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Ecco la grande priorità del governo Meloni: fermare i rave party

Eccoli qui i “reali bisogni degli italiani”, tanto decantati dalla destra in campagna elettorale: un nuovo reato contro i rave party, con multe fino a 10mila euro e pene fino a 6 anni di carcere per gli organizzatori.
A cura di Annalisa Girardi
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Faremo presto, hanno ripetuto dopo le elezioni, citando le mille difficoltà degli italiani e l'urgenza di avere quanto prima un governo in grado di dare le risposte necessarie ai cittadini in un momento storico complicatissimo. Le risposte oggi sono arrivate: una nuova fattispecie di reato contro i rave party e pene durissime, fino a sei anni di carcere, per chi li organizza.

Sì, la grande priorità del centrodestra e l'esordio del governo a guida Giorgia Meloni sta nel fermare i rave party. Dopo aver passato una campagna elettorale ad attaccare le forze politiche di sinistra perché osavano occuparsi di diritti civili, ius scholae e legalizzazione della cannabis mentre il Paese versava in condizioni di assoluta emergenza, con imprese costrette a chiudere i battenti e famiglie che non arrivavano a fine mesi a causa del caro energia e dell'inflazione, il primo decreto di Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia al governo prevede una stretta contro i rave.

Meloni e Piantedosi contro i rave party

"Ci stavamo già lavorando – ha anzi precisato il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosii requisiti di necessità e urgenza nascono dal fatto che l'assenza di una normativa efficace nel nostro Paese ci rendeva particolarmente vulnerabili, come testimonia la cronaca degli ultimi anni". Insomma, secondo il nuovo titolare del Viminale sarebbe stato assolutamente urgente varare un decreto anti-rave a causa di un vulnus normativo tutto italiano, che rendeva il nostro Paese vulnerabile rispetto ai nostri vicini europei, ma per questo appetibile a migliaia di raver da tutto il continente.

"Ci aspettiamo di non essere diversi dalle altre nazioni d'Europa: quando ci fu il rave di Viterbo la cosa che mi colpì molto è che queste migliaia di persone arrivavano da tutta Europa e si erano organizzati con delle chat. Ho immaginato la scena di queste simpatiche persone che decisero di venire in Italia perché l'impressione che ha dato lo Stato è stato di lassismo sul tema del rispetto delle regole e della legalità. Qui quel rave si sarebbe potuto celebrare e in altre nazioni no": ha detto da parte sua Giorgia Meloni. Assicurando che l'Italia non sarà più "la nazione in cui si va quando c'è da delinquere".

Eccoli qui, quindi, i "reali bisogni degli italiani", tanto decantati nelle settimane di campagna elettorale: un nuovo reato con multe fino a 10mila euro e pene fino a 6 anni di carcere per gli organizzatori.

Sembra tutto profondamente assurdo (e lo è), ma va messa in fila una serie di ragionamenti.

Tutto quello che non ha senso del nuovo decreto anti-rave

Il primo: l'articolo 17 della Costituzione tutela la libertà di tutti i cittadini a riunirsi pacificamente. E a chi chiamerà in causa la seconda parte dell'articolo, quella sui "motivi di sicurezza o di incolumità pubblica" che possono vietare queste riunioni, si chiede se davvero i free party (che avvengono di tanto in tanto in Italia quanto negli altri Paesi europei, sì anche negli altri Paesi) siano davvero la "minaccia alla legalità e all'ordine pubblico" di cui parlano storicamente alcune parti politiche e sociali. O se forse non si sia dipinto sopra queste semplici aggregazioni (per lo più giovanili) molto più del dovuto. Se non ci sia forse troppa smania su questi ritrovi. Se il pugno di ferro e la repressione con le forze dell'ordine sia davvero il giusto modo per affrontare la cosa.

E qui veniamo al secondo ragionamento. Davvero mettere al bando i free party è la decisione più adeguata se si vogliono risolvere problemi di legalità (ad esempio in riferimento al consumo di sostanze stupefacenti) e pubblico decoro? Se la legislazione degli altri Paesi può insegnarci qualcosa, ci dovrebbe essere chiaro che non sarà una stretta sui rave a impedire i rave. Le persone continueranno a organizzare i free party e a parteciparvi. Magari in condizioni di minore sicurezza, effetto contrario a quello sperato da una normativa più severa.

La discussione sul proibizionismo è ampia e articolata, ma sicuramente le cronache che arrivano dai Paesi che hanno adottato norme che vanno in questo senso parlano chiaro. Ad esempio in Francia, nonostante la legge anti-rave, i free party non sono certo spariti nel nulla. E il via libera a duri interventi da parte della polizia non ha sempre significato una soluzione ordinata e pacifica.

Terzo e ultimo ragionamento. Dipingere i free party come piazze di spaccio dove l'assenza di qualsiasi regola apre la strada a violenze contro le altre persone o l'ambiente circostante, è una narrazione strumentale e smentita più e più volte da chi effettivamente vi partecipa. ora, basare una normativa su una demonizzazione infondata di questo tipo potrebbe non solo produrre una norma inutile, ma anche pericolosa. Specialmente se pensiamo che questa, al di là di pene davvero spropositate (fino a 6 anni di carcere e 10 mila euro di multa!) per chi organizza un free party, potrebbe poi iniziare a valere per altri contesti. La "invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l'ordine pubblico o l'incolumità pubblica o la salute pubblica", questo il nome del nuovo reato, infatti potrebbe andare a indicare arbitrariamente anche altri contesti, minando a diverse altre occasioni di aggregazione.

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A Fanpage.it sono vice capoarea della sezione Politica. Mi appassiona scrivere di battaglie di genere e lotta alle diseguaglianze. Dalla redazione romana, provo a raccontare la quotidianità politica di sempre con parole nuove.
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