Ora che è arrivato anche il (velato) rifiuto di Ignazio Visco, Napolitano ha un problema in più: quello di trovare un nome autorevole cui legare la riproposizione di un nuovo esecutivo tecnico o di salvezza nazionale nel caso (probabile) in cui fallisca il tentativo di Bersani (cui affiderà un incarico "quantomeno" esplorativo). Beninteso, non che si tratti dell'opzione più semplice o più realistica, tutt'altro. Eppure, nel clima di incertezza e nervosismo che si respira in questi giorni, il Capo dello Stato ha la necessità di preparare il terreno per qualunque evenienza. E la carta Visco, un tecnico rispettato e completamente avulso da precedenti esperienze politiche, sarebbe certamente tornata utile. Chiaramente l'ipotesi tecnica resta in piedi, con i nomi che sostanzialmente sono sempre quelli di Passera, Cancellieri e Rodotà. Tutti e tre nomi plausibili ed improbabili al tempo stesso, per una serie di ragioni di diverso tipo: compromissione con l'esperienza Monti, orientamenti politici e incapacità di catalizzare consensi.
Resta in campo l'ipotesi "Governo del Presidente". Napolitano dovrebbe in sostanza, per dirla con le parole di Marzio Breda sul Corsera, dare la sua impronta ad un esecutivo "di rango istituzionale, con ministri dal profilo trasversale in grado di raccogliere convergenze ampie su un programma limitato. Ciò non implicherebbe un vero e proprio patto politico fra i capipartito, e non avrebbe pertanto il sigillo di quel governissimo che il Pd vive come un'ossessione". L'ostacolo più grande su questa strada è rappresentato dalla scadenza del settennato di Napolitano (che paradossalmente solo qualche mese fa ritenne opportuno rinunciare alle dimissioni proprio per gestire la fase post voto). Così, accanto a chi immagina una nuova rielezione del Capo dello Stato in carica, c'è un fronte di "realisti", che sostiene che la soluzione alla crisi sia sostanzialmente nello status quo. Una prorogatio (ovviamente mascherata da un nuovo voto di fiducia, vista l'impossibilità costituzionale di mantenere in carica un governo dimissionario oltre un certo periodo temporale) del Governo Monti fino ad elezione del nuovo Capo dello Stato e ad una transizione morbida verso nuove elezioni, non a giugno ma molto più realisticamente a settembre. Del resto, la ritrosia dei partiti "tradizionali" potrebbe essere mascherata dallo spettro della crisi economica, politica ed istituzionale. Ovviamente sempre che Monti accetti di essere al centro di un simile gioco di ruolo (o lui o la Cancellieri, in sostanza). E Pd, centristi e Pdl potrebbero avallare alcuni passaggi parlamentari da ordinaria amministrazione. Prospettiva misera, si dirà. Ma a conti fatti è quasi il minore dei mali per i partiti.