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E alla fine Beppe Grillo corre in soccorso di Matteo Renzi

Il Partito Democratico annulla l’incontro con il Movimento 5 Stelle sulla legge elettorale: siamo al capolinea della trattativa? Sì, no, anzi forse. E alla fine è la sfuriata di Grillo ad aver dato una mano al Pd in difficoltà.
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Doveva essere una giornata come tante e già ci preparavamo a rendervi conto dell'ennesimo incontro "interlocutorio" sulla legge elettorale: del resto, era chiarissimo che dalle mezze aperture degli ultimi giorni non sarebbe mai potuto scaturire un accordo concreto o un percorso chiaro. Men che mai in streaming, senza sentire gli altri partiti interessati alla discussione e in un momento cruciale per il destino della riforma costituzionale Renzi – Boschi, che approda proprio in quel Senato che si vorrebbe "riformare". Invece la decisione del Pd di disertare l'incontro con il M5S (pare che Guerini avesse comunque confermato l'appuntamento fino a poche ore prima), rappresenta un passaggio importante. Per una serie di ragioni, che proviamo a riassumere in estrema sintesi:

La priorità del Pd: la riforma del Senato – In settimana approderà nell'Aula di Palazzo Madama la riforma Renzi – Boschi, che rappresenta il fulcro del progetto di modifica dell'architettura istituzionale del Paese impostato dal Governo (con tutti i dubbi che l'invadenza dell'esecutivo suscita, ovviamente). Renzi vuole in sostanza affiancare alla (presunta) abolizione delle province, la fine del Senato elettivo e del bicameralismo perfetto: uno spot formidabile per il semestre italiano di presidenza Ue e un ulteriore elemento "positivo" da mettere sul piatto per la prosecuzione della legislatura. Ora, il punto è: fino a che punto il Pd può rischiare di "irritare" Berlusconi in un momento in cui i voti di Fi sono necessari e forse nemmeno sufficienti? La risposta è scontata e infatti…

I margini di manovra sulla legge elettorale – Ci hanno girato intorno a lungo, ma al momento di stringere è sembrato piuttosto chiaro che la distanza che passa fra le due proposte non è colmabile. Tanto più se il M5S non chiarisce in maniera "irrevocabile" la propria posizione sui 10 punti del Pd (l'intervista di Di Maio non è esaustiva, lo sa anche lui) e non risolve "l'equivoco" della ratifica online (Renzi potrebbe mai accettare di lavorare settimane ad un accordo per poi vederselo stracciare da poche migliaia di militanti grillini con un voto sul blog, senza garanzie né controlli?). E, tanto più perché il Pd non ha la minima intenzione di riaprire il discorso su preferenze, soglie di sbarramento e candidature multiple.

Il bivio del Movimento 5 Stelle e l'ennesimo autogol di Grillo – È indubbio che quella di tirarsi indietro, non rispettando un impegno preso, non sia stata una mossa felice. Anzi, a dirla tutta, sembrava essere un comodo assist per i grillini, come capito subito da Luigi Di Maio, in grado di contrapporre la "responsabilità e coerenza" del Movimento ai trucchetti e giochetti politici del Partito Democratico. Poi è entrato a gamba tesa Beppe Grillo. E ha finito col buttare la palla nella propria porta, con un intervento inutilmente rabbioso, politicamente goffo e strategicamente imbarazzante. Il risultato? Frittata ribaltata e legittimazione delle preoccupazioni del Pd. Un disastro, aggravato anche dalle precisazioni successive, che hanno obbligato Di Maio ad ulteriori interventi riparatori. Ecco, per dire:

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Il testo scritto: a chi e a che serve? – In molti hanno giudicato "surreale" la richiesta del Pd di vincolare l'incontro alla presentazione di un testo scritto su cui comparissero le disponibilità del Movimento 5 Stelle ad accogliere le richieste del Pd (o anche le semplici risposte alle domande elaborate da Renzi). Il punto è che ciò che sembrava un pretesto è quasi diventato "necessario" dopo la sfuriata di Grillo ed il doppio cambiamento di linea in corso di giornata (stiamo ovviamente parlando del "modo" in cui in area democratica è stato interpretato il tutto). Insomma, quello che sembrava un semplice pretesto, è diventato un "fatto" politico, ed è evidente l'irritazione di chi, all'interno del Movimento, sperava di cogliere l'opportunità per costringere il Pd a dirimere finalmente la questione: o con noi, o con Berlusconi. Invece, al momento il discorso è completamente ribaltato: restano le offese di Grillo e non "il pacco" del Pd al M5S, resta lo #scriptamanent e non l'assenza di trasparenza nell'incontro del Nazareno fra Renzi e Berlusconi, resta il #pochechiacchiere di Renzi e non il continuo tergiversare del Pd di fronte alle domande grilline su preferenze e soglie di sbarramento, restano le "divisioni" in casa 5 Stelle e non la fronda interna al Pd sulle riforme.

Una gestione assurda della vicenda, insomma, da parte di chi pure aveva poco da perdere. A ben guardare, infatti, le condizioni grilline sono chiare, semplici, di buonsenso: voti di preferenza, Parlamento pulito, no candidature multiple, no soglie di sbarramento, sì al doppio turno di lista. Bastava metterle per iscritto, verrebbe da pensare.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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