E nella manovra spuntano aumenti e premi per dirigenti e dipendenti dei ministeri
Nelle pieghe della legge di bilancio spunta un fondo da 100 milioni per aumentare le indennità accessorie del personale dei ministeri e i premi per le performance dei dirigenti dei diversi dicasteri e della presidenza del Consiglio. Secondo l’articolo 15 della manovra, gli aumenti potrebbero essere distribuiti a pioggia, in deroga alla legge che stabilisce le regole per l’attribuzione della parte di retribuzione legata alla produttività.
Fonti del ministero della Pubblica Amministrazione fanno sapere a Fanpage.it di avere espresso parere negativo sulla norma, che però ha trovato comunque spazio nella versione della manovra inviata alle Camere. I sindacati di categoria però difendono il provvedimento e anzi giudicano insufficienti i fondi stanziati.
Per quanto riguarda i dipendenti dei ministeri, i soldi serviranno ad alzare la cosiddetta indennità di amministrazione, una parte accessoria del salario che spetta per tredici mensilità a tutto il personale. L’obiettivo sarebbe quello di armonizzare tra loro (verso l’alto) i valori di queste indennità – che variano da 150 a 350 euro mensili a seconda dei diversi ministeri – e soprattutto avvicinarle ai 550 euro che per una voce analoga spettano oggi ai funzionari della presidenza del Consiglio.
Questo riallineamento sarebbe necessario per favorire la mobilità del personale ed evitare che nessuno voglia spostarsi da palazzo Chigi ad altre sedi. Secondo il segretario generale della Fp-Cgil Florindo Oliverio, tuttavia, per raggiungere lo scopo servirebbero almeno 400 milioni, mentre lo stanziamento previsto – se spalmato su tutti i 190mila circa dipendenti ministeriali – comporterebbe un aumento medio di “soli” 40 euro lordi mensili.
Sul fronte opposto, dagli uffici del ministro della Pa Dadone fino a poche ore fa non si escludeva che alla fine il livellamento potesse essere raggiunto anche verso il basso, togliendo cioè fondi alla Presidenza del Consiglio per riassegnarli ai ministeri. Allo stato attuale, tuttavia, in manovra non si parla di redistribuzione, bensì di nuove risorse che peraltro, seguendo alla lettera il testo dell’articolo contestato, potrebbero essere destinate anche allo stesso personale di palazzo Chigi.
I premi per i dirigenti
Discorso analogo vale anche per i dirigenti, a cui sarebbe destinato il 10 percento dei 100 milioni stanziati, per aumentare “i fondi per la retribuzione di posizione e di risultato”, in pratica i premi di produttività. Anche in questo caso, l’obiettivo sarebbe quello di “armonizzare” la cifra di queste indennità tra i diversi ministeri e con quelle percepite dai vertici di altri enti pubblici. “A parità di mansione, un dirigente dell’Inps o dell’Inail oggi prende il doppio di noi”, spiega Barbara Casagrande, segretaria generale dell’Unione Nazionale Dirigenti di Stato. E prosegue: “Non si tratta di piccole differenze, perché questa parte del salario vale circa la metà dello stipendio complessivo”.
Di nuovo, l’aumento viene giustificato con la necessità di diradare la giungla salariale che rende difficile la mobilità del personale tra i diversi enti. E di nuovo, però, non viene al momento presa in considerazione la possibilità di un riallineamento almeno a metà strada tra i bonus più alti e quelli più bassi, una soluzione, spiega Casagrande, che “finirebbe per scontentare tutti”. La sindacalista, però, respinge l’idea che la norma rappresenti un regalo o un privilegio per gli alti papaveri ministeriali. “Abbiamo da poco firmato il nuovo contratto collettivo dopo che stato bloccato per dieci anni – dice Casagrande -. Altre categorie con un blocco così lungo sarebbero da tempo scese in piazza a protestare, noi non lo abbiamo fatto per senso del dovere verso le istituzioni”. Pur considerando l’istituzione del fondo un primo passo positivo, anche la segretaria dell’Unidas lamenta che le risorse destinate sono insufficienti.
Infine, un possibile conflitto di interesse si nasconde dietro l’applicazione del provvedimento. A decidere quanti fondi destinare e a chi, infatti, dovrà essere un decreto della Presidenza del Consiglio. Il premier, dunque, sarà chiamato a compiere una scelta che potrebbe favorire o penalizzare anche i suoi stessi dirigenti. Ed è difficile immaginare che possa schierarsi contro il suo personale. Visto che i soldi sono pochi, dunque, la norma sembra scritta per favorire, almeno in prima battuta, i dirigenti di palazzo Chigi rispetto a quelli ministeri.