Il Renzusconi prenderà davvero una forma chiara e definita, con un Governo guidato da Matteo Renzi ed apertamente sostenuto dal ramo berlusconiano di Forza Italia? È questo l’interrogativo che circola dopo che la votazione sull’Italicum al Senato della Repubblica ha certificato la profondità della frattura interna al Partito Democratico e l’essenzialità dei voti di Forza Italia per l’approvazione di provvedimenti centrali per la prosecuzione della legislatura e per il cammino delle riforme. Esiste, insomma, una nuova maggioranza politica di cui bisognerà necessariamente prendere atto, oppure si andrà avanti fingendo che abbia ancora senso il doppio binario che vede Forza Italia con la maggioranza nel percorso di riforme costituzionali e della legge elettorale e all’opposizione “su tutto il resto”?
La risposta arriverà probabilmente nei prossimi giorni, quando si capirà la reale tenuta ed i veri contenuti (tradotti in nomi, cifre e garanzie) del Patto del Nazareno. Lo snodo è l’elezione del Presidente della Repubblica, che darà anche l’idea del “modello” di inclusività nel processo decisionale che Renzi immagina per la minoranza del suo partito. Per ora Renzi non ha particolare interesse ad “imbarcare” nuove forze all’interno dell’esecutivo: tutto sommato non sta incontrando particolari difficoltà in Parlamento, il “doppio binario” con Fi regge sulle riforme, la leva della fiducia e la (quasi) totale accondiscendenza delle Presidenze di Camera e Senato gli garantiscono di imporre al Parlamento provvedimenti e tempi di discussione, il terrore di un ritorno alle urne rendono Ncd, Sc e Pi alleati docilissimi e via discorrendo.
Ora poi, proprio sull’Italicum, i rapporti di Forza sono chiarissimi. E basta dare un’occhiata agli appunti di Malan:
Ma non è detto che le cose restino sempre così. Soprattutto se le distanze dovessero ampliarsi, se il nome scelto per il Quirinale dovesse scontentare la minoranza, se nel segreto della cabina elettorale dovessero verificarsi “anomalie” alla stregua di quanto successo nel 2013, se all’interno di Forza Italia dovesse crescere l’insoddisfazione nei confronti dell’asse Berlusconi – Verdini – Renzi, se (per qualche motivo) non riuscisse ad onorare l’impegno con il Cavaliere (difficile che non si sia parlato dell’agibilità politica e del superamento della Severino), se insomma dovesse alterarsi l’equilibrio su cui si ha costruito la sua reggenza, allora Renzi sarebbe chiamato ad una scelta di campo, una scelta chiara. E sarebbe chiamato a suggellare con una intesa politica alla luce del sole quella che finora è solo una corrispondenza di amorosi sensi. Del resto, forse ve ne siete dimenticati, le larghe intese ci sono già: sono state il fulcro del superamento della crisi post politiche, la base del primo Governo Letta e l'assicurazione sulla vita del secondo Governo Renzi.
Poi, ma questo non ditelo troppo in giro, il vero ragionamento alla base delle scelte di Renzi, Berlusconi e della minoranza democratica sarà quello relativo alle dinamiche del consenso: se l'ex Sindaco di Firenze ha già svuotato parte dell'area moderata e se "i duri e puri" del centrodestra sono ormai con Salvini, davvero conviene al Cavaliere provare l'azzardo del salto nel vuoto? E cos'è (ora) la minoranza del PD senza il PD?