
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È l'enigma del momento: riuscirà Pier Luigi Bersani a convincere Beppe Grillo? Riuscirà cioè il capo della coalizione di centrosinistra, maggioranza alla Camera dei Deputati, ad ottenere la fiducia al Senato e a costituire un Governo di scopo in grado di attuare una serie di riforme più o meno urgenti e riportare il Paese al voto in un lasso di tempo ragionevole? Una domanda che riassume in se l'incertezza generata dalla frammentazione del quadro politico nazionale e la volontà dei vertici democratici di chiudere nella sostanza all'ipotesi del "governissimo". Bersani proverà quindi a stilare una serie di punti programmatici che inglobino le rivendicazioni del Movimento, facendo appello al senso di responsabilità e alla necessità di garantire comunque la governabilità al Paese (peraltro in pieno ingorgo istituzionale).

Grillo non accetterà, almeno non a queste condizioni. È fin troppo semplice capire il perché e, del resto, lo ha anticipato lui stesso con un post estremamente chiaro: "Il M5S non si allea con nessuno come ha sempre dichiarato, lo dirò a Napolitano quando farà il solito giro di consultazioni". Nessuna alleanza organica, nessuna spartizione di incarichi, nessuna compresenza al Governo. Come c'era da aspettarsi e come giusto che sia, tra le altre cose. È uno dei tratti distintivi del Movimento 5 Stelle, Grillo lo sa bene e non ha intenzione di barattarlo. A nessun prezzo. E, del resto, perché dovrebbe? Nella confusione creata dagli autogol del centrosinistra e dalla rimonta incompleta del centrodestra, il Movimento ha solo da guadagnarci. Politicamente, intendiamoci.

Se Bersani fallisse (e fallirà) nel proposito di ottenere un aperto sostegno dei grillini, avrebbe solo due alternative: riportare il Paese al voto o cercare consensi al Senato di volta in volta. Nel primo caso, Grillo si troverà a cavalcare l'entusiasmo e l'inerzia del voto del 24 e 25 febbraio e potrebbe tranquillamente diventare maggioranza nel Paese (almeno alla Camera). Ovviamente i tempi tecnici potrebbero far slittare a settembre la consultazione (ed è il vero, piccolo, problema per Grillo), dando un po' di margine di recupero alle altre forze politiche. Nella seconda ipotesi, invece, i 5 Stelle avrebbero sostanzialmente in mano le leve del comando, potendo votare solo le proposte che rispecchiano i loro orientamenti e, nei fatti, mandare a casa il Governo quando e come vorranno. Anche in questo caso, l'unica controindicazione è legata alla possibilità che, a legislatura in corso, cambino gli equilibri numerici a Palazzo Madama ("non cambieremo l'animo umano" si è lasciato sfuggire Grillo).

Insomma, Beppe Grillo non ha alcun motivo per stringere un'alleanza. E il modello Sicilia non è esempio calzante, dal momento che i cittadini scelgono direttamente il Governatore e che nell'isola gli equilibri sono meno definiti: dunque, non c'è contraddizione fra la "missione a 5 stelle" ed il sostegno ad alcune misure dell'amministrazione Crocetta. Ma soprattutto, Grillo non ha né la necessità di lanciare un salvagente al Pd, né la responsabilità di assumere la guida del Paese (non ancora almeno), né la volontà di "tradire" la fiducia degli elettori. Che hanno votato "contro" una stagione politica ed una classe dirigente, per cambiare radicalmente le cose. E che non si accontenteranno di un brodino.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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